Chi sarà a raccontare? Sarà chi rimane.

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  1. Hermione G Weasley
     
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    Un pianto, disperato e inconsolabile.
    Polmoni di una piccola creatura che si dilatano, cercando di incamerare aria con tutte le loro forze.
    Con altrettanta disperazione Hermione cercò di muovere il braccio, per raggiungere il neonato che sapeva accanto a sé.
    Suo figlio, il figlio suo e di Ron.
    Harry.
    Sapeva che era un maschio, sapeva che era uscito vivo da lei, ne era certa anche se ormai anche quel momento apparteneva a un passato lontano.
    Non avrebbe mai creduto a Lestrange, non lo avrebbe mai considerato morto. Avrebbero potuto raccontarle tutte le bugie di questo mondo, non poteva rifiutarsi di ascoltarle, ma aveva un'altra scelta e lei aveva deciso di non credervi.
    I Lestrange erano entrati ore dopo il parto nella sua cella nella sezione di isolamento dell'infermeria del carcere.
    Erano entrati quando lei non aveva nemmeno le forze di tenere gli occhi aperti, un ago che le forava il braccio per iniettarle forzatamente una sorta di nutrimento in sali minerali e pozione rimpolpa-sangue.
    Cercare di tenere dietro alle parole di Rodolphus Lestrange, al loro significato, era diventato un'agonia, ad ogni suo tentativo di muoversi rispondevano i legacci di cuoio che le cingevano i polsi, oppure un corpo che non obbediva più ai suoi ordini. Il tutto era molto diverso dalla spossatezza dei giorni che ricordava precedenti al parto.
    Il pianto del neonato si affievoliva sempre di più alle orecchie della sua mente, inghiottito dalle nebbie di droghe e pozioni. I momenti di lucidità erano pochi, appena degli sprazzi. In uno di quelli, però, Hermione percepì che uno dei due fratelli si era avvicinato alle sbarre del suo letto.
    La fissava. Sorrideva, mentre un'ombra più snella e aggraziata passava dietro di lui, diretta al supporto che reggeva la sacca di pozione.
    Hermione deglutì, cercando di vincere sul torpore.
    Harry, il loro piccolo, era accanto a lei? Non lo sentiva piangere, non lo sentiva più piangere.
    Ron...
    Come può sentirsi una madre che sa di non poter fare più nulla, per proteggere il figlio?
    Hermione si sentiva molto peggio che morta.
    Era così che si era sentita Lily, la madre di Harry?
    Provò ribrezzo, ribrezzo e odio infinito, quando sentì una mano del mago avvicinarsi al suo braccio legato alla sbarra.
    Poi arrivò il dolore, quella scarica che la attraversò quando lui premette sulla successione di rune, tatuate poco sopra il gomito.
    << Sembra rimasto poco della strega più brillante della sua generazione...>>
    Impotenza, l'impossibilità anche soltanto di guardarlo in faccia, di restare dritta davanti a quell'essere...questa era la condanna peggiore.
    << Il mio fratellone è molto arrabbiato con te >> sussurrò chinandosi verso il suo orecchio. << Il caro Ron è arrivato a ringraziare che non mi occupassi io anche di te...ma forse non dovrebbe esserne così felice. >>
    Lo scatto di rabbia che Hermione immaginò di poter fare, assaltando alla gola Rabastan Lestrange, venne fermato dal cuoio dei legacci e dal freddo metallo delle sbarre.
    Dolore.
    Un'ondata pungente che se non altro la aiutò ad aprire gli occhi.
    Riconobbe la figura di Rodolphus Lestrange, intento a parlare con una medimaga.
    << Vuoi dire qualcosa? Uhm? ... Vuoi chiedergli perdono? >>
    Gli occhi scuri del maggiore dei Lestrange puntarono verso di lei, confermando quello che Hermione aveva sempre saputo.
    Era impossibile, impensabile che non avesse saputo fin dai primi giorni che la prigioniera aspettava un figlio. Stava semplicemente per raccogliere il frutto di uno dei suoi piani perversi, quelli cui il maledetto legame intessuto da quel tatuaggio l'avevano abituata.
    Stava per divertirsi di nuovo su di lei.
    << Non c'è ragione perché la detenuta resti a lungo in infermeria. Può tornare stasera alla sua cella. Ma prima...voglio che sia rimessa in grado di reggersi sulle sue gambe. Questa sera sarà letto un proclama a tutti i detenuti del braccio B.>>
    Ogni parola, ogni pausa nelle sue frasi era consapevole e studiata. Da sempre, dalla notte in cui era entrata nella sua cella dopo l'arresto. Voleva che ogni minaccia, ogni promessa delle pene future fosse ben udita e capita da lei.
    << Chi di loro sarà ancora vivo? E' questo che ti stai chiedendo? Obbedisci, fai in modo di risultare ancora utile...e potrai scoprirlo. >>
     
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  2. Ellenroh Carrow
     
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    Dalla posizione che aveva raggiunto, dopo aver guadagnato il pieno appoggio del Ministro della Magia ai suoi progetti di Ricerca, poteva senza alcun bisogno di motivazioni delegare qualsiasi funzione. Tanto più ora che aspettava un figlio.
    E invece non aveva delegato a nessuno quella supervisione. Non solo perché sapeva tutto di ciò che si preparava, non solo perché sapeva che entro sera avrebbe probabilmente ricevuto altro materiale umano per le sue ricerche.
    Esistevano pochissime ragioni che valessero il mischiarsi con la feccia mezzosangue o con quella dei detenuti. Una di queste ragioni erano alcuni di questi detenuti. Quelli che avevano fatto parte della resistenza fin dalla Battaglia di Hogwarts. Quelli che avevano umiliato i Mangiamorte come i Lestrange, i suoi zii Alecto e Amycus.
    Quelli che avevano imprigionato tutti loro e anche lei.
    Non era solo voglia di rivalsa. C'era più...curiosità.
    Se Rodolphus Lestrange - ne era certa - si era fidato fin dall'inizio degli esiti della visita medica alla prigioniera, il giorno in cui l'avevano rinchiusa nel Braccio B...perché aveva lasciato in tutti questi mesi che la Granger portasse avanti la gravidanza? Perché aveva voluto che nascesse un bambino figlio di una nata babbana e di un traditore del suo sangue, un mago figlio della peggiore famiglia di maghi?
    I fratelli Lestrange non intendevano ancora metterla al corrente di quella parte del progetto, eppure avevano insistito perché fosse lei a occuparsi della Granger durante il parto e del neonato subito dopo la nascita. Che lo preparasse per la sua destinazione.
    Qualcosa le suggeriva che avrebbe saputo presto.
    << Il Ministro Bouchka ti vorrà ringraziare personalmente per aver accettato di accollarti le visite mediche ai detenuti, Dottoressa Carrow. >>
    << E' un onore per me >> rispose staccando l'ago dalla vena sul braccio scheletrico della detenuta.
    Continuò in tutta calma a rilevarne i parametri vitali, i gesti calmi e professionali di medimaga non rivelarono il disgusto che provava per il suo stato. Ellenroh Carrow non si faceva traviare da quelle credenze insulse che giravano tra il popolino, anche se il Ministero ne stava in qualche modo giovando. La paura, anche se insensata e irrazionale, poteva sempre fare il loro gioco nel mettere una parte del popolo contro ribelli e reietti in particolare.
    Ma lei non credeva che qualche infermità nella magia potesse colpire il figlio che portava in grembo, per la troppa vicinanza a detenuti mezzosangue. I mezzosangue e babbanofili avevano danneggiato la società in altri modi, e continuavano a farlo, ma non in quello.
    La Granger, comunque sia, non le ispirava alcun senso di compassione, neppure dopo averla seguita durante il parto. Meritava ogni cosa le fosse accaduta e ogni giorno che ancora la attendesse nel braccio B.

    Edited by Ellenroh Carrow - 11/1/2015, 20:56
     
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  3. Hermione G Weasley
     
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    Nelle ore successive, Hermione ne era certa, la guaritrice che l'aveva fatta partorire e che ora doveva invece rimetterla in piedi per un motivo completamente diverso, dovette aspettarsi di sentirsi chiedere dove avesse portato suo figlio. Non volle darle la soddisfazione di negarle la risposta, così come non le aveva chiesto allora dove lo stavano portando.
    Non aveva gridato quando lo portavano via da lei, ma non perché si fosse già rassegnata, non perché il cuore non le si stesse spezzando nel petto. Tutta l'energia che le restava, tutta la sua disperazione, aveva cercato di usarla nel solo modo possibile, nella sola magia che le fosse rimasta a disposizione, quella di una madre, istintiva e innata.
    Incontrò anche in quel momento lo sguardo chiaro, glaciale della guaritrice, chiedendosi dove avrebbe potuto arrivare lei per proteggere il figlio che portava in grembo. Cosa avrebbe fatto nelle sue stesse condizioni, incatenata a un letto nell'infermeria di un carcere.
    Lei aveva potuto soltanto affidarsi al legame che aveva sentito per suo figlio. Aveva potuto soltanto dargli tra le lacrime il nome che lei e Ron avevano deciso, nel loro unico incontro da una parte e l'altra delle sbarre. Un nome sussurrato da lei e accettato da Ron con un sorriso, tra le lacrime.
    Harry.
    Lo aveva mormorato appena, guardando i suoi primi scatti, sentendo un pianto che forse non avrebbe mai più sentito. E in quel breve istante aveva pronunciato il suo nome, sperando che potesse diventare una magia capace di proteggerlo come era stato protetto da piccolo Harry, il loro migliore amico.
    << Puoi alzarti >> sentì dire freddamente dalla bionda, prima che questa aprisse la porta. << Ti trasferiranno prima di sera. >>
    Scoprì di poterlo fare, nonostante la debolezza che le faceva sentire la testa fragile come vetro che chiunque avrebbe potuto rompere semplicemente respirando, lei per prima.
    Cercò di ricordare le parole dei Lestrange, ma voci e frasi si allontanavano, inafferrabili. L'avevano in qualche modo drogata?
    Aveva potuto rifiutare il cibo, ma non le pozioni che alla fine l'avevano costretta ad assumere, o che le avevano iniettato forzatamente.
    Cosa volevano ancora da loro? O meglio, volevano davvero qualcosa da loro?
    Lucida, doveva restare lucida.
    Anche se non poteva essere certa nemmeno di quello.
    C'era davvero qualcosa che non avrebbero potuto ottenere in tutto questo tempo da persone rinchiuse e private della bacchetta come loro?
    I Lestrange per primi, soprattutto Rodolphus, che era diventato il suo incubo personale, erano ottimi Legilimens, Ron ed Harry lo avevano sempre detto. Non avevano forzato la sua mente da sveglia, ma...
    Un lungo brivido di paura le percorse la spina dorsale quando l'arrivo di nuovi passi interruppe il suo isolamento.
    Non era Rodolphus Lestrange l'uomo che aprì la porta, ma una guardia carceraria che Hermione non aveva mai visto. Gli anelli di ferro sembrarono essere enormi, per poi stringersi magicamente attorno ai suoi polsi scheletrici.
    Comprese subito che la stavano portando lungo corridoi che non poteva ricordare, corridoi che si facevano sempre meno freddi, salendo in una leggera ma progressiva pendenza verso una porta a grata che venne aperta da un'altra guardia.
    Hermione si trovò davanti ad uno spettacolo orribile che non avrebbe potuto prevedere nemmeno degli incubi peggiori. I volti che riflettevano il suo orrore erano quelli dei suoi amici - quelli sopravvissuti fino ad ora come lei - e di Ron.
    Lui, Hannah, Neville...Tutti sorvegliati a vista, a stretto giro di catena, come animali.
    Vederli in quello stato le mozzò il respiro.
    Mentre cercava di avere l'attenzione di Ron, di comunicargli disperatamente qualcosa, la mente che tentava di andare oltre i volti di fantasmi, una lunga e fastidiosa sirena sonora ottenne l'obbedienza delle guardie, che eseguirono una specie di saluto militare accorciando il gioco delle catene ai detenuti, ciascuno indicando al proprio la direzione dove si voleva guardassero.
    Una sorta di soppalco che dominava dall'alto quell'androne ottagonale, delimitato da colonne di gelido marmo. Il soppalco da dove un istante dopo si espose un uomo bruno, dal fisico imponente e il vestito elegante.
    Ora il mago che era diventato Ministro della Magia non era più solo la voce che aveva lanciato dalla radio il suo primo incantesimo, quella maledetta notte. Ora il nuovo tiranno aveva un volto.

    Edited by B.Weasley - 7/3/2015, 14:25
     
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