Today,is the Tomorrow I was so worried about Yesterday

Mark King Diary

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  1. Mr. King
     
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    Sin da quando ero un ragazzo avevo l'abitudine di mettere nel mio pensatoio i migliori ricordi, le paure che mi attanagliavano. La cosa che mi fa sorridere, è che talvolta scrivo lunghe lunghissime pagine di diario con il grammofono che avevano i miei nonni ed è quasi piacevole ritrovare quella parte di me di quando ero giovane e consigliarla con la mia vita da adulto.
     
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  2. Mr. King
     
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    Era l'ultimo giorno del terzo anno di Hope ed ero andato a prendere la mia figlia affidataria - non so se questa forma legale aveva un nome in particolare e più veloce da nominare - al treno con Linsday- e avevo visto che Hope era vagamente triste. Era in compagnia dei Weasley e ne sorrisi, vedendola abbracciare prima Charlie, poi Bill scoccandogli un bacio sulla guancia e salutare quella che della descrizione abbastanza accurata che mi aveva fatto, sembrava Molly Weasley. Hope era sempre stata brava a descrivere le persone, soprattutto quando si parlava di persone a cui teneva particolarmente e non mi ero stupito quando una volta, una signora sulla trentina mi aveva detto che una ragazzina di colore le aveva descritto talmente bene come arrivare alla farmacia che era stato facilissimo arrivarci. La vidi guardarsi in giro e appena incontrò il mio sguardo, le sorrisi facendole un cenno e andandole incontro. Era come se qualcuno la stesse vedendo per la prima volta: corse nella nostra direzione e mi strinse forte. Sia io che mia moglie sapevamo piuttosto bene che quella ragazzina sembrava vivere dentro una casa di vetro, nemmeno dietro una teca di vetro, ma una casa vera e propria. Una casa dentro l'altra casa. Vedeva vivere i suoi famigliari nella stessa casa, mangiare intorno allo stesso tavolo e usare gli stesso lavabo per lavarsi al mattino la faccia per sembrare vagamente presentabili, mentre poi qualcuno si pettinava i capelli o l'altro si lavava i denti. Era da quando era morta Adele, che la famiglia sembrava essersi resa conto che c'era un'altra figlia, che era sempre stata lì e che era stata "da qualche parte", anche se non l'avevano mai nemmeno guardata come l'ultimogenita.
    Salutato con un cenno di la famiglia Weasley, l'avevamo accompagnata a casa - la strada la conosceva a memoria, dato che passava più tempo con noi, che a casa sua - le avevamo mostrato quella che era ormai diventata a pieno titolo, camera sua. Nei mesi che avevano diviso il ritorno a casa di Hope, avevo preso tutti gli oggetti che appartenevano a lei, portato tutto in grandi scatoloni e bauli, era stato quasi divertente, vedere Clive sporcarsi le mani una volta nella sua vita. Avevamo sistemato quella che prima la camera che era solitamente era la camera degli ospiti e in cui solitamente dormiva Hope durante le vacanze che passava a casa nostra, avevamo bandito il rosa scegliendo un verde mela colore che le piaceva particolarmente, insomma era una ragazza adolescente, poteva scegliere tutto quello che voleva e poi il rosa era abusato sin troppo da tutte le persone che avevano una figlia femmina. Era stato divertente aiutarla a sistemare nel nuovo armadio le sue cose senza usare la magia, cercando di capire come preferiva disporre le cose ed era bello vedere come ragionava. Tuttavia, per tutti e tre era un pò strano avere l'idea del fatto che non sarebbe più dovuta tornare a casa, era strano dover anche solo pensare che bisognasse ragionare per tre, ma ero convinto che sarebbe stato un ragionamento facile da ingranare: in estate Hope era stata spesso da noi, perciò non era dopo tutto una novità.
    La giornata era passata davvero bene, ci eravamo divertiti, avevamo giocato a quidditch e avevamo convenuto che non avremmo parlato della sua famiglia per un bel pò, fino a che non si sentiva pronta lei di farlo. La serata, era passata in fretta ed era ora di andare a dormire tutti, troppe emozioni: tuttavia, ad ora tarda, un lumos era decisamente ben visibile dallo spiraglio lasciato dalla porta socchiusa.
    «E' ancora sveglia, vado a vedere io se ha bisogno di qualcosa. Tu va a letto, ti raggiungo subito» sorrisi appena guardando Linsday che mi sorrise, annuendo. Sapevamo entrambi che sarebbe stata una cosa lunga, infatti lei aveva aggiunto un istante dopo «D'accordo, ma fai presto mi raccomando. Domani mattina devi incontrare i fornitori prima dell'apertura e non puoi permetterti di sembrare stanco»
    «Lo so, ma grazie per avermi dato un altro motivo per non voler andare al lavoro domani» scherzai e ridemmo entrambi, mentre bussai alla porta della camera, non ricevetti risposta e non ci fu nessun movimento strano, perciò mi affacciai.
    «Ehy, va tutto bene?» le chiesi con un sorriso, prima di vederla alzare lo sguardo dal libro che le avevo regalato solo qualche ora prima, e la vidi annuire.
    «Si, sto bene, ma non riesco a dormire» disse con un mezzo sorriso. Mi fece spazio, così mi sedetti al suo fianco sul letto, guardandola, mentre lei posava il libro ancora aperto, sulle gambe: sapevo che sarebbe stata la prima volta di tante, di cui avrebbe avuto bisogno di me.
    «Cosa posso fare per te Hope?»
    «Vorrei vedere le stelle ma fuori piove. A casa avevo una bella visuale e un giardino, qui purtroppo siamo in centro e non lo abbiamo»
    «Già» disse con un sorriso, era vero, l'avevo fatta appassionare all'astronomia proprio grazie al piccolo giardino che aveva dietro casa e non si sarebbe potuto replicare ma a tutto c'era rimedio. «Ho una soluzione, non scappare tesoro» dissi senza richiudere la porta dietro di me e tornando con un aggeggio babbano, che era riuscito lavorandoci su, a far in modo che funzionasse.
    «Ok, guarda un pò» disse accendendolo con un colpo di bacchetta e mi sorrise guardandolo, il soffitto ora aveva le costellazioni sul soffitto. Mi stesi al suo fianco e le sorrisi, mentre mi copriva con la sua coperta con un mezzo sorriso.
    «Papà?» mi chiese guardandomi, ma poi ad un certo punto la guardai con un sorriso
    «Dimmi tutto tesoro»
    «Grazie.» disse stringendosi bene a lui, mentre l'altro copriva entrambi con una coperta.
    «Di nulla. Lo sai comunque che non sei obbligata a chiamarmi così, vero?»
    «Lo so, ma è quello che sei.» sorrise mentre poi la vidi addormentarsi, ma non spensi quell'aggeggio rimanendo a guardare il soffitto con aria assorta, addormentandomi al fianco della ragazzina.
    «Mark, Mark!» una voce lontana, ma bassa mi stava chiamando mentre mi scrollavano, ciò era assolutamente compatibile con il sogno che stavo facendo: ero in barca e stavo pescando.
    «Lin» mormorai aprendo gli occhi, sorprendendomi nel trovarmi ancora al fianco di Hope che era stretta a me come se fossi stato un orso di peluche e le sorrisi guardandola, mentre mi mettevo a sedere.
    «Sono le cinque, tra un pò devi iniziare a prepararti che devi andare al lavoro.» spense il piccolo planetario, mentre poi mi alzavo e le avevo dato un piccolo bacio sulla fronte, prima di scendere dal letto, prendendo la vestaglia che mia moglie mi aveva portato e mentre l'indossavo, Linsday compriva bene Hope con un lenzuolo.
    «Grazie, grazie davvero» dissi baciandola per poi anticiparla fuori dalla porta e dirigendomi verso la cucina. «Sono sconvolto tesoro» dissi semplicemente mettendo sul fuoco la macchinetta del caffè ma poi guardai sospirante. «Non aveva mai avuto difficoltà nell'addormentarsi»
    «Andrà tutto bene, Mark. E' solo una situazione nuova e deve abituarsi a tutto.»
    «E sai una cosa? Le darò una mano ad abiutarsici» detto fatto, infatti da quel momento, io ogni mattina prima di uscire le cucinavo la colazione e le cucinai delle frittelle alle mele - usando tutti prodotti rigorosamente freschi! - e tutti i giorni le compravo una rosa e gliela facevo trovare sul suo comodino, mentre mia moglie si occupava di farle del caffè sempre fresco. Da quel momento la nostra famiglia si era ufficialmente creata.
     
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