Il legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue

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  1. Mr. King
     
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    Mark King aveva un appuntamento alle 15 alle catacombe con Hope. Era una cosa di rito da quando Hope non poteva più salire in superficie perchè sarebbe stata arrestata subito e per l'uomo era un'assicurazione ulteriore che nessuno lo seguisse. Insomma, si sentiva più sicuro se dal ritorno a casa dal negozio, rimaneva un pò tra le mura domestiche, prima di andare nelle catacombe. Ormai si sapeva che, di solito, King alle 13 abbassava le serrande del negozio, dopo di che tornava nella sua casa ormai troppo vuota a Diagon Alley, cucinava e pranzava prima di cambiarsi, leggeva qualche pagina di un buon libro e poi si sarebbe diretto nelle catacombe. Quella giornata sarebbe stata qualcosa di profondamente diversa a quello a cui lui e Hope erano abituati; sapeva di dover dare un nuovo riassetto alla routine, ma aveva ricevuto quei fantastici fogli che attestavano che ora Hope era figlia sua. Aveva iniziato a cucinarsi un piatto di pasta come le aveva insegnato Lindsay anni prima: dannazione, lei era di origine italiana e da quando era mancata a capodanno 2009, ogni cosa che cucinava in qualche modo gli ricordava la moglie. Ricordava quando i primi giorni in cui Hope tornava a casa per badare a lui, abitavano insieme, Hope forse per fare conversazione gli aveva chiesto come si eravamo conosciuti, Lindsay indossava un vestitino azzurro con un colletto bianco che aveva un bordo rosso. * Aveva comprato qualcosa nella farmacia e lui le fece una corte serrata, fino ad arrivare al matrimonio, poi niente figli e poi.. era arrivata Hope. Andava tutto bene, erano felici e poi arrivò il capodanno del 2009 e il giorno seguente non c'era più. E che poteva fare Hope a parte cercare di sanargli in qualche modo una ferita aperta e credeva non si sarebbe potuta ricucinare?
    E alle catacombe qualcosa intanto stava cambiando: Hope era agitata, aveva cercato di tenersi occupata, prima di decidere che forse era il caso di mettersi ai fornelli, l'unica cosa che le permetteva di staccare un attimo il cervello, ma non fece nulla a parte mettere tutti gli ingredienti sul tavolo per un dolce improvvisato. C'erano delle uova, farina, del cioccolato in polvere - molte cose nelle catacombe erano inscatolate o lifilizzate - e del latte, ma per la prima volta, tutte le ricette che conosceva a memoria sembravano essere state dimenticate in un cassetto del cervello, o in ogni caso sembravano proprio aver voglia di far capolino.
    «Hope stai bene?» le chiese Gawain guardandola con attenzione, dopo l'abbraccio che i due solitamente si davano. Lei di tutta risposta l'aveva guardato con attenzione, scrollando le spalle e gli sorrise dicendo che quello era solo solo un brutto presentimento. «E' come se avessi la vaga consapevolezza che c'è qualcosa che dovrei sapere ma che non ho idea di che cosa sia.» era un messaggio criptico anche per lei.
    «Non so esattamente di cosa stai parlando, ma.. i brutti presentimenti li conosco. Vedrai che è tutto a posto, Bill è qui sotto al sicuro, Daniel anche.. il sottoscritto, per quanto possa fregartene, e Patrick pure e anche i ragazzi. Sono quasi certo che anche King sta bene. Vedrai.» le aveva sorriso mettendole pacatamente una mano sulla spalla senza aggiungere niente e lui la guardò con attenzione, quando la risposta arrivò un attimo più tardi.
    «Non lo so, mio padre è in ritardo e non mi piace. Lui non è mai in ritardo Gawain.» lo disse piano, forse prendendo la consapevolezza del terrore che poteva essere succeso qualcosa di brutto e in quel momento, l'uomo cercò in qualche modo di distrarla un pò.
    «Mi devi spiegare perchè ti riferisci a lui come tuo padre, quando solitamente sottolineavi il fatto che non lo è» sorrise guardandola, effettivamente era una cosa che non aveva mai capito. Spesso quando era con Bill, lei si riferiva a King costantemente con la parola "papà" ma ora la curiosità dopo un anno che si conoscevano era incredibile.
    «E' complicato» fu la prima risposta che la donna diede, guardando l'uomo in tralice, mentre dopo aver messo via ogni cosa al suo posto per quel dolce che non avrebbe cucinato. Piuttosto si servì della burrobirra che proprio Mark King aveva portato giù l'ultima volta che era andato nelle catacombe. Da parte sua Gawain si era già servito e non si aspettava davvero una spiegazione, quando ella arrivò con parole che sembravano misurate e soppesate ogni volta che Hope le pronunciava. «Devi sapere che Mark King è sempre stato amico di mio padre sin da quando erano in culla praticamente, si era sposato giovane ma.. lui e la moglie, Linsday, non potevano avere figli. Sono nata io e l'uomo ha iniziato a vedere in me la figlia che avrebbe voluto. Non so perchè non ha visto niente nei miei fratelli, ma era così: mi stava vicino, mi coccolava, mi teneva sulle sue gambe e mi leggeva dei gran libri. I miei genitori decisero di lasciarlo fare, avevano quattro figli e io ero quella che non.. era molto apperzzata.» sospirò lei bevendo un sorso di quella burrobirra, che le era sembrata la cosa più buona del mondo. Notò che Bill, seguito da Leo e Patrick erano comparsi sulla porta, fece cenno di sedersi sul divanetto se volevano, mentre lei si sedeva poco elegantemente sul tavolo della cucina. «Un giorno mia sorella Adele è morta, io e lei avevamo litigato qualche ora prima ed è stato terribile, mi sentivo in colpa e niente sembrava farmi cambiare idea. Bill in quel periodo mi era stato molto vicino e sotto il suo consiglio avevo parrlato dei miei disagi con Silente e con i docenti, dato che i miei fratelli non sembravano intenzionati ad aiutarmi. Silente ha parlato con i miei genitori, che avevano dichiarato che loro non volevano.. più vedermi se fosse stato loro possibile, nonchè dissero che King era il mio padrino e se avessi voluto sarei potuta rimanere da lui e avrebbero delegato ogni cosa a lui, tanto da darmi in adozione a Mark e a Linsday se avessi voluto. Silente presto mi convocò nel suo ufficio e lì c'era un funzionario ministeriale, quest'ultimo mi chiese per me fosse ok che Mark mi facesse da tutore: al che io risposi che avrei preferito di venire affidata a lui e alla moglie, perchè avevo bisogno di una famiglia, al che Silente.. sostenne la mia richiesta. Non so come, ma trovarono la mia.. richiesta accettabile, così la stessa giornata contattarono King e partirono poche ore più tardi le pratiche per l'affidamento. Venni affidata a Mark e a Linsday e.. per il primo periodo fu dura. Quell'estate mi erano venuti a prendere al treno, la prima volta che avevo avuto qualcuno che mi aspettava. Mark mi aveva preso il carrello con i libri e il gufo, e Linsday.. mi aveva preso sotto braccio, mentre ci dirigevamo insieme, in quella che fu poi da quel momento la mia casa.» sorrise guardando Bill, che era andata a trovarla qualche volta quell'estate, persino Charlie era andato a trovarla, e le aveva fatto piacere trovare le visite delle persone a cui volevo bene. Erano gli unici che la passavano a trovare e le faceva davvero piacere.
    «La notte spesso singhiozzavo, papà mi sentiva - avevo sempre avuto il dubbio che avesse uno di quegli aggeggi babbani che si usano la notte per.. i pianti dei bambini, dannazione.. com'è che si chiamava.. monitor qualcosa» sapeva che non era interessante ai fini della storia, ma se Hope non trovava la parola giusta non sarebbe riuscita a proseguire.
    «Un baby monitor» disse Gawain lanciando uno sguardo a Stephanie poco più in là che aveva annuito, avendone avuto uno quando Sebastian era un bambino, era facile capire per lui che cosa intendeva la donna.
    «Ecco, si grazie, grazie mille Gawain. Per chi non lo sapesse, erano di quegli schermi che si mettevano sui comodini per sentire i bambini piangere, così mamma e papà potevano andare da lui e provvedere ai suoi bisogni. Lui mi raggiungeva, si stendeva al mio fianco, mi raccontava storie fino a che non mi addormentavo, così poi mi accarezzava i capelli, mi dava un bacio sulla fronte, si assicurava che fossi ben coperta e tornava a dormire. Non avevo mai avuto così tanta considerazione dai miei genitori nemmeno quando ero stata una bambina. Da allora ogni mattina mi faceva trovare una rosa o una margherita.. qualche volta persino dei girasoli sul comodino, non ho idea di dove se li procurasse, ma.. sapevo che era stato lì, sapevo che ero a casa e andava tutto bene» sorrisi pensando che quando King passava di mattina presto - o qualche volta di notte - li lasciava anche alle catacombe.
    «Ben presto quell'anno, compiuti i quattordici anni, iniziai a chiamarli mamma e papà, anche se quando ci sono altre persone tendevo a chiamarlo per nome. Non volevo metterli a disagio, ma.. credo che da quando avevamo iniziato a frequentare la famiglia di Bill, i suoi genitori spesso ci invitavano da loro per le grandi feste, non mi sentivo più imbarazzata se lo chiamavo papà So che sotto sotto tua madre mi vedeva un buon partito per Charlie.» disse lei guardando Bill ridacchiando, sapendo che poi non si era mai sposato. Era una bravo ragazzo e ancora Hope gli era legata era uno dei suoi migliori amici, ma era quasi più un fratello che un possibile amore.. ma eravano stati tanto in contatto, prima che capodanno lacerasse ogni rapporto «Sono stati davvero i miei genitori: mi hanno tirato su da soli, senza un minimo aiuto dai miei genitori biologici che sembravano poi volermi morta durante il capodanno, ma questo ve lo racconto dopo. Ai diciassette anni, ci fu la prima richiesta di adozione effettiva, ma fu ignorata. Persino il giorno in cui stavo per sposarmi i miei genitori.. si sempre quelli biologici, non si furono presentati e fu Mark a portarmi all'altare e lo vidi commuoversi. Le cose andarono bene, poi arrivò il capodanno e da qui più o meno le cose le sapete» sorrise, bevendo un lungo sorso di burrobirra che ormai era quasi arrivata al fondo «Fui presa dai mangiamorte, riuscii a parlare con Bill un istante e poi mi raggiunse mio padre. Era stato difficile chiamarlo per cognome e presentarmi con il mio cognome da sposata, quando avrei voluto dirgli che avevo bisogno di lui, ma era un codice ben avviato. Dargli del lei era l'unico modo per fargli capire che.. qualcosa non andava. Fu in quel momento che scoprii che mia madre, Linsday, era morta e papà si era ritrovato senza nessuno, io che ero sparita e la mamma morta.. nonchè lui vivo per miracolo» sorrise appena, particolarmente tesa «Richiedemmo presto, con il nuovo ministero e prima che io diventassi ricercata l'adozione effettiva, ma anche qui nessuna notizia. E ho scoperto che i miei genitori biologici stavano pensando di vendermi al ministero poco prima del mio trasferimento in pianta stabile qui, ci aveva già pensato Rodger.» sospirai, stavo pensando a come continuare la storia, quando una voce la fece trasalire. Si rese conto solo in quel momento che quella cucina era diventata vagamente affollata, ma non aveva mai parlato realmente di sè, se non per piccoli dettagli, perciò le fece piacere. «Hope! Tesoro! Hope?» chiamò Mark King guardandosi in giro, lei corse fuori dalla cucina e lui sorrise vendendo spuntare la donna da dietro la porta della cucina. I presenti sorrisero sollevati, nel sentire la voce dell'uomo, forse perchè speravano di sentire da lui la fine della storia. «Per gli Dei dell'olimpo e dintorni! Ero preoccupata da morire! Lo sai che se non ho notizie io.. io..» le morirono le parole in bocca, con molta probabilità non sarebbero stati abbastanza efficaci.
    «Lo so perdonami avrei dovuto far in modo di farti sapere che ero in ritardo, ma credevo di essere seguito e ho dovuto aspettare. Ho una cosa per te. Entriamo nel salottino e siediti, è una notizia bomba» disse l'uomo con un sorriso, mentre vide che lei preoccupata gli fece strada, arrivati nel salottino lui si sedette e le fece cenno di raggiungerlo con un gesto della mano frettoloso. «Guarda cos'ho qui» sorrise, porgendole le pergamene che attestavano che l'adozione era davvero avvenuta. Le si sedette a fianco, Mark le mise un braccio attorno le spalle e lei lesse le prime righe della pergamena.
    «Non dirmi che..» era incredula lei, riconobbe ogni riga come se fosse stato scritto il giorno prima. Erano passati diciotto lunghi anni - ormai diciannove - dal 1991 e più di un anno dal gennaio 2009, ma le parole che Mark disse la fecero commuovere fino alle lacrime.
    «Ciao figlia mia. Ora posso chiamarti davvero così e sei a casa. Voglio che tu sappia quanto ti voglio bene, vorrei dirti che hai dato alla mia vita un significato che non avevo il diritto di pretendere. *» disse cercando a stento di non piangere.
    «Oh papà» rispose Hope, lasciando le pergamene sul tavolino e poi sistemando il braccio intorno al petto dell'uomo «il mio papà» piangeva, piangeva ogni sua lacrima, piangeva via l'ansia sulla giacca dell'uomo, lasciava che ogni paura per una volta lasciasse il posto alla felicità di poter avere una volta ogni tanto giustizia. Sapeva che c'era un grosso pezzo da pagare, probabilmente ora suo padre si sarebbe dovuto guardare le spalle spesso e volentieri, ora che aveva una figlia ricercata.
    «Basta piangere, va tutto bene piccola mia e non ti preoccupare per me. Sono un povero vecchio sciocco, come dicevo ai miei visitatori stamattina, ma non mi farò prendere nel sacco.» la strinse forte a sè dandole un bacio sui capelli corvini «quando ti senti pronta, alzati che ti devo dare una cosa, non è finita»
    Lei con un sorriso, si alzò dopo un lungo attimo sorridendogli «Cosa? Sai che non voglio che mi fai i regali.. poi non so mai come ricambiare.» lui ridacchiò.
    «Chiudi gli occhi. Sai che non devi ricambiare proprio nulla, soprattutto non questa volta» attese che lei chiuse gli occhi, prese una collana dalla tasca del mantello. Aveva comprato in un negozio dove vendeva cose piuttosto costose e l'aveva comprata prima di scendere alle catacombe. Ne avevano parlato anni prima lui e Linsday, lui ogni settimana dal 1991 passava davanti alla vetrina quel negozio a vedere qualcosa che potesse piacergli. Le aveva comprato altre cose lì, ma per la prima volta le aveva comprato una cosa di tal valore significativo. Perchè ora lei eraufficialmente la sua bambina, alla faccia di Clive e Rhonda che ormai vivevano con l'idea di non aver mai avuto una figlia di nome Hope.
    Guardò la collana con la la piuma come pendaglio e sorrise pensando che era della misura giusta. Si era fatto spiegare per bene i significati della piuma e ne sorrise pensando che gli piacesse: le piume nella tradizione dei nativi americani venivano date ai guerrieri che avevano dimostrato il loro valore e coraggio in battaglia, indicandone la nobiltà e la grandezza, oltre che la maturità. Quella piuma, poi, assomigliava a quella della leggendaria fenice, e per questo pensavo che uno dei suoi significati è proprio la rinascita, la pienezza della vita e.. mi venne da sorridere quando la signora che mi aveva chiesto se era per una nascita, dato che sarebbe stato anche un ottimo portafortuna, le sorrise dicendo che si, in un certo senso era una nascita, perchè aveva adottato la persona che aveva visto crescere, dato che era stata affidata a lui da bambina, ed era orgoglioso di lei. Vista la collana davanti allo specchio lei pianse moltissimo, dicendo che era meravigliosa, pianse ancora molto, abbracciando anche Bill che passava di lì per sapere se tutto era andato bene. Parlarono per qualche istante Mark e Bill, prima che il rosso scomparì per dare la buona notizia a tutte le persone delle catacombe.
    «Che cosa farai oggi Hope?» chiese lui con un sorriso
    «Credo proprio che passerò un pò di tempo con il mio papà. E tu che farai?»
    «Penso che.. starò con mia figlia che mi deve aggiornare su un pò di cose»
    E così fecero, rimasero ore a parlare, a tirare fuori dei ricordi e a mangiare insieme, la cosa bella era che tutti sembravano scomparsi per dare alla famiglia che si era appena ritrovata un pò di tempo per parlare, finalmente da padre a figlia. Qualche ora più tardi, quella sera tornando in camera sua, Hope trovò un mazzo di rose con il bigliettino su ci c'era scritto. Ti voglio bene. Sii coraggiosa, non aver nessun rimpianto, perchè io non ne ho. Baci, papà. Hope rise felice asciugandosi le lacrime che stavano facendo capolino, pensando che era davvero a casa e che quello era il padre che aveva sempre sognato.



    Piccolo riassunto: In realtà non vorrei nemmeno farlo il riassunto, ma mi sono resa conto che è un post realmente lungo, forse c'è troppo sbatti per leggerlo, perciò eccoci qui. King è in ritardo perchè aveva parlato con Rabastan qui, ma temendosi seguito, aveva mangiato, letto un pò e aveva comprato la collana, nonchè dei fiori a Hope, che in verità è preoccupata a morte. Parla con Gawain parlandogli del motivo per cui lo chiama papà, anche se effettivamente non è suo padre, trovandosi poi gente intorno, tra cui Bill, Patrick, Leo e di sicuro Stephanie - la moglie di Gawain. Tra loro ci sono anche i bambini e altri volti che Hope non ha inquadrato, ma ci sono gli amici più stretti. Arrivato King, le mostra le pergamene, Hope piange e nonostante King si trattenga, piange qualche lacrima anche lui. Le regala la collana e un mazzo di rose che lei trovò sul comodino prima di andare a dormire, prima di chiederle i piani della giornata.

    Disclaimer: Per questa one shot si ringrazia prima di tutto la sis e la socia che ambedue mi hanno fatto conoscere il film vi presento Joe Black da cui ho tratto delle piccole frasi qui e là, dove ci sono gli * sono delle piccole citazioni. Il rapporto tra Bill e Susan mi ha dato l'ispirazione giusta per Hope e Mark King, nonchè ringrazio la socia per la possibilità di usare il pg di Gawain per questa role.
    La frase del titolo completa era: "Il legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue, ma quello del rispetto e della gioia per le reciproche vite." (Richard Bach, Illusioni, 1977)


    Edited by Mr. King - 14/3/2014, 16:40
     
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