Vermi, lombrichi, mosche e ragni: questo cacciam, questo noi amiam.

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  1. »Princess Melody˜
     
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    * Melody Carter * Terremoto Vivente




    * Catacombe * 12/10/2009 *


    << Melody Elisabeth Hanna Carter! Cosa è successo alla mia camera da letto? >>
    l'intero pavimento era ricoperto di libri grossi come mattoni e con copertine tutte differenti. I vari volumi erano sistemati uno accanto all'altro quasi fungessero da passerella e alcuni riportavano i chiari segni di una lotta avvenuta pochi istanti prima.
    I vestiti - una volta perfettamente piegati e sistemati dentro l'armadio - adesso erano sparsi per tutta la camera, ammucchiati in varie parti della stanza a formare coperture di fortini ricreati con sedie e il resto della mobilia alla portata di una scimmia come Melody.
    I lacci delle tante scarpe da tennis di Leo servivano a tracciare i confini tra uno stato e l'altro. Come faceva a sapere che erano stati e non qualcos'altro? Ovvio. C'erano fogli di appunti tutti pasticciati in pennarello rosso, con grandi scritte storte e sconnesse: tutte citavano nomi di Stati conosciuti, nonostante ci fossero parecchi errori di grammatica.
    << Vieni fuori dal tuo nascondiglio, subito. >>
    la calma del giovane era andata a farsi benedire quando aveva individuato parecchi appunti di pozioni mediche impossibili da leggere ormai.
    I capelli sembrava avessero preso la scossa, talmente erano elettrici e la smorfia apparsa sul viso era solo uno sforzo immane per non ridere della situazione. Da quando erano nelle catacombe, Melody si comportava in quel modo troppo spesso e lui sospettava di conoscerne il motivo. Le mancavano i suoi genitori, tanto quanto mancavano a lui, e quello era il suo modo di attirare l'attenzione. Ma Leo non sapeva più come fare; le persone andavano a lamentarsi della piccola peste che distruggeva le cose e faceva rumore quando non doveva. Pochi comprendevano quella fase di passaggio che stava attraversando sua sorella. Troppo pochi erano quelli che avrebbero potuto aiutarlo nel tentativo di placare le sue energie.
    << Esco solo se la smetti di chiamarmi con tutti quei nomi, perchè vuol dire che sei arrabbiato e quando sei arrabbiato a Melody non piace. >>
    la voce pacata della bimba sfiorava il sussurro delicato degno dei suoi sei anni. Era una bambina in fin dei conti e tutto quel marasma si poteva anche rimettere a posto in poco tempo. Uno o due colpi di bacchetta e il gioco era fatto. Ma non importava. Non era quello il problema.
    Il giovane si avvicinò alla scrivania e si mise in ginocchio, infilando la testa e le braccia sotto una catasta di vestiti puliti. Ogni volta che la vedeva nascosta lì sotto, sapeva che stava per arrivare quel momento. Sapeva che le lacrime erano in dirittura d'arrivo e avvertiva la rabbia sciamare via come un getto d'acqua depurativa.
    L'afferrò sotto le braccia e la fece uscire senza alcuna fatica. Era un peso piuma in confronto a lui, perciò non ebbe alcun problema nel prenderla in braccio e alzarsi di nuovo in piedi. Era meglio mettere un po' di altezza tra lei e la via di fuga dalle parole che stavano per travolgerla.
    << Persino ad Elisabeth e Hanna non piace quando mi arrabbio? >>
    era il solito gioco di Melody. Parlare in terza persona era un'altra delle abitudini che si era presa da quando stavano nelle catacombe. Lo faceva raramente e sempre quando era triste o sola.
    << No. Solo a Melody non piace, perchè è lei quella che ti vuole più bene. >>
    quel tentativo di arruffianarsi il fratello, lo portò a sorridere appena, cercando di camuffare con un falso colpo di tosse. Non era ancora giunto il momento delle risate che deponevano l'ascia di guerra. La sua camera era ancora sotto sopra. Camminò sopra le copertine dei suoi stessi libri, imprecando mentalmente ad ogni strano rumore, e si diresse dove ricordava di aver lasciato il letto quella mattina presto. Scostò dei vestiti e dei fogli, suscitando delle espressioni di stupore da parte della piccola, e si sedette sulle coperte distese sul letto.
    << Oh beh... Non te la caverai con così poco, mia cara. Sappi che questo ti costerà una settimana di compiti ogni pomeriggio con il sottoscritto. E niente api frizzole per oggi. >>
    la vide balbettare e borbottare che le api frizzole era impossibile non mangiarle per un giorno intero ma la vide anche chinare il capo e sospirare, come se comprendesse cosa aveva fatto. Forse era convinta di poter risultare simpatica o magari credeva anche di aver fatto una cosa giusta.
    << Ma ho preparato il fortino per noi! Guarda! Possiamo viaggiare ovunque e laggiù ci sono tutte quelle cose belle che volevi vedere tu in Austalia. Non doveva essere così! Tu dovevi sederti con me e raccontarmi le cose che sai. Non quelle noiose. Quelle divertenti che mi racconti ogni notte. >>
    gli indicò l'armadio dove era attaccato un foglio da disegno con su scritto "Austalia" e un elenco di tutte le città che Leo sognava di poter vedere.
    Certo che ci sapeva fare con le parole quella piccola peste! La strinse al suo petto, contando alla rovescia a partire da sette. Era certo che una volta arrivato a zero, lei sarebbe esplosa.
    << Piccola mia, cosa devo fare con te? Come posso farti capire che non c'è bisogno di tutto questo perchè tu mi faccia capire che hai bisogno di me? Non è un bene che tu rubi alle signore anziane, nè che tu rompa le cose della cucina, i vestiti, le scarpe. Le uniche cose che restano intatte sono i tuoi pennarelli ma quelli credo che non li romperai mai visto che piacciono tantissimo a Daniel. >>
    la sua grande mano si posò stanca sulla testa della bimba, ma Melody non ebbe paura di quel gesto. Nonostante non lo vedesse, nascosta sulla sua maglietta, sapeva che il fratello era solito accarezzarla e non picchiarla. Sapeva bene di star rendendo tutto più difficile e complicato ma lui....
    << Passi tutto il tempo sui tuoi libri e io non posso distrarti dai tuoi studi. Sono importantissimi anche se non ne capisco il perchè. E... Io... >>
    stava boccheggiando ormai. Mancavano due secondi allo scadere del tempo e già accennava i primi singulti trattenuti e i pugnetti stretti sulla sua schiena larga. Era giusto che piangesse. L'aveva fatto troppe poche volte da quando i loro genitori se n'erano andati e non era un bene, perchè si tratteneva tutto dentro.
    << Melody! Tu sei più importante di qualsiasi libro, di qualsiasi studio e di qualsiasi altra persona in tutto l'universo. Eri arrabbiata con i miei libri? E' per questo che li hai rovinati così? >>
    attese un attimo prima di proseguire con l'unica parola che veramente poteva racchiudere tutto ciò che provava per lei. L'unica parola che accresceva il suo senso di colpa nel non saper crescere quella piccola peste.
    << Perdonami. >>
    << Perdonami. >>
    lo dissero entrambi nello stesso momento, poi arrivò inevitabilmente il fiume in piena che allagò completamente la maglietta che indossava quel giorno. Il conto alla rovescia era finito e Melody era scoppiata a piangere. Stava a cavalcioni sulle sue gambe e si stringeva a lui, nascondendo le lacrime meglio che poteva. Era giunto il momento di sfogare la rabbia che aveva dentro con una sana perdita di acqua salata.
    La cullò con dolcezza avanti e indietro e posò un bacio tra i suoi boccoli ancora non acconciati da Ryan: quella mattina non era andato a trovarlo, ancora.
    << Melody, ti voglio bene. Sei il mio mondo e ti proteggerò dal male, ma ti prego, non farmi diventare vecchio prima del dovuto. >>
    la udì ridacchiare e tirare su con il naso a quella battuta. Il peggio era passato? No... Non sarebbe passato mai quello.
    Sospirò e la fece scendere, prendendole il viso tra le dita, con leggerezza. Le lacrime le rigavano ancora il viso e le guance erano rosse come peperoni.
    << Adesso vai a sciacquare la faccia e poi puoi andare da Ryan a farti aggiustare i capelli. Dammi il tempo di sistemare qui. Ricorda le due punizioni perchè questa volta non te le tolgo per niente al mondo. >>
    le diede un buffetto sulla piccola schiena e la vide correre e inciampare due o tre volte fuori dalla stanza, come se niente fosse successo. Melody era così: appena metteva piede fuori dalla stanza, ritornava ad essere la solita bambina iperattiva.
    Leo sbuffò e si alzò dal letto, deciso a mettere a posto senza l'uso della magia. Sistemare la stanza l'avrebbe aiutato a non pensare.
    Si chinò a raccogliere i fogli sparsi e ne vide uno scritto con un pennarello viola, pieno di cuoricini e fiori.
    Le parole non citavano un posto, nè una cosa che desiderava vedere Melody.
    "Mamma e Papà." diceva il foglio.
    No... Decisamente non sapeva come poter crescere sua sorella.


    Role code by Ellenroh Carrow

     
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  2. Ehy Hope!
     
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    Era un periodo un pò difficile per tutti quanti: erano passati un paio di giorni dalla discussione con King. Era stata una discussione abbastanza difficile da sopportare e da affrontare. Lui non urlava mai, era la persona più pacata a questo mondo, la più tranquilla.. una di quelle che il mondo poteva cadere davanti ai suoi piedi, ma nemmeno quello l'avrebbe sconvolto. Eppure io avevo la capacità di farlo incazzare alla velocità della luce, mia madre me lo diceva sempre, non lo vedeva mai tanto arrabbiato, a parte quando facevo qualche sciocchezza che lo irritava. Nemmeno i miei genitori non erano esenti dalle lavate di testa che si guadagnavano da lui, era piuttosto sorprendente che King non li (o era meglio dire ci?) avesse mandato a quel paese tanto tempo prima. Da una parte speravo soltanto che King rimanesse al mio fianco come se fosse davvero mio padre, che guidasse ogni passo che facevo nella direzione giusta, ma sapevo che non l'avrebbe fatto perchè ero abbastanza grande per cavarmela da sola. Forse, però, da quando eravamo scesi nelle catacombe e i miei genitori con i loro problemi, i miei fratelli che nemmeno mi vedevano per davvero e dato che loro non c'erano più tra i piedi, beh, avevo notato che brillavo di luce mia. E speravo solo di continuare a farlo. Quelle notti passati dopo il litigio, beh, avevo dormito per tutta la notte, lunghe notti senza sogni, mangiavo di nuovo un sacco a pranzo e a cena. Non sarei riuscita a ringraziare abbastanza che in entrambe le mattinate, prima Patrick e poi Bill avevano cucinato sia per me che per Daniel a turno la colazione. Era stato davvero entusiasta nel vedere i due alle prese con uova e bacon, che ha scoperto magicamente di amare, tant'è che aveva chiesto ripetutamente ad entrambi quando tornavano a cucinare. Ero rimasta a fissare a lungo mio figlio quel mattino, sinceramente felice che avevamo ritrovato la nostra dimensione, fino a quando non mi disse che Gawain e Stephanie avevano litigato e che Sebastian era molto triste a tal riguardo. Purtroppo non potevo fare nulla, avevo deciso di fare mia la massima del non impicciarmi nel matrimonio degli altri, soprattutto se era un matrimonio di un mio amico. Non importava il fatto che adoravo Stephanie, il fatto che dovevo tante cose ad entrambi o che Sebastian era amico di Daniel, ma era semplicemente una situazione che dovevano risolvere tra loro. Tuttavia, avrei detto ad entrambi, che se potevo aiutarli per qualsiasi cosa, beh, l'avrei fatto.
    Per prima cosa, però, avrei abbracciato Gawain e gli avrei sorriso, in certi momenti, era l'unica cosa che ci voleva. Peccato che non avevo il coraggio di dire alle persone a cui volevo bene, che gliene volevo per davvero e la lista di persone stava lentamente diventando infinita.
    Lasciato Daniel con King, insieme alle prese con un disegno con le tempere, decisi di fare due passi, quando notai in lontanza Melody zompettare e sorrisi appena.
    Ecco cosa succede quando rimani troppo da sola dissi con un sussurro, ricordandomi delle parole di King, quando pensai che quel giorno non avrei voluto fare lezioni a Leo, ma era meglio così per entrambi. Ero diventata davvero un'insegnante per lui, perciò, dovevo assolutamente darmi da fare.
    Bussai alla sua porta entrando e guardando il ragazzo chino a raccogliere dei fogli e fissarne uno con aria assorta, sorrisi appena.
    «Ciao Leo, scusa se sono entrata, ma ho bussato.» sorrisi guardandolo chiedendogli un istante dopo «Come stai? hai bisogno di una mano a dare una sistemata? Mi sembri pensoso.»
     
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