Spessissimo la famiglia è l'unica occasione per amare qualcuno.

Hope-Bill-Daniel

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  1. Ehy Hope!
     
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    Io cantai l'eterna notte e il Caos. E la celesta musa mi erudì nella perigliosa mia discesa e risalita.
    (John Milton, Il Paradiso perduto).




    Incessanti incubi mi avevano tenuto compagnia quella notte, ma l'unico a cui non riuscivo a togliermi dalla testa era Lestrange.. Nell'incubo, Rabastan diceva che avevamo un conto in sospeso, che dovevo raggiungerlo in superficie se volevo che i feriti cessassero. Di nuovi arrivi in quelle due nuove settimane ne erano arrivati ben dieci e tutti ragazzini più o meno dell'età di mio figlio Daniel. Senza contare ovviamente tutti gli adulti ma anche loro erano un nutrito numero, erano arrivati tutti all'improvviso. I sensi di colpa erano sempre all'erta e non avendo dormito molto nelle ultime tre serate, beh era un problema se si contava che nemmeno facevo un pasto decente da due giorni. Le occhiaie erano pronunciate, nonostante fossi nera di carnagione e quindi non risultavo pallida, si vedeva che comunque ero molto stanca. Pensai al fatto che Rab in queste condizioni mi avrebbe ucciso, era praticamente una condanna e io saprei che Rabastan mi avrebbe ucciso. E io gliel'avrei lasciato fare, non mi sarei ribellata, non avrei fatto niente di particolare a parte arrendermi all'evidenza che quello che era successo mesi prima non l'avevo mai dimenticato. Cucinai la colazione a Daniel e io di nascosto presi una pozione corroborante. Non avevo fame, ogni cosa che cucinavo mi portava nausea, ma sapevo che c'era qualcuno che mi stava tenendo d'occhio, qualcuno che mi conoscevo fin da quando ero bambina.
    Mi cambiai velocemente i vestiti, scegliendo degli abiti piuttosto eleganti, pantaloni, maglione e giacca, nascosi con cura la chiave sotto il maglione quando una persona dietro di me, mi fece trasalire. Mi girai a guardarlo con gli occhi sgranati, non accorgendomi nemmeno che si trovava lì.
    «Papà da quanto sei lì?» chiesi guardandolo, praticamente Mark King era la figura che più si avvicinava ad un padre che avevo da anni, fin da quando ero una ragazzina praticamente. Forse era l'unico che riusciva a leggermi dentro ancora prima che io pensassi certe cose, se non parlavo di Bill che stava riuscendo a leggere tra le righe di ogni minima espressione. Quando lui si faceva avanti dal suo nascondiglio e mi sorrise appena, capii che aveva capito che qualcosa non andava. Mi stava studiando e la cosa non mi piaceva per niente, anzi.
    «Da un pò, non ho guardato l'orologio. Hope, tesoro, cosa stai facendo?» mi chiese e io deglutii. Non sapevo cosa rispondere, Daniel era a due passi, non volevo parlare davanti a quel bambino di sette anni che da pochi mesi era diventato mio figlio, ma dovevo parlare subito prima che Mark King si innervosisse e sapevo che quando si innervosiva era una cosa terribile soprattutto per i miei nervi, perchè riusciva a passare sulle mie debolezze come un carro armato. Riusciva a farlo da quando ero bambina, ci sarebbe riuscito con tutta tranquillità se glielo permettevo.
    «Sto andando in superficie. Oggi onoro le vittime, prima. Le sue, quelle del fratello maggiore, quelle per mano di ogni ministeriale e di Dancy. Tutte le persone che sono morte a causa della mia misericordia!» non nominavo mai Lestrange, non lo nominavo da una vita, quando ero tornata alle catacombe quasi più morta che viva. Da quando avevo pensato di lasciarmi andare perchè non c'era nulla al mondo per me, la vita mi aveva donato qualcosa o meglio, qualcuno: Daniel e Bill era al mio fianco.
    Quando mi disse che non ero brava nei duelli, non disse nulla e fu allora che compresi che King aveva compreso cosa stava succedendo. Si rivolse a Daniel, dicendo di correre da suo padre e boccheggiai, Daniel non aveva un padre. Non ero sposata, non avevo un uomo al mio fianco, ma quando lo vidi correre fuori dalla porta lasciandomi da sola con King capii. Bill. l'unico seriamente in grado di fermarmi, l'unico a cui avrei dato ascolto. Avrei fatto un passo nella sua direzione per bloccarlo, ma ero come una statua di cera. Mi girai appena guardando l'uomo al mio fianco solo quando mi rivolse la parola.
    «Tu ti vuoi fare uccidere Hope. Consapevolmente. Perchè? Hai un figlio, hai me, Bill e un sacco di amici, persone che ti vogliono bene.» parlava calmo, pacato, come se ogni parola fosse pesata accuratamente.
    «I sensi di colpa non se ne sono mai andati davvero, poi ci sono i ragazzini che sono arrivati in quest giorni mi hanno dato una mazzata, sai, ho avuto degli incubi e.. dato che ho sognato che potevo chiudere la trattativa consegnandomi a... lui, forse non sarebbe più successo.»
    La risposta di King fu come una mazzata e mi guardai allo specchio: guardandomi un pò da vicino e seriamente, mi accorsi della mia faccia tremendamente stanca e mi resi conto di quanto lui avesse ragione. Lanciai un'occhiata alla porta e vide qualcosa o meglio, qualcuno attirare la mia attenzione: una sagoma familiare, che avrei riconosciuto ovunque, in qualsiasi momento, non importava quanto fosse buia la stanza o quanto lontano fosse. Lo amavo così tanto, forse King aveva ragione, dovevo lottare per entrambi, per tutti e tre ormai: per me, per Bill e per il piccolo Daniel: eravamo ormai una famiglia, perchè mi stavo lasciando andare? Guardai Bill mentre si avvicinava a me, sentivo il cuore che cominciava a battere forte. Mi sembrava di non vederlo da una vita, anche se erano passati appena un paio di giorni, forse tre, giusto quelli dell'emergenza e forse un giorno prima. Beh, poco meno di una settimana. Per un istante mi si illuminò lo sguardo, come sempre succedeva appena lo vedevo, un pò come se fossi un adolescente e lo guardai con attenzione mentre King si allontanava con Daniel.
    «Mi dispiace.» fu la mia unica affermazione, l'unica cosa che ero in grado di dire, perchè ogni spiegazione ulteriore mi si era spenta in gola. Avrei voluto abbracciarlo e piangere, ma mi sembrava che tutte le mie energie in quel momento si fossero risucchiate.
     
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  2. Mr. King
     
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    In quel periodo Hope era stata presa dal primo soccorso di un nutrito gruppo di persone, circa ventina, di cui almeno la metà erano bambini coetanei di Daniel ed era stato lui a chiedermi se la sua mamma stava bene. Perchè sembrava molto strana, non mangiava quasi nulla e la vedeva sempre correre di qui e di là. La sua domanda sul fatto che Hope in quanto mamma non dormisse mai, mi accese una certa curiosità, perchè l'unica volta che non aveva dormito era per la morte di sua sorella, ma Bill aveva fatto un ottimo lavoro. Era la sua costante e forse era anche per questo che lei si trovava lì, per dare un senso a tutto, anche se non lo sapeva consapevolmente. Un pò come me, che ora mi trovavo lì sotto e mi chiedevo se non avevo un debito verso Bill grosso quanto una nazione intera. In quei giorni, l'avevo osservata da lontano, senza voler essere visto davvero: nemmeno la stessa Hope, che mi conosceva da quando era in fasce, sembrava aver prestato attenzione a quello che poteva risultare un povero vecchio. Fino a che, mi decisi a palesarmi e la guardai mentre si stava infilando la giacca per andarsene, senza dire una parola nemmeno a suo figlio. O se l'avesse detta, beh, avrebbe distrutto la sua vita, di nuovo. Un bambino orfano due volte praticamente, ma quella volta mi sarei occupato io personalmente di quella creatura.
    «Papà da quanto sei lì?» mi chiese, era visibilmente trasalita non aspettandosi di vedermi lì davanti a lei, sedu e io l'avevo guardata con attenzione, era da giorni che la stavo fissando
    «Da un pò, non ho guardato l'orologio. Hope, tesoro, cosa stai facendo?» le risposi cercando di risultare quanto più neutrale possibile, ma la sua risposta mi spiazzò completamente. Tuttavia non potevo aspettarmi niente di diverso, quella era la sua natura, cercare di risolvere le sue cose da sola, anche a costo di perdere la vita e mi indisponeva parecchio.
    «Sto andando in superficie. Oggi onoro le vittime, prima. Le sue, quelle del fratello maggiore, quelle per mano di ogni ministeriale e di Dancy. Tutte le persone che sono morte a causa della mia misericordia!» a quelle parole lo guardai. Lo guardai seriamente, fin troppo forse e la guardai come se fosse diventata matta tutto d'un colpo, ma sapevo cosa le capitava in quella testa. Ora pensava a sua sorella e a sè stessa, al fatto che poteva uccidere, ma non l'aveva fatto e il problema fondamentale non era l'essere misericordiosa in sè, ma il motivo principale era che Hope non era brava nei duelli. Perchè voleva salire allora se non era brava nei duelli?
    Nel tono di Hope c'era una punta di delusione cocente, qualcosa che la stava condizionando a tal punto da sembrare più vecchia di quanto non fosse in realtà e da quella distanza riuscivo a vedere quanto fosse pallida e con gli occhi cerchiati da ombre scure. Hope he non era mai stata particolarmente in carne e ora sembrava quasi scomparire, da quanto non mangiava o faceva un buon sonno? Guardarla era come vedere qualcuno che non avevo mai visto prima, un volto completamente nuovo, sconosciuto.
    «Ecco cosa succede a lasciarti troppo da sola. » dissi seriamente lanciando uno sguardo a Daniel che ci stava guardando con tanto d'occhi e sembrava dispiaciuto.
    «Tu non sei brava nei duelli Hope.» dissi pacato, rendendomi conto quando Hope non disse niente, che lei non voleva fare proprio nulla: era quello il suo problema. Voleva farsi uccidere, voleva far si che una famiglia venisse distrutta senza difendersi, si sarebbe consegnata gratis per la prigione, sperando che un avada la cogliesse in pieno petto prima di arrivarci.
    «Daniel» chiamai il bambino che alzò lo sguardo dal piatto che aveva ben ripulito mentre i due adulti stavano discutendo «corri da tuo padre e portalo qui, digli che è urgente. Corri!» dissi in un modo che non ammetteva repliche, forse un poco duro, ma Daniel corse istintivamente da Bill.Arrivato da Bill, il bambino si sentì stranamente sollevato, come se in quel momento vedesse uno spiraglio di luce, qualcosa che gli permettesse di capire perchè sua madre voleva andare in superficie da sola e perchè nessuno sembrava volerglielo permettere. «Papà!» chiamò il giovane Daniel arrivando davanti a Bill piegandosi appena e respirava profondamente come volesse respirare tutta l'aria della stanza, non era abituato a correre così tanto. «papà, mamma vuole salire in superficie.. non ha la chiave! diceva cose strane come onorare le vittime e.. Ti prego papà, ti prego!» cercavo di non parlare in fretta, ma volevo che tutte le informazioni che sapevo arrivassero chiare.
    Intato tra me e Hope il silenzio era calato fino a che non dissi «Tu ti vuoi fare uccidere Hope. Consapevolmente. Perchè? Hai un figlio, hai me, Bill e un sacco di amici, persone che ti vogliono bene», ma la risposta che mi aveva dato non mi piacque affatto: si stava comportando come una ragazzina sciocca, come se fosse davvero interessati davvero a lei.
    «Tu sei meglio di così, Hope Caine!» quasi urlavo «guardati, stai scomparendo! non dormi, non mangi.. tuo figlio viene a chiamare me perchè ha paura che ti accada qualcosa! Sei un fantasma e a quanto pare non hai imparato niente dalla morte di tua sorella! Ora riflettici bene, mentre ti guardi allo specchio, pensa al fatto che ora hai una famiglia, hai due persone che ti amano: hai Bill e Daniel. Nel frattempo l'unica persona che ti degni di ascoltare sarà qui a momenti, parlerai con lui...» sapevo di essere andato giù pesante, ma le avrei dato modo di pensare e di riflettere con attenzione. Poco dopo arrivò Bill che aveva seguito di corsa Daniel e lo guardai, rilassandomi appena. «Grazie di essere venuto e scusa se ti ho fatto correre così, ma sei l'unico a cui presterà ascolto» dissi con un mezzo sorriso prima di mettere una mano sulla spalla a Daniel
    «Vi lascio soli, vieni Daniel, andiamo a cercare Sebastian.» sorrisi guardandoli ancora una volta, sapendo che quella era l'unica cosa che avrei potuto fare per salvarle la vita.
     
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  3. B.Weasley
     
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    * B I L L *




    La spada di Damocle era sopra ognuno di loro, pendeva sulle teste di tutti e aveva una lama affilata capace di tagliare qualsiasi trama di serenità di stessero sforzando di creare, mentre tutto in superficie crollava.
    I grandi sapevano che le catacombe avrebbero potuto essere scoperte da un momento all'altro e tenere alto il morale per non angosciare i ragazzi e i bambini era sempre più difficile.
    Anche semplicemente lo stress diventava un nemico, lì sotto molto più di quanto non fosse per chi si trovava a vivere una vita normale - e non da reietto - in superficie. C'erano le tensioni e le preoccupazioni per chi doveva vivere in superficie, come George e le altre spie che rischiavano la vita ogni giorno. Con queste paure sempre presenti nei pensieri di tutti, ogni segnale di allarme si ingigantiva ulteriormente.
    Quando Daniel arrivò di corsa a chiamarlo, stava aprendo con l'aiuto di Victoire e di Dominique delle casse di libri che lui e Gawain avevano portato giù dal Ghirigoro. Finalmente la catena di contatto tra loro e le due proprietarie della libreria iniziava a rodare e ad essere meno rischiosa, soprattutto per le due streghe, che si erano affezionate ai ragazzi e bambini che potevano beneficiare dei libri nascosti dal precedente proprietario la Notte dei Cristalli.
    << Questi, papà? >> chiese Victoire, indicando una cassa.
    << Sono romanzi. Ce n'è anche qualcuno babbano. >>
    << Roba forte! >> fischiò Dominique, somigliando più a un maschiaccio che a una bambina di sei anni.
    << Lo hai detto! Siete dei fuorilegge come Robin Hood! >> commentò ridendo, riuscendo a strappare una risata persino a Louis, che pur sentendo tanto la mancanza della madre non poteva non sorridere quando sentiva nominare Robin Hood, il suo mito del momento. Merito delle infinite letture della storia di Scott e nelle sue versioni più alla portata di bambini.
    Luois perse di nuovo un po' del suo sorriso quando vide arrivare Daniel e lo sentì chiamare suo padre Papà. Quando però Victoire riuscì a distrarlo, dopo aver guardato verso il padre e averlo visto immediatamente serio, il messaggio di Daniel poté avere tutta l'attenzione: << Papà, mamma vuole salire in superficie.. non ha la chiave! diceva cose strane come onorare le vittime e.. Ti prego papà, ti prego! >>
    << Papà! >> esclamò Louis, straziandogli il cuore.
    << Vai, papà >> disse invece Victoire, dimostrando una maturità che certo non era dei suoi 9 anni, ma era molto più alta del normale.
    Bill annuì alla maggiore delle sue figlie, mentre già Dominique su era avvicinata al fratellino e lo stava tenendo occupato. In fondo Louis stava combattendo la sua guerra personale - la distanza dalla madre - come tutti loro.
    In pochi minuti Bill tenne il passo di Daniel, cercando di non alimentare la sua paura, ma al tempo stesso di capire meglio cosa fosse successo, finché non arrivarono nella galleria dove la voce di King ormai era salita di un paio di ottave. E sentire King alzare la voce era davvero...insolito.
    << Cosa succede? >>
    Hope non era tata affatto bene, negli ultimi giorni. Aveva mangiato il minimo indispensabile per non crollare e le sue notti si erano riempite di incubi che preoccupavano tutti loro...ancora di più quelli che sapevano.
    << Hope...Tesoro...>> le si avvicinò, annuendo a King che con un sospiro si impegnava poi a convincere Daniel a parlare un po' con lui.
    << Dove stai andando, Hope? Non risolveresti nulla, lo sai. >>
    Evitò di menzionare quei pensieri - quei nomi - che invece aveva paura ogni giorno di scorgere nel suo sguardo. Era come se fossero stati sempre lì, ai margini delle loro giornate, in agguato mentre loro si sforzavano di conservare la serenità e la speranza.
    Quei bastardi potevano davvero aver trovato il modo di chiamarla...di condizionarla fino al punto da...guidarla come una marionetta fino a loro?


    Role code by Ellenroh Carrow



    Edited by B.Weasley - 10/10/2013, 20:23
     
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  4. Ehy Hope!
     
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    King era praticamente un padre ferito e lo ero anche io, perchè aveva toccato ogni punto dolente e aveva tirato un'ultima frecciata che mi fece malissimo, colpendomi come un pugno in faccia: inaspettato e doloroso. Moltissimo.
    «Vuole andare farsi uccidere in direttissima salendo in superficie, ecco che c'è.» fu l'unica risposta di King che aveva parlato con tono quasi glaciale, mentre scompariva dalla porta e se ne andava con il bambino. Sentii battere il cuore forte vedendo Bill, soprattutto quando mi aveva detto "tesoro" e gli sorrisi appena.
    «Amore, io.. » presi una pausa che speravo non fosse troppo lunga, cercando con la mia una sua mano, accarezzandone le dita con le mie insicura se potessi stringerla appena, mentre con l'altra me la passavo sugli occhi. Ero stanca davvero - e la mia faccia mostrava questa stanchezza nella sua totalità - e speravodavvero solo di non crollare tra le braccia di Bill, ma di una cosa ero certa: avevo fame e ora che vedevo Bill davanti a me, beh, non ero poi così certa di voler tornare in superficie.
    «King ha ragione, dicendo che volevo andare a farmi uccidere in superficie.» sospirando, deglutendo cercando di trovare le parole adatte per indorare la pillola ma che non trovai, alla fine sapevo che era meglio la verità, la verità era l'unica cosa che avrei saputo affrontare « Praticamente volevo tornare in superificie per provare a duellare con Lestrange.. e si, lo so bene che non so duellare.» più parlavo, più mi sentivo un'idiota. King sapeva, aveva sempre saputo che mi sarei sentita una vera cretina a guardare negli occhi verdi dell'uomo che amavo, per raccontare l'idea stupida che mi era venuta in mente. King alzando la voce aveva praticamente minato la mia autostima e il progetto suicida che mi ero messa in mente, con poche parole coincise. Avrei potuto davvero lasciare l'uomo che amavo, per cosa poi? Per un atto egoistico? Per la paura di delegare a qualcun altro i miei doveri di medico? Perchè Bill aveva ragione non potevo risolvere nulla salendo in superficie.
    «No, obiettivamente non potrei fare nulla e hai ragione. E' solo che ho fatto un incubo questa notte tra gli altri sonni agitati.. ho sognato Lestrange che mi diceva di salire in superficie, per evitare che i bambini continuassero a venire feriti o peggio. Avevo pensato che.. avrei potuto provare a salvare qualcuno se fossi salita.» dissi con un tono bassissimo, che stava iniziando a subire incrinature. Non ero più convinta di quello che stavo facendo fino ad un istante prima, che era solo un gesto stupidamente istintivo e temevo che stavo attirando l'attenzione.
    «Credo sia solo stress, forse vedere dei bambini feriti mi ha sconvolto e non posso farci niente.» gli occhi mi si erano riempiti di lacrime, non era colpa mia, non avevo fatto niente di male a parte cercare di salvarmi la pelle quella notte maledetta.
    «Forse dovrei seriamente delegare a qualcuno e.. dovrei solo pensare a dormire e mangiare per un paio di giorni. Vorrei passare un pò di tempo con te, ma hai ragazzi a cui pensare e non posso chiederti di rimanere con me tutto il giorno per controllarmi come una babysitter.» stavo straparlando e me ne stavo rendendo conto.
     
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  5. B.Weasley
     
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    * B I L L *




    << Hope, cosa diavolo stai...? >>
    La prese per un braccio e si allontanò il più possibile da King e Daniel, anche se si erano incamminati verso la stanza del bambino.
    Quando pensò fossero a una distanza sufficiente, lasciò il braccio di Hope, che comunque non aveva strattonato, ma praticamente preso a braccetto. << Hope, siamo umani. Siamo esseri umani che stanno vivendo praticamente in cattività. Nessuno ti giudica per i momenti di crisi o di debolezza! >>
    Era certo che anche King avesse cercato di farla ragionare su questo. Ed era certo anche della nuova ondata di pensieri che le parole dell'uomo potevano aver fatto nascere nella testarda donna che amava.
    << Hope, sediamoci >> le disse con un sospiro, chiudendo la porta di una delle stanze dove di solito stavano a scrivere e a consultare i libri quelli che si occupavano del Cavillo. << Cosa ricordi di Lestrange? >> le chiese, forse un po' a bruciapelo. Questo sperò potesse per ora distoglierla dal suo progetto suicida.
    << Non so quanto tu lo conosca...non possiamo dirlo di conoscerlo poi così bene neppure io e Fleur. Ma lo conosceva bene Kingsley...e lo conoscono bene Gawain e Patrick. E' la specialità dei Lestrange giocare in questo modo. Non è la soluzione lasciare che ci separino, perché la nostra forza è stare uniti. E ammettere i momenti peggiori...e chiederci aiuto. >>
    Era sempre più convinto che i ragazzi e i bambini fossero un sostegno per loro adulti e un aiuto a non mollare almeno quanto loro cercavano di proteggerli. Negli ultimi mesi la forza dei più piccoli era stata evidente e si appellò proprio a quella. << Daniel è venuto a chiamarmi di corsa, si è fatto tutte le catacombe...di corsa. Ha avuto il terrore di perderti come lo ha avuto King...come l'ho io. Ma ti ha anche aiutato in questo modo. Non siamo soli...e finché saremo insieme la Psicopolizia non potrà mai vincere. >>
    Una parte di lui non era altrettanto convinta di questo, quando ricordava i fratelli perduti a causa dei Mangiamorte...Fred e Ron...e quelli come Charlie e Ginny che adesso non riuscivano a trovare. Ma in quel momento riuscì a restare sereno per lei.


    Role code by Ellenroh Carrow

     
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  6. Ehy Hope!
     
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    Alla sua domanda degluti, guardandolo con tanto d'occhi, mentre mi accompagnava da un'altra parte per far si che Daniel non sentisse, non si preoccupasse troppo.
    «Ma mi sto giudicando, io Bill.. nella mia testa» dissi appena guardando a terra, non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi «quante volte in questi anni, sono venuta da te quando avevo bisogno per scemenze? Eppure, quando si tratta di qualcosa che mi sconvolge, cerco di proteggerci, e così mi blocco, perchè io non ti voglio privare di ogni momento con i bambini. Poi King è in superficie e.. cerco di cavarmela da sola, perchè non voglio disturbare e papà ha ragione a dire che non dovrei rimanere troppo da sola.» avevo seguito Bill in una delle stanze che usavamo per il cavillo, per poi sedermi davanti ad uno dei tavoli dove alcuni di noi che scrivevano il cavillo, passavano ore a scrivere sempre nuovi articoli. Un pò li invidiavo, dovevo ammetterlo perchè avevano sempre delle grandi idee, sempre nuovi argomentazioni, probabilmente io non ci sarei mai riuscita per più di un paio di volte. Chiusi gli occhi alla domanda, riflettei con attenzione, prima di guardarlo con attenzione, le mani sul grembo posate, cercando di pensare e concentrarmi.
    «Praticamente non avevo mai incontrato nessuno dei fratelli Lestrange e francamente conoscerli è una parola grossa. Rabastan prima di allora l'avevo incontrato solo una volta, uno dei giorni del mio rapimento a capodanno, poi diverse volte al Mungo per i soliti controlli che erano diventati sempre più frequenti e poi quella notte. Nonostante sia stata nel covo del lupo durante il rampimento, non ricordo di aver incontrato suo fratello.» dissi guardandolo con strana serietà cercando di ricordare ogni dettaglio, le mani posate in grembo, che si torturavano, ma avevo deciso di portare alla mente più cose possibili, più cose che in quel momento potevano essere utili, ma non sapevo cosa potesse esserlo sinceramente «di quella notte posso dirti che continuava a fare allusioni sui reietti, che aveva capito che facevo il doppio gioco e aveva fissato la chiave. Per un attimo pensavo la stringesse e me la strappasse dal collo, ma per fortuna non l'ha fatto.. a parte che ha commentato che mi trovava un pò sciupata e mi meritavo di meglio in confronto a una chiave tenuta con uno spago, ma non la toglierei per nulla al mondo.» sorrisi, era la verità. Era la mia collana, la nostra collana. Era sempre stato così e sarebbe stato così per sempre. «Aveva deciso di leggermi in un secondo momento la testa, a voler sapere quanto più possibile da me a chi apparteneva il mio cuore, ha visto noi, l'amore che ho sempre provato per te e i sensi di colpa. Poi mi sono svegliata di soprassalto e avevo trovato un biglietto, dove diceva che mi avrebbe ucciso nel moemnto in cui mi avessero trovato e.. sapeva di te, non mi sono mai perdonata questa cosa, ma non sono mai stata un'occlumante.» deglutii e annuii quando aveva parlato che non dovevamo separarci. «Hai ragione, mi sono resa conto, per davvero che stavo facendo esattamente il suo sporco gioco, era quello che voleva. » perchè davvero avrei spinto in quel momento Bill a cercarmi, perchè l'avrei spinto in superficie per davvero.
    «Il nostro Daniel mi ha salvato la vita» sorrisi ripensando al fatto che l'avevo adottato grazie a Bill, che mi aveva convinto che sarei stata una buona madre per lui e a quel punto mi dissi che era un ottimo figlio, ma l'inedeguatezza di essere una buona madre, se ne sarebbe mai andata via? «è stato più coraggioso di me alla fine. Credo che abbia più carattere di quanto non ne abbia io» sorrisi un poco più rilassata guardandolo, pensando che c'era qualcosa che volevo dirgli e quel qualcosa, forse non c'entrava nulla, forse c'entrava tutto, ma volevo che sapesse cos'era successo a Daniel.
    «King mi aveva detto che.. Daniel lo aveva cercato, aveva avuto paura per me. Non mi aveva mai visto così e papà gli aveva detto di correre da te, e lui l'ha fatto, ha corso a perdifiato. Avrei dovuto parlarne con entrambi, siete le persone che amo più di tutti quanti, ma mi sono bloccata» le parole su Daniel erano uscite come un sussurro, mentre il riferirmi a King come "padre" era una cosa che mi veniva automatico nei periodi di forte stress, e King stesso non mi aveva mai corretto quando lo facevo, anche se ogni tanto si divertiva a ricordarmi che non era davvero mio padre anche se si comportava come tale, ma che era il mio padrino e mi avrebbe protetto sempre.
    cercai la mano di Bill febbrilmente, per stringerla forte e guardarlo negli occhi, accarezzandogli il volto.
    «Credimi se ti dico che non ti voglio perdere, se ti chiedo scusa, potrei anche mettermi in ginocchio e.. credimi se ti dico che ti amo più di ogni altra cosa a questo mondo e non vorrei che nessuno di voi soffra per colpa di una mia azione sconsiderata. Se un giuramento può esserti d'aiuto, ti giuro che parlerò con te per prima cosa, voglio affrontare ogni problema insieme, come una famiglia.. perchè siamo una famiglia, giusto?» dissi seriamente, anche se rischiavo di scoppiare in lacrime da un momento all'altro, prendogli la mano libera e guidandomela sul cuore che batteva a mille. Da una parte quello mi ricordava quanto successo con Lestrange, ma era un passo avanti perchè Bill era riuscito sin da quel giorno a toccarmi e l'avevo superato solo grazie a Bill, al fatto che mi aveva trovato in tempo, era riuscito a far si che la mia mente iniziasse ad elaborare tutto. La mia costante da quando ero poco più di una bambina, continuava a salvarmi. «forse dovrei ascoltarlo di più. Secondo te cosa dice?» chiesi come per stemperare la tensione che si era creata.

    Edited by Ehy Hope! - 11/10/2013, 11:18
     
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5 replies since 7/10/2013, 22:38   182 views
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