[storyline - NC17]: Il fiore del male ha il nettare migliore

1 genn 2009 - per Dott.ssa Taylor

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  1. Rabastan Lestrange
     
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    Rabastan Lestrange * Scheda * S.N.R.




    * Rifugio temporaneo * 1 Gennaio 2009 *

    Aveva progettato di farlo dal primo passo che lo aveva portato fuori dalla cella. Mentre tutto esplodeva intorno a lui, lungo quel corridoio che aveva imparato a memoria, visto da ogni angolazione del suo loculo, aveva contemplato un'immagine nella mente. La divisa, quella maledetta divisa carceraria avvolta dalle fiamme.
    L'inizio della sua...della loro migliore vendetta. Solo l'inizio.
    Aveva dovuto trattenere la sua impazienza, aveva dovuto attendere, ancora. Ancora, mentre l'esercito che aveva liberato tutti loro esponeva il piano del loro mandante. Ancora, mentre guardava con bramosia quella bacchetta, la mano sinistra che pulsava alla sua mente il desiderio di poterla impugnare, di poterla avere tra le dita.
    Ancora, mentre guardava i salvatori portare davanti a loro i primi auror catturati.
    Ed era stato il ritorno all'istinto, il liberarsi di tutta quella rabbia cieca che aveva sognato per anni di poter riversare su di loro, sugli aguzzini.
    La ruota gira, ragazzi.
    Com'era dolce la formula delle senza perdono sulle sue labbra.
    Ma aveva dovuto presto rientrare nei ranghi, il fratello che gli faceva cenno di attendere. La vera vendetta doveva ancora cominciare. Non aveva avuto torto. Rod e lui non avevano accettato di rintanarsi di nuovo in un nascondiglio, foss'anche per lasciarsi medicare le ferite degli scontri. L'adrenalina scorreva a fiumi nelle loro vene, l'estasi rendeva difficile trattenere quell'energia che solo lei sapeva produrre.
    Ma l'incarico che Lleddir aveva per loro era troppo importante per non toccarli nel vivo, aveva restituito loro quel vigore capace di annullare ogni dolore.
    Questa volta la vendetta sarebbe stata definitiva per loro...e letale per chi aveva creduto di poterli schiacciare.
    Le urla di Shacklebolt e di Potter sotto le Cruciatus del nuovo Ministro e le loro avevano colmato piacevolmente l'aria e ancora risuonavano nelle sue orecchie, mentre insieme al fratello si era affiancato alla sedia dalla quale il Primo Ministro aveva iniziato il suo annuncio alla Nazione magica.
    L'avrebbero avuta ai loro piedi, fautori del nuovo ordine. Sarebbero stati i cacciatori e castigatori di quelli che avevano osato opporsi, avrebbero stanato come topolini quelli che non si sarebbero subito arresi.
    Rod e lui, responsabili del corpo di polizia che avrebbe decretato la fine di quella feccia. Con calma, senza alcuna fretta.
    Assaporò per qualche attimo ancora il ricordo di quei momenti, il timore reverenziale misto a sollievo visto sui volti dei presenti nella sala, colpiti dall'incantesimo tessuto da Lleddir. Senza speranza di sfuggirvi.
    Poi, un'altra caccia nella notte, mentre i primi effetti dell'incantesimo si mostravano anche nella popolazione, colpita nel cuore delle loro case. Rod e lui avevano guidato la squadra che aveva stanato alcuni membri del vecchio Ordine. Che delizia imparare quale vita avessero costruito per loro i poppanti che a Hogwarts avevano creato loro tanti problemi, protetti da Silente e dagli adulti. Non più, oh...non più.
    Ora nuove urla di dolore riempivano l'aria, nei corridoi di quel rifugio...nell'attesa che Azkaban fosse risanata dopo la Presa e gli scontri di quella notte, per poter ospitare Rod e lui questa volta come Padroni. E i buoni al loro vecchio posto.
    Senti come gridano.
    Ascoltò quelle urla come le note di una sinfonia, prima di operare sul proprio corpo un esame attento e decidere infine di alzarsi. Aveva riposato a sufficienza, troppe le cose da progettare.
    Recuperò la divisa nella quale aveva rischiato di marcire. La strinse tra le mani, fissandosi nella mente la successione di rune cucita sulla stoffa grezza, che lo aveva definito come carcerato per anni. La mente completò in quei momenti un filamento della promessa che si erano fatti Rod e lui, alla fine di quella notte di riscatto e di piacere.
    Raggiunse il camino che dominava quella stanza, non sapeva nemmeno dove si trovasse la villa che nella luce grigia dell'alba si era affrettato a raggiungere, sfinito ma ancora elettrizzato. Gettò la divisa tra le fiamme e rimase a guardarla consumarsi, esorcizzando con il frenetico lavorio della mente il passato.
    Qualcuno era appena entrato nella stanza, non gli diede peso.
    Il momento era troppo importante e troppo prezioso. Un momento cullato per anni nell'immaginazione, custodita in una parte della mente che gli aguzzini non potessero raggiungere.
    Una capacità non era stata annebbiata dalla prigionia, tanto meno dalla stanchezza profonda che si sentiva addosso: i sensi risvegliati dall'adrenalina gli parlarono della paura che la persona appena entrata spargeva involontariamente nell'aria.
    Infine, lo spinsero a voltarsi, con un ghigno, indicando le garze e la pozione che la donna teneva tra le mani: << Certo se i dottori di Azkaban fossero stati come lei...la prigionia sarebbe stata più sopportabile. >> Il sorriso si spense sulle sue labbra così com'era venuto. << Entra e non disturbarmi. >>


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    Edited by Rabastan Lestrange - 6/9/2013, 15:43
     
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  2. Hope Taylor
     
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    Hope Taylor * Scheda * Curatrice



    Avevo perso il conto da quanto tempo ero lì: erano pochi minuti, ore, giorni? Non c'erano orologi, non sembravano nemmeno esserci grossi cambiamenti che potessero indicarmi se era giorno oppure sera. Intorno a me c'era solo sofferenza, c'era solo preoccupazione, un tremendo silenzio che veniva interrotto solo da qualche gemito. Alcuni dei presenti, quelli che avevano le ferite meno gravi, erano già stati curati e ora dormivano, il che aveva fatto si che il fiato sul collo si allentasse di un poco, dato che le ferite più gravi ora avevano la mia totale attenzione, infatti avevo iniziato quasi subito a lavorarci su. Chi mi aveva portato lì in quel rifugio, mi aveva detto che per avrei avuto un ultimo paziente, il più importante di tutti, prima di farmi riposare per un'ora circa, per poi farmi mangiare qualcosa. Tutto, ovviamente, dipendeva da come mi sarei comportata con lui.
    Ero stata mandata nella stanza, spintonata lettalmente dentro con tutto ciò che doveva servirmi. Avevo paura, davvero, perchè se avevo capito chi era quell'uomo era meglio se fuggivo con le gambe in spalla, ma qualcosa mi impediva di scappare, facendomi rimanere come una statua di cera all'ingresso. Avevo il cuore in gola e sapevo che mi aveva visto, sapevo che si era accorto della mia presenza ma non sembrava darci troppo peso, intento a vedere qualcosa bruciare nelle calde fiamme del caminetto scopiettante.
    Mi guardò con un ghigno che mi fece trasalire davvero e lo guardai, cercando di trovare un sorriso di cortesia, che non ero certa di essere riuscita a fare del tutto, forse anzi era un sorriso vero, forse perchè era l'unico che sembrava avermi vista per davvero.
    «Si.» fu la mia unica risposta. Se c'era qualcosa che avevo imparato in quelle poche ore in cui ero stata tra loro, era che non dovevo parlare. Dovevo lavorare senza dire niente, sperando di non fare niente che potesse indispettirli, ma soprattutto: la cosa che avevo capito e che avevo imparato quasi immediatamente era che dovevo essere invisibile.


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  3. Rabastan Lestrange
     
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    Rabastan Lestrange * Scheda * S.N.R.





    Una bella donna - pensò guardando i lineamenti, la pelle color caramello e gli occhi scuri, che non riuscivano a celare la paura.
    Naturalmente sarebbe stato pronto a rimangiarsi ogni valutazione positiva, nel caso fosse stata una mezzosangue, peggio ancora una dell'ordine. Perché una cosa era sicura: non si trovava lì per propria volontà.
    A che gioco si stava giocando con questa dottoressa?
    Lo infastidiva non avere ancora il controllo su queste cose, lo infastidiva profondamente essere stato fuori combattimento anche solo per poche ore. Ma davanti a lui aveva tutto il tempo di rifarsi.
    Tornò a guardare il camino, seguendo con la coda dell'occhio i movimenti della donna.
    Le ultime tracce della divisa e le rune con loro, vennero ingoiate dalle fiamme, spargendo nell'aria della stanza quell'odore che solo la stoffa grezza bruciata sa dare.
    Si accorse di essersi avvicinato alle fiamme forse un po' troppo, come in una sorta di trance che lo aveva portato a esporre al calore e alla cenere escoriazioni sul petto.
    Il Diffindo di quel maledetto Weasley. Una delle ultime cose che aveva potuto fare...una delle tante che avrebbe pagato nei giorni a seguire. Rabastan se ne sarebbe occupato personalmente, non appena Azkaban, la loro Azkaban, fosse stata operativa.
    Si toccò la ferita, che riprendeva a produrre sangue e a macchiare il bendaggio. Osservò la mano insanguinata alla luce delle fiamme, sorridendo sotto lo sguardo della donna, quasi invitandola...o sfidandola...a rompere il silenzio che lui stesso gli aveva ordinato.
    Poi lasciò perdere e andò a sedersi sul letto, facendole capire che ora poteva fare il suo lavoro.
    Non prima di aver specificato una cosa, stringendole il polso della mano che appoggiava in quel momento gli strumenti ai piedi del letto.
    << Sai cosa succederà se tenterai qualunque scherzo...>>
    Avvicinò il viso al suo collo, inspirando a fondo l'odore della paura dominata a stento. La prova che era un ostaggio, tra loro.
    Non conosceva ancora nulla di quella strega, ma raccogliere informazioni poteva diventare una valida alternativa alla noia, durante le medicazioni. Avrebbe concesso al tedio e all'inattività poco tempo, comunque.
    Con un sorriso quasi benevolo, si sdraiò del tutto, rilassandosi solo parzialmente.


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    Edited by Rabastan Lestrange - 22/7/2013, 13:13
     
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  4. Hope Taylor
     
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    Quell'uomo mi terrorizzava davvero, non so il motivo reale, ma forse era tutta la situazione in sè che mi mandava in panico. Avrei voluto fuggire a gambe levate, invece ero lì che lo fissavo veder bruciare qualcosa di suo, sembrava una camicia bianca, tuttavia in breve era diventato un brandello di stoffa e poi più nulla. Faceva caldo lì, soprattutto per la presenza di quel camino che non c'era nella stanza adiacente e penetrava persino nelle mie ossa infreddolite.
    Sapevo che mi stava studiando, che cercava di invitarmi a dire qualsiasi cosa per disubbidire al voto di silenzio che mi era stato chiesto di rispettare, ma non l'avrei fatto. Non l'avrei fatto fino a che lui non mi avesse rivolto delle domande dirette e solo in quel momento avrei rivelato qualcosa di me. Immaginavo che lui fosse un legimens, che potesse leggermi nella mente, perciò io non potevo difendermi dato che non ero mai stata predisposta all'occlumanzia.
    iniziavo ad esaminare le prime ferite, a cercare di curarlo, sotto lo sguardo serio dell'uomo, quando mi prese il polso chiusi gli occhi per un istante, deglutii e alzai lo sguardo su di lui. Annuii alle sue parole e non dissi molto, a parte una risposta che poteva essere assolutamente inutile in un frangente come quello. Eppure, dovevo dire qualcosa, in nome della mia sanità mentale.
    «Si. Ne sono consapevole, morte.» era quella la sentenza che mi si prospettava, l'unica sentenza che mi avrebbero potuto concedere, eppure. In quei momenti, non ci pensavo troppo, avrei voluto morire, certo, ma volevo tornare a casa dalla mia famiglia. Lasciai che lui respirasse il mio profumo, il suo respiro sul mio collo quasi mi fece trasalire: era un bell'uomo, ma aveva qualcosa che mi terrorizzava alquanto. Tenni chiusi gli occhi per un istante, notando che poi si sembrava essersi rilassato, presi a curare con pozioni e lozioni ogni ferita superficiale. La mia bacchetta era stata sequestrata e quando dissi che non avevo intenzione di usarla, sembravano molto più rilassati.
    In quel momento, il mio pensiero, prima saettò nella direzione della famiglia, quindi a Rodger e a Gary, ma aveva in qualche modo aveva raggiunto Bill e la sua famiglia: erano al sicuro?
     
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  5. Rabastan Lestrange
     
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    Rabastan Lestrange * Scheda * S.N.R.




    << Ottima risposta >> sogghignò, << molto saggia. >>
    Più di qualsiasi fitta di dolore, lo torturava l'attesa...ed era quasi sicuro che per il fratello fosse lo stesso, in qualunque stanza fosse ora. Li aspettava la ricostruzione del mondo magico, per lo meno di quella parte che il Primo Ministro aveva affidato loro. << Sarò il miglior paziente che tu abbia mai avuto. Devo essere rimesso in forze il prima possibile. >>
    Tempo da perdere non ce n'era e lo divertiva sottolinearlo - al contrario delle parole, pronunciate con calma - con piccoli gesti nervosi che lei dovesse gestire.
    << Dimmi...dottoressa, come ti chiami? >>
    I movimenti della donna erano rapidi, lo sguardo concentrato su quello che faceva per...probabilmente per non dover guardare in faccia lui. Ancora non rispondeva.
    << Stai pensando...ti stai chiedendo se convenga rispondere? >> Con un'occhiata le fece capire che sarebbe stato ancora più saggio da parte sua darsi una mossa. << La risposta è sì, non sono noto per la pazienza, in queste cose...da ferito son sempre stato ancor meno paziente. >>
    Bouchka aveva pensato a tutto, a quanto pare. In quel rifugio avrebbero avuto tutto il tempo necessario di occuparsi degli oppositori catturati - aveva detto loro quale ala della villa avrebbero potuto trasformare in prigione temporanea e lì gli ospiti erano stati rinchiusi. Premura doverosa...prima ancora di pensare al riposo e a come potersi medicare, prima ancora di scoprire che era stata trovata anche una guaritrice.
    << Avrai una famiglia...>> restando sdraiato, le sollevò il mento con due dita, obbligandola a guardarlo. << Una bella donna come te...>>


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    Edited by Rabastan Lestrange - 22/7/2013, 19:23
     
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  6. Hope Taylor
     
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    Hope Taylor * Scheda * Curatrice



    C'era una cosa che mi diceva sempre Bill quando qualcosa non andava. «È nei nostri momenti più bui che dobbiamo concentrarci per vedere la luce.» e in cuor mio sapevo quanto aveva ragione. Dovevo rimanere quanto più concentrata possibile, per me, per la mia famiglia. Per lui. Perchè era l'unica persona che avrei amato per il resto della mia vita e sarei tornata a lui in qualche modo.
    Abbozzai un sorriso quando mi disse che sarebbe stato il miglior paziente che poteva «Non ne ho dubbi e farò del mio meglio per rimetterla in sesto» dissi mentre cercavo di curare una brutta ferita. Sebbene avessi sentito la sua domanda, in un primo momento non dissi nulla, per finire di curare una ferita al braccio, quando poi lui mi guardò con attenzione, e mi alzò il mento con due dita.
    «Mi chiamo Hope Caine, sono sposata con Rodger Taylor.» dissi seriamente, guardandolo per poi aggiungere «Io non penso a nulla, a parte a fare bene il mio lavoro e.. so che ora devo fare in fretta.» sussurrai appena. In un'altra occasione, sarei stata lusingata. «E si, ho un marito e un bambino, si chiama Gary» dissi, tralasciando l'età e qualsiasi altra cosa che sapevo essere non era di interesse nell'immediato.


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  7. Rabastan Lestrange
     
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    Rabastan Lestrange * Scheda * S.N.R.




    Il cognome Caine gli ricordava in effetti qualcosa - ammesso e non concesso che la donna non stesse mentendo - ma sapeva di essere stato troppo a lungo il ragazzaccio dietro le sbarre perché il mondo magico non fosse cambiato completamente...non fosse caduto nel degrado, come Lestrange Senior aveva sempre sostenuto.
    Le sorrise, senza lasciarle il mento, e un istante dopo stava già iniziando a guardarla in un modo ben preciso, gli occhi puntati in quei pozzi scuri, così come la propria mente e il proprio potere scrutavano per trovare una breccia nella sua.
    La fitta che colpì la testa gli suggerì di non esagerare e per qualche istante la ascoltò, andando molto più cauto nel penetrare la rete di pensieri. Immagini sfocate, gesti di quotidianità con il marito e con il figlio si susseguirono nella memoria più esterna della donna, dalla quale cominciò ad avvertirsi il tentativo di barricarsi.
    La rabbia salì in lui come un fiume in piena, per quella debolezza che gli aveva prosciugato le forze e che gli lasciava solo intravedere nella mente della guaritrice quegli appigli che in condizioni ben diverse avrebbe varcato senza alcun problema.
    C'erano nodi di dolore nella testa della donna, c'erano intere aree...di dolore quelle che in tempi migliori avrebbe sondato in pochi istanti, divertendosi a rivoltarglieli contro. Sapere, sentire di non poterlo fare lo mandò in bestia.
    Le dita salirono ad afferrare le guance della donna e a stringere, stringere forte, mentre si alzava a sedere sul letto dimenticò quasi il dolore al fianco. Fu la collera verso le proprie energie in riserva a compensare la mancanza di energia, l'odio per tutte le volte in cui negli ultimi anni era stato lui l'interrogato, per tutte le volte in cui aveva potuto soltanto cercare di proteggere i propri ricordi, con una occlumanzia sempre più stentata, sempre più difficile.
    Perché Rabastan Lestrange non poteva ammettere a cuor leggero le proprie debolezze, con nessuno e nemmeno con se stesso. E forse era quella collera verso un se stesso che doveva ancora ritrovarsi, ad avergli dato un aggancio insperato.
    Un velo di disagio che nella testa della donna non riusciva più a coprire, a nascondere, un senso di colpa molto più pungente e invasivo.
    Guarda, la puttanella...
    << Stai pensando di tagliarmi fuori? Uhm? >> chiese in un ringhio, stringendo ancora più forte, le dita che premevano senza più fatica e che strattonarono vicino al suo il volto della donna. << E' la cosa peggiore che potessi decidere di fare. >>
    Strinse, strinse più forte, afferrandole una spalla con l'altra mano.
    << Non sei poi così pura e casta...La tua mente pulsa di senso di colpa...>> iniziò a giocare con lei, come qualcuno aveva fatto sulla sua mente, in una cella degli interrogatori di Azkaban...ancora...e ancora...


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    Edited by Rabastan Lestrange - 23/7/2013, 02:08
     
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  8. Hope Taylor
     
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    Ricambiavo il suo sguardo e quando mi sorrise, l'unico sorriso sincero che sembrava mi avesse rivolto, sorrisi guardandolo. Tuttavia, il sorriso mutò quando non mi lasciava andare e iniziavo a sentire la sua mente sondare la mia, sentivo quel contatto tra le nostre menti, sentivo il suo sguardo fisso su di me, che mi guarda con attenzione.
    Sentivo la mia intimità violata, fino a che ad un certo punto, beh richiamai un ricordo che non avrei voluto usare in quel momento, ma era l'unica cosa che effettivamente sembrava aiutarmi.

    Era da poco finito il settimo anno di Hogwarts e quel giorno avrei scoperto se io sarei stata idionea o meno ad entrare al San Mungo per iniziare a studiare come guaritore.
    «Bill, ho paura di non farcela.»
    Ero rimasta stretta a lui, mentre mi stringeva forte a sè e mi guardava con un sorriso, dopo avermi baciato la fronte.
    «Ci sono qui io, stai tranquilla, abbracciami forte. Andrà tutto bene, vedrai» fu la mia risposta. Sorrisi dandogli un bacio sulla guancia: perchè lui, Bill Weasley, era l'uomo della mia vita.


    Riuscii ad aggrapparmi a quel ricordo di qualche anno prima ai tempi della scuola, cercando di combattere quella rabbia, quella frustrazione che sentivo non mi apparteneva. Eppure, non so per qual motivo decisi di aggrapparmi proprio a quel ricordo: forse era l'unico ricordo che poteva farmi sentire meglio, ma peggio in un certo senso, perchè se l'avesse visto, poteva farmi male. Poteva fare leva su quello che provavo, come i sensi di colpa di cui decantava.
    «Mi sento in colpa per tante cose, non mi pare sia un delitto» sussurrai appena per poi aggiungere «Non.. non posso lasciarla fuori. Non sono un'occlumante» ammisi, sentendo il sollecito a parlare. Sentivo male ovunque, alle guancie, al viso, alla testa che pulsava come . Sentivo un dolore alla testa, per poi aggiungere «La prego, basta» anche se temevo che quella supplica in realtà servisse a ben poco.
     
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  9. Rabastan Lestrange
     
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    Rabastan Lestrange * Scheda * S.N.R.




    << Oh, no...niente affatto pura e casta...>> La lasciò finalmente andare, mentre sondava la sua espressione e scandagliava quelle poche immagine che fosse riuscito a cogliere. Tutte vorticavano attorno ad un ricordo al quale la donna si stava aggrappando con le unghie e con i denti. Almeno tanto quanto lui fu tentato di aggrapparsi alle poche regole da legilimens che si sentiva in grado di applicare al momento.
    Una situazione che iniziava a detestare e che nessuno avrebbe dovuto scoprire. Mai.
    Fu per questo che le ultime parole della donna lo indisposero - " Mi sento in colpa per tante cose, non mi pare sia un delitto. " - e minarono la sua già labile pazienza. La parola occlumanzia le diede infine il colpo di grazia.
    << Non.. non posso lasciarla fuori. Non sono un'occlumante. >>
    Il manrovescio voltò completamente il bel viso della giovane donna.
    << Non sei un'occlumante...Quindi sarei io ad aver fallito? >> La sua voce mentale urlò nella testa della donna...e questo sentì di essere riuscito a comunicarglielo appieno, insieme a tutta la propria collera.
    << Stai facendo di tutto per morire tra queste mura...E' una provocazione? >> Riprese la calma dopo lunghi attimi di una respirazione rapida e frammentaria, attimi nei quali aveva smarrito ogni voglia di riprovare...per ora, ma stava decidendo - con una determinazione che la guaritrice avrebbe fatto bene a non prendere sottogamba - che il tutto era soltanto rimandato. << Mi chiedo se avrai il coraggio di accettarne le conseguenze. Chi potrebbe esserci nelle celle qui sotto? Vediamo...il tuo caro maritino con il piccolo cioccolatino...di cui vai tanto orgogliosa, forse? >>
    Sorrise. << Forse loro non sarebbero più tanto orgogliosi di te, se sapessero...>>
    Aveva sempre giocato sulla propria imprevedibilità, sulla rapidità con cui un sorriso poteva cedere il posto al gelo più acuto. Solo che la donna sbagliava, se credeva di aver già imparato a comprendere quel gioco e il livello di crudeltà al quale sapeva portarlo.
    I Paciock avevano sperimentato l'inferno sotto di loro. Il volto insondabile di Rod, la precisione letale con cui colpiva...il piacere tutto personale che sembrava provare ogni qualvolta dalle proprie labbra uscivano la formula di una Senza perdono...La follia di Bellatrix, che ne distorceva i bei lineamenti...e lui, con quel viso dal quale le emozioni si cancellavano rapide come erano comparse, la mente che aveva già partorito un altro modo per divertirsi a spese della vittima.
    I Paciock lo avevano scoperto in quella notte lontana e il loro caro figlio stava per provarlo ora...insieme ai suoi cari amichetti con i quali aveva tentato di proteggere Hogwarts.
    Molti i conti da iniziare a chiudere. E tra le cose da fare c'era anche il terreno da recuperare perché quella debolezza tornasse ad essere presto solo un brutto ricordo. In tutti i sensi.
    << Quindi pensa pure a cosa puoi fare, per togliermi l'idea di andare a mostrare loro le tue colpe...ciò che sogni...>> disse facendole cenno di riprendere alla svelta il suo lavoro. << ...ma fallo in silenzio. Anche io ho...pazienti dai quali voglio andare il prima possibile. >>


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    Edited by B.Weasley - 23/7/2013, 16:21
     
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  10. Hope Taylor
     
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    Sorrisi appena, come se fosse un ghigno per quanto stava succedendo, eppure quell'espressione sarebbe durata davvero un mezzo secondo. Non avrei commentato oltre quando mi disse che non ero afatto pura e casta ed era vero: avevo amato un uomo, sposandolo probabilmente come ripiego, amavo un uomo che non potevo avere e che aveva una famiglia meravigliosa, mia sorella era morta e io non avevo potuto fare niente per lei. Insomma, la mia vita faceva schifo, forse preferivo davvero farla finita. La mia testa faceva male, la sentivo scoppiare ad ogni colpo d'ascia che l'uomo mi rivolgeva con il legimens. Mi accorsi aver parlato troppo, solo quando un rovescio mi fece voltare il viso e la guancia faceva male, delle lacrime comparvero istantanee sul mio volto.
    «Se da una parte mi piacerebbe, perchè mi toglierebbe un peso dal cuore. La morte per una persona come me quasi sarebbe un sollievo, ma no. Non era una provocazione e io non voglio morire qui, dato che vorrei solo proteggere mio figlio, dato che ogni cosa che accade ricade su di lui. Per questo motivo sono sicura che mio figlio non è qui sotto. Me l'avete giurato» dissi seriamente, anche se nel momento avevo davvero paura. Paura di vivere.
    «Non hanno nulla da sapere. Nulla.» dissi seriamente, con un sibilo. Non credevo che l'uomo avesse visto di Bill, non credevo che lui potesse aver visto qualcosa che avesse potuto leggere nulla su quell'uomo. Speravo che il mio segreto affondasse con me.
    Il problema fondamentale era che non avevo niente. Niente da offrire su un piatto d'argento, non conoscevo niente che potesse servire a lui o agli mangiamorte qualcosa di cui far vessillo. Tuttavia, annuii tornando a lavorare febbrilmente: avevo nausea e volevo andarmene via da lì il prma possibile.
     
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  11. Rabastan Lestrange
     
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    Rabastan Lestrange * Scheda * S.N.R.




    << Non hanno nulla da sapere. Nulla. >>
    Il commento di Lestrange a queste parole fu tutto nello sguardo, incredulo e derisorio. << Non ci si può fidare delle persone, di questi tempi. Se così fosse, le celle qui sotto non si sarebbero riempite così rapidamente >> la guardò intensamente.
    Azkaban si sarebbe riempita ancora più facilmente di quelle persone che avevano fatto calcoli a dir poco frettolosi, primi fra tutti quelli che si erano sentiti erroneamente al sicuro.
    Un paio di questi, nei sotterranei, stava aspettando proprio lui.
    I suoi nuovi giocattoli. Avrebbe dovuto dosarne la capacità di resistenza perché non esaurissero subito il divertimento.
    << Spero lei sia abbastanza sicura di quanto dice, Dottoressa Caine...>> utilizzò il cognome appena udito per farle presente che non l'avrebbe dimenticato facilmente.
    Si lasciò medicare restando in silenzio finché la donna non ebbe concluso l'ultima fasciatura e steso il dittamo su tutte le ferite. Le forze stavano tornando e non le avrebbe investite in altri tentativi di leggere nella sua mente...per ora.
    << E' molto brava nel suo lavoro. Potrei pensare di proporle un posto come Guaritrice nel carcere...quando sarà pronto. Sia pronta a ricevere una mia visita, non mi dimenticherò delle sue mani così...sicure ma delicate. >>
    Che fosse purosangue o avesse la magia annacquata nelle sue vene, quella donna gli sarebbe stata molto utile, in un modo che non poteva nemmeno immaginare, soltanto perché lui doveva ancora definirne i dettagli nella propria mente.
    Calma, la vendetta totale si preparava con calma, per poterla assaporare goccia a goccia come un vino pregiato. Ed era tutta da costruire.


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    Edited by Rabastan Lestrange - 6/8/2013, 15:08
     
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  12. Hope Taylor
     
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    La mia unica risposta alla sua fu pacata, pacata il più possibile mentre il mio sguardo reggeva il suo per quanto possibile. «Capisco» ammisi, per poi abbassarlo un istante. quando mi chiese se ero abbastanza sicura di quanto dicendo, annuii semplicemente.
    «Si signore» dissi annuendo, tremando appena quando mi chiamò con il mio cognome, avevo avuto la vaga sensazione che.. beh, si sarebbe ricordato per benino di me e non era una bella sensazione.
    «La ringrazio per queste sue parole molto lusinghiere, ma mi dispiace deluderla signor Lestrange, ma credo di essere portata solo con i bambini e.. non mi piacciono troppo le celle. Sono troppo buie e anguste» sorrisi cortesemente. Non soffrivo troppo di claustrofobia, ma ne venivo condizionata terribilmente nel mio lavoro, praticamente diventavo quasi paranoica e non mi faceva molto bene.
    «Vorrei solo, se possibile, continuare al lavorare al San Mungo, nel reparto di pediatria. Mi trovavo bene, lì» dissi cortesemente. Non era una richiesta, non era assolutamente nient'altro che una constatazione. Stavo bene in mezzo ai bambini, mi sentivo come in una grande famiglia, come in quella che ero cresciuta
     
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  13. Rabastan Lestrange
     
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    Rabastan Lestrange * Scheda * S.N.R.




    << La ringrazio per queste sue parole molto lusinghiere, mi dispiace deluderla signor Lestrange, ma credo di essere portata solo con i bambini e.. non mi piacciono troppo le celle. Sono troppo buie e anguste. >>
    Ma guarda? Davvero?
    Sbuffò con un sorriso alle parole della donna.
    << Mi piace la sua presenza di spirito, Dottoressa. Mi piace davvero molto. Decido di prenderla nel modo giusto, questa sua risposta. E questa è una vera fortuna per lei. >>
    Era una fortuna per lei se aveva già deciso come e su chi sfogare il proprio bisogno immediato di rivalsa.
    << Vorrei solo, se possibile, continuare al lavorare al San Mungo, nel reparto di pediatria. Mi trovavo bene, lì. >>
    Le chiese con un cenno come stesse proseguendo la medicazione.
    << Non vedo come potremmo non accontentarla, Dottoressa. Mi ricorderò di come sta mettendo da parte la sua paura...per fare comunque il suo lavoro. Il nuovo Ministro avrà bisogno di poter contare su persone come lei. Ora però...crede che possa alzarmi e iniziare a fare il mio lavoro? >>
    C'era un intero sistema da ripensare e riorganizzare, le prime ricerche dei fuggitivi sarebbero cominciate proprio dai primi dati che Rodolphus e lui avrebbero raccolto negli interrogatori.
    Interrogatori che questa volta avrebbero guidato loro. Era difficile decidere da quale riscatto far scattare per primo, da quale sguardo avrebbe voluto vedersi riempire per primo di terrore.
    Quello di una persona che aveva torturato la loro mente nella vecchia Azkaban dove loro esano stati i rinchiusi...quel volto avrebbe dovuto attendere...ma quando fosse stato il suo momento, Rabastan scommetteva che la soddisfazione avrebbe cominciato ad essere piena.
    Nel frattempo potevano iniziare a mostrare in altro modo la loro rinascita e a ripristinare la giusta gerarchia del nuovo mondo magico. Gli Auror catturati, i primi mezzosangue chiaramente vicini anche all'Ordine messo in piedi da Silente...ciò che restava del gruppo di ragazzini dai quali erano stati umiliati nel 96. Sì, avrebbe cominciato da lì.
    << Forse mi sono nascosto già troppo dietro queste ferite...per i miei gusti. Posso alzarmi, che dice? >>


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    Edited by Rabastan Lestrange - 6/8/2013, 19:14
     
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  14. Hope Taylor
     
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    * Hope Taylor - L I N K alla S C H E D A *
    I spent a lot of time with you thinking I was second best, but you know what? I am good.




    Lo guardavo in tralice, trattenendo quasi il respiro ogni qualvolta mi guardava, ogni volta che stava per aprire bocca.
    «La ringrazio» ringraziai nuovamente, se avevo capito una cosa lì dentro era che era il caso di ringraziare sempre e comunque, anche se non c'era niente da ringraziare.. a parte il fatto che ero ancora in vita.
    «Ho quasi finito, manca solo una piccola piccolissima medicazione» dissi mentre passavo l'ultima garza su una ferita che non si era ancora del tutto rimarginata. Probabilmente non l'avevo curata come si doveva dato il piccolo problema che avevamo incontrato prima.
    Lo ringraziai nuovamente per le sue parole, per poi ascoltare la sua domanda e annuii.
    «Si, certo. Può rimettersi sia in piedi sia riprendere a lavorare anche subito.» dissi tranquillamente. Non parlai, non dissi nulla che potesse dargli adito di volermi fare secca all'istante e fu lì che il mio pensiero vagò di nuovo verso Bill. Ero sposata da sei anni, eppure ero innamorata nonostante tutto dello stesso uomo da una vita e l'ultima volta che io e Bill ne avevamo parlato, gli avevo lasciato credere che avevo dimenticato i miei sentimenti per lui per stare bene, per andare avanti anch’io, ma la stupida, stupidissima verità era che io non ero mai andata avanti. Era vero che avevo conosciuto nuove persone, fatto nuove esperienze, mi ero sposata con Rodger e avevamo avuto un bambino insieme, ma Bill era sempre rimasto. In ogni riflesso, in ogni lacrima e in ogni sorriso. Sarebbe sempre rimasto e Rodger lo sapeva. Come ci si dimentica la persona che avevi amato e continui ad amare alla follia?
    Notato che finalmente la ferita si era rimarginata, ascoltai la sua domanda e gli sorrisi appena.
    «Si, ora può mettersi in piedi.» mi scostai appena «so che potrebbe essere una domanda stupida, ma dove posso buttare le bende sporche?»
    Nell'altra stanza, per non far mischiare le bende pulite da quelle sporche, avevo sempre una persona che mi seguiva, le gettava in un cestino e poi mano mano le faceva svanire, ma lì non vedevo niente di simile


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    Edited by Ehy Hope! - 12/8/2013, 22:47
     
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  15. Rabastan Lestrange
     
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    Rabastan Lestrange * Scheda * S.N.R.




    << Si, certo. Può sia rimettersi in piedi, sia riprendere a lavorare, anche subito. >>
    La donna rispondeva incredibilmente sempre nel modo giusto, forse aveva doti diplomatiche che lui non avrebbe dovuto sottovalutare, che avrebbero potuto essergli molto utili anche in futuro.
    La diplomazia significa a volte anche fingere ingenuità, lo sapeva bene...ma sull'intelligenza o la stupidità reale non si poteva ingannare facilmente, quando si era diventati dottori guaritori sarebbe stata molto difficile da far credere.
    E infatti lui non credeva che questa dottoressa non stesse pensando a cosa potesse succederle intorno. Sicuro come il sole a est che non l'avessero comunque chiamata a medicare i prigionieri, aveva tutta l'aria di sapere cosa stesse rischiando.
    E di rendersi conto di quale lavoro da svolgere lui stesse parlando.
    Si alzò non senza un attimo di fatica, ma apprezzando il fatto di poter restare in piedi quanto meno senza dover temere a ogni movimento di sentire del sangue colare.
    << ...dove posso buttare le bende sporche? >>
    << In una delle celle, nel caso manchino dei bidoni. >> Aprì la porta restando un istante sulla soglia. << Rivedrà presto la luce del sole, se continuerà a comportarsi così bene. Spero di poterla rivedere presto anche io, Dottoressa. Buon lavoro. >>
    Non attese alcun saluto, la lasciò al suo richiudendosi la porta alle spalle e sentendo ritornare la forza ad ogni passo che compiva lungo quel corridoio, verso le urla che al suo arrivo in una di quelle celle avrebbero ricevuto nuova ragione di essere. Il suo giocattolo per le prossime ore era stato scelto.
    << Signor Lestrange...>>
    Annuì all'uomo un po' tarchiato che stava uscendo e richiudendo la cella verso cui era diretto, come unico saluto ad una persona che aveva fatto fin troppo presto a passare dalla loro parte...per i suoi gusti.
    << La sua bacchetta? >> chiese, guardando dentro le sbarre della cella, riconoscendo la magia che vanificava ogni tentativo di fuga del prigioniero.
    << E' lì, sotto i suoi occhi...dove mi avete ordinato di metterla. >>
    << Bene. Puoi andare >> disse dopo aver sciolto il sigillo.
    Rimase qualche istante fermo, a guardare il corpo incatenato per i polsi a dondolare dal soffitto. Era sveglio, sentì il suo respiro affannato di chi cerca di controllare la paura, di chi la sente strisciare sotto pelle.
    Lo affiancò senza ancora guardare in alto, verso di lui, ma fissando come lui la bacchetta a terra.
    Vederla e non poterla più raggiungere.
    Il suo giocattolo doveva averlo scoperto provando e riprovando, saggiando così le prime misure di trattamento che loro avevano pensato di offrirgli.
    Un assaggio, solo un piccolo assaggio di ciò che lo attendeva.


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    Edited by Rabastan Lestrange - 10/8/2013, 08:01
     
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