Where freedom ends

per Jalyne

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  1. Nobody Janson
     
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    * Oswin Campbell *




    * Azkaban * Braccio B *

    Le guardie avevano annullato in parte il beneficio delle medicazioni appena eseguite nell'infermeria, afferrandola per i polsi l'avevano trascinata come un fantoccio, una bambola fastidiosamente grande - per quanto esile e ormai priva delle energie per reagire e cercare di sottrarsi alla loro presa.
    Nemmeno la cella dell'infermeria era stata un luogo in cui poter chiudere occhio. Il guaritore era un uomo silenzioso e seccato, che trasmetteva in ogni sua espressione o gesto il fastidio di dover medicare una detenuta inerme, capace a stento di trattenere i gemiti di dolore e intenzionata a tacere. Oswin si era rifiutata di rispondere ad ogni domanda, le aveva ritenute domande fatte unicamente per sottolineare la sua condizione. Che interesse poteva avere quell'uomo a sapere del suo sviluppo fisico, di quando il potere si fosse manifestato in lei?
    Lei stessa non riusciva più a ricordare quando fosse riuscita a sperare ancora di poter uscire di lì...certo non poteva interessare a lui o a qualsiasi altro guaritore o guardie che lavorasse in quell'inferno.
    C'erano diversi tipi di inferno, da quando si trovava lì era semplicemente passata da uno all'altro. L'inferno di quel dolore che si rinnovava, di quella lama che anche nella sua immaginazione, anche quando riusciva a chiudere occhio per pochi istanti, continuava a scavare nel palmo della sua mano. L'inferno era lo sguardo di quella pazza, che continuava a fissarla negli incubi, anche quando non la trovava a guardarla da oltre le sbarre della sua cella...come aveva fatto uno dei Lestrange prima di ordinare il suo trasferimento.
    L'inferno era quel compagno di cella che trovò ancora nello stretto loculo dove la rinchiusero. Gli davano il cibo con ancora meno frequenza, sembrava che la pazza lo volesse affamare, anche se - mentre le guardie chiudevano con un incantesimo la grata di acciaio - Oswin vide che qualcosa era cambiato. Mentre lei era chiusa in infermeria, avevano stranamente medicato anche lui, scucendogli le labbra...ora libere, ma sempre così livide che dovevano rendergli penoso qualsiasi movimento.
    Il ragazzo - ancora non riusciva a pensare per più di un istante che una persona potesse, per quanto folle, aver trasformato il fratello, il sangue del suo sangue, nel proprio giocattolo - era rannicchiato all'altro angolo della parete di fondo. Il suo corpo era scosso da spasmi e gemeva anche nel sonno.
    Oswin non era mai stata un esempio di generosità, aveva sempre saputo di non possedere una sola oncia di quel senso materno che invece era facile vedere in Clara.
    Non si illuse di poterlo aiutare, mentre valutava la lunghezza della catena che la confinava all'anello infisso nel pavimento. Probabilmente gli si avvicinò anche con un moto di fastidio, ma lo fece. Riuscendo ad arrivare al braccio ossuto della figura sdraiata a terra su un fianco, fece appena in tempo a posarvi sopra la sua mano bendata.
    Si ritrasse con uno scatto di terrore, facendole pentire subito di quel gesto. Strisciò ancora di più lontano da lei, fissandola con gli occhi sgranati e diffidenti, scuotendo la testa con un gemito senza nemmeno cercare di articolare una risposta, ormai troppo abituato probabilmente ad averle serrate, sigillate.
    Anche volendo, non ci sarebbe stato tempo di tentare di rassicurarlo, Oswin si accorse troppo tardi della presenza fuori dalle sbarre. La bionda li guardava, senza ancora entrare, affiancata da un uomo con la divisa diversa da quella delle guardie. Un uomo che portava una cassetta, impugnandone la maniglia di ferro con la mano destra, restando in attesa.
    Oswin restò in silenzio, senza ancora tornare al suo angolo continuò a fissare quelle due figure da dietro le sbarre.


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    Edited by Nobody Janson - 1/11/2013, 23:10
     
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  2. ~Miss Jalyne
     
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    Jalyne Halia McRuner
    2HelenaUn cagnolino deve solo eseguire i comandi del padrone.
    Quando ti dirò di abbaiare, tu lo farai.



    Stava in silenzio dietro quelle sbarre, nascosta nell'unico angolo buio che le permettesse di osservare all'interno della cella senza essere vista.
    Era ferma, immobile, da almeno cinque minuti e la guardia al suo fianco la osservava con fare spaesato. Non comprendeva le sue azione e Jalyne non lo pretendeva affatto. Un uomo con troppo poco spirito di iniziativa non poteva comprendere le ragioni delle sue decisioni. Lei voleva vedere come si comportava Teddy. Lei desiderava sapere come si erano evolute le cose durante quelle giornate che avevano passato insieme quei due. Era curiosa di sapere se la convivenza sortiva l'effetto sperato.
    Un ghigno compiaciuto dipinse il suo volto tirato quando vide la donna avvicinarsi a suo fratello. Il suo cuore, per un attimo, balzò fuori dal petto per la gioia e subito dopo cadde a terra, venendo calpestato dall'idiozia di quell'essere ignobile che doveva chiamare fratello. Credeva di essere stata abbastanza chiara durante la piccola riunione che avevano avuto prima di portarlo in cella. Glielo aveva ripetuto infinite volte: "Devi fartela amica! Devi fare in modo che lei si preoccupi per te. Sii carino e gentile. E' persino una bella ragazza, sai?"
    Chiuse gli occhi, in cerca di calmarsi e cancellare quell'orribile visione dalla sua testa.
    Quando spalancò le palpebre, scossa da un brivido freddo lungo la schiena, notò che la Campbell la fissava. Bene! L'aveva notata. Il suo volto si deformò in una smorfia terrificante. Le sue labbra cercarono di inarcarsi verso l'alto, quasi desiderose di sorridere, sortendo l'effetto contrario. La parte inferiore della sua faccia sembrava disegnata da un bambino di cinque anni: una riga a forma di mezza luna al posto della bocca.
    Come la prima volta, un acuto rumore stridulo si propagò per la piccola stanzetta putrida. Le sue lunghe unghie graffiarono il metallo che formava la porta della cella e una risata sadica si liberò dal suo petto.
    << Smet.. Smettila. >>
    Fu Teddy a sussurrare quella parola, con fatica e il fiato corto. Respirava appena e cercava di tapparsi le orecchie con le mani morte che penzolavano alla fine delle sue braccia.
    Jalyne era fiera di riscoprire che le ossa dei polsi erano ancora rotte e dolevano come la settimana prima.
    La supplica del giovane si perse nell'aria, soffocata dal suono sordo che riecheggiava per tutto il corridoio. Qualche prigioniero più avanti urlava di terrore; di altri poteva udire i singulti strozzati. Musica per le sue orecchie.
    Con un gesto della bacchetta, tutto finì nell'istante in cui si aprì la porta della cella. Jalyne fece entrare la guardia che teneva tra le mani la valigetta e poi varcò la soglia, inspirando a pieni polmoni la paura che decretava la loro sorte.
    << Buongiorno miei cari. Spero che il vostro soggiorno sia stato dei più... Gradevoli. Oggi... E' un nuovo giorno per entrambe, mia cara. Colgo l'occasione per presentarti il nostro amico. >>
    fece un cenno della mano, balzellando affianco alla guardia silenziosa. Gli posò una mano sul braccio, quasi fossero amici di vecchia data, e scoppiò a ridere per la seconda volta.
    << Lui è il signor Ago. Non è il caso che tu sappia il nome che aveva un tempo. Da qui in avanti, ricorderai il suo volto la notte. O forse preferisci sognare ancora il mio? >>
    con un ghigno, le fece capire che sapeva... sapeva che persino il dormire era reso difficoltoso dalla sua presenza. Come faceva a saperlo? C'era un incantesimo per tutto nel nuovo mondo e lei non aveva di meglio da fare la notte.
    Con un altro piccolo cenno di polso, le dita strette attorno alla bacchetta, le braccia della giovane si ritrovarono in posizione orizzontale, inchiodate al muro.
    << Non posso esaudire i tuoi desideri, mia cara. Da oggi... Sarò sempre con te. E tu... Tu, alla fine, smetterai di mentire e ribellarti. >>
    stava tergiversando mentre il Signor Ago preparava tutto l'occorrente, fingendo una lentezza che lei gli aveva chiesto prima di arrivare alla cella quella mattina. Jalyne amava i momenti di pausa. Erano quelli a rendere tutto più.... Spaventoso. I carcerati non comprendevano cosa accadesse e si agitavano... Sì... lo facevano perchè la paura era una bestia che tutti avevano e pochi controllavano.


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  3. Nobody Janson
     
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    * Oswin Campbell *




    * Azkaban * Braccio B *

    Le era occorso un autocontrollo enorme, immane...per andare oltre la paura e restare ferma mentre i due si avvicinavano alle sbarre e infine le aprivano, ancora di più quando aveva visto la bionda entrare e intimorire il suo compagno di cella con la sola presenza.
    Non faticava a capire quanto il dolore lo avesse alla fine reso succube dell'Inquisitrice e il terrore che provava era proprio quello di essere caduta nella stessa identica trappola. Glielo anticiparono quella luce negli occhi scuri della donna e quel sorriso che spaccava le labbra sottili, un ghigno inquietante su un viso che pareva quello di una bambola.
    Sussultò, sentendo crollare il proprio autocontrollo sotto la nuove ondata di tensione, quando li raggiunse l'urlo di un altro detenuto, dall'estremità del corridoio...un urlo che non aveva più nemmeno un timbro riconoscibile come maschile o femminile, distorto com'era dal dolore e dalla disperazione.
    Un urlo che le penetrò pelle e ossa, che la scosse fino a farla tremare come una foglia mentre l'uomo entrato con la sua aguzzina posava a terra la valigetta e ne estraeva una bacchetta che catturò la sua attenzione. Una stilettata di dolore le attraversò ogni nervo, mentre il braccio della folle puntava di nuovo verso di lei.
    L'incantesimo non ebbe alcuna pietà dei suoi tentativi di resistergli, divaricò le braccia di Oswin ancorandone i polsi alla parete dietro di lei, due anelli che si aggiungevano in un secondo momento a paralizzarle anche all'altezza dei gomiti.
    Strattonò nel panico, ottenendo come unico risultato quello di ritrovarsi a digrignare i denti per lo strappo.
    Decise con gli ultimi residui di calma di sostenere lo sguardo divertito della bionda, che non aveva nome per lei...soltanto quel sadico potere di entrarle nei sogni ormai da diverse notti.
    Non capiva dove volesse arrivare, ma non aveva più energie per fare altro che scuotere la testa alle sue parole.
    << Non sto mentendo, non...Ho detto tutto quello che...Cosa fate? Cosa fa-? >>
    L'uomo si stava risollevando e le si avvicinò con lentezza, senza alcuna pietà sul volto inespressivo, mentre la donna continuava a dire cose che Oswin non riusciva a capire.
    << Cosa...>>
    L'uomo le afferrò il braccio sinistro, rigirandoglielo dolorosamente avvicinò alla sua pelle la punta di quella bacchetta, che iniziò a incidere poco sotto il suo gomito piccoli segni lineari e dolorosissimi. La stretta dell'uomo si faceva sempre più micidiale ad ogni respiro, sorda a ogni suo tentativo di sottrarvisi, ad ogni sua richiesta di fermare quel dolore.
    La figura dell'uomo chiusa sopra di lei le copriva ogni angolo della cella, così come il dolore aveva ingoiato ogni altra sensazione.
    Lunghi brividi la scuotevano, prendendole anche le gambe che ormai iniziavano a cedere. Sarebbe crollata a terra se non vi fossero state le catene a costringerla al muro umido e pieno di crepe.
    La puntura precisa sulla sua pelle divenne tortura, un picchiettare acuto e insistente che si portò via gli ultimi barlumi di lucidità, tanto che presto non fu in grado di riconoscere le proprie urla, di distinguerle da quelle degli altri prigionieri, quelle urla che tanto deliziavano la donna e spingevano il detenuto a coprirsi le orecchie rannicchiandosi in un angolo della cella.


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    Edited by Nobody Janson - 10/11/2013, 19:01
     
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  4. ~Miss Jalyne
     
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    Jalyne Halia McRuner
    2HelenaUn cagnolino deve solo eseguire i comandi del padrone.
    Quando ti dirò di abbaiare, tu lo farai.



    Si ritrovò a sbuffare tante di quelle volte che la poca pazienza conservata quella mattina andò a farsi friggere all'istante. Non ne poteva più di sentire urlare quella donna dalla voce troppo acuta. Certo... Era stato bello in un primo istante, in cui la paura era padrona, ma adesso... Ora erano urla di dolore e lei non tollerava queste reazioni. Il dolore era un dono: un piacere che tutti avrebbero dovuto amare. Tutti compresa la ragazza che stava sotto il signor Ago, intento a dipingere su una tela completamente bianca.
    Il sangue che colava dalle incisioni fu un toccasana per Jalyne, evitandole un'esplosione d'ira che avrebbe provocato parecchio danno. Vide i rivoli colare con dolcezza e gli sbuffi si trasformarono in sghignazzi di eccitazione. Ci voleva davvero poco per renderla felice, no?
    Attese con ansia che quell'artista manovrato finisse il proprio compito. Mancava pochissimo. Le rune erano praticamente finite e Ago stava semplicemente applicando l'ultima onda di piacevole decisione. Lo vide posarsi una mano sulla fronte per asciugarla dal sudore e sorrise. Era vecchio, forse troppo, ma era bravo nel suo lavoro nonostante lo considerasse un traditore inferiore.
    << Signor Ago, può andare. Chiuda la porta. >>
    attese che l'uomo riponesse la bacchetta e uscisse dalla stanza, richiudendosi le sbarre alle spalle, prima di voltarsi verso la giovane. Le aveva detto Lestrange di comportarsi meglio e così aveva fatto con quell'uomo, evitando di buttarlo fuori dalla cella con un calcio. Si chinò sul braccio su cui brillavano le rune e sentì le proprie ginocchia sfregare contro la nuda pietra.
    << Perfetto... >>
    sussurrò una sorta di litania breve e la sua bacchetta prese le stesse sembianze di quella di Ago. Nuove rune, di poco più piccole delle altre, si andarono a posare alla fine della successione, incidendo la pelle. Il nome "Jalyne Halia McRuner" brillò in rune cucite sulla pelle arrossata della giovane.
    La strega sentì la magia fluire dal suo braccio fino alla bacchetta, mentre la mente della Campbell si apriva a lei.
    << Che piacevole sensazione. Da oggi avrà inizio il tuo addestramento. Abbiamo solo tre settimane per trasformarti completamente. Tutto ti sarà spiegato a tempo debito. Per ora... >>
    Jalyne le diede due schiaffi alla faccia, sperando che si riprendesse e scostò la bacchetta da lei, per puntarla su Teddy. Il corpo quasi inerme del ragazzo si sollevò e si posò affianco a quello della ragazza.
    Jalyne non aveva alcuna intenzione di spiegare alla signorina Campbell cosa erano in grado di fare quelle rune, nè quale fosse il modo migliore di placarle. L'avrebbe allenata a resistere al dolore. Le avrebbe insegnato ad amarne le varie sfaccettature, prima di plasmare il suo volto e il suo essere.
    Con un movimento di polso, pronunciò un incantesimo e la mano sinistra della giovane venne liberata. Un altro colpo di bacchetta fece apparire un grosso ago e dello spago.
    << Adesso... Io ti ordino di cucire la bocca a Teddy. Prendi ago e spago e inizia a cucire. >>
    le fece un cenno della mano e liberò anche l'altro braccio legato dalle catene.
    Si sedette a terra, a distanza di sicurezza dai due, pronta a bloccare qualsiasi strano tentativo da parte della ragazza. Sì... Da quella posizione c'era una fantastica visuale del terrore che illuminava i loro volti. Teddy tremava come una foglia, conscio di essere stato usato per l'ennesima volta. Ma era troppo debole per poter lottare.


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  5. Nobody Janson
     
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    * Oswin Campbell *




    * Azkaban * Braccio B *


    L'uomo che la strega aveva chiamato Ago continuò il suo lavoro imperterrito, indifferente alle sue grida che una puntura dopo l'altra scemarono in gemiti.
    Incontrò i suoi occhi e li trovò apatici. Benché fosse del tutto concentrato nel suo macabro lavoro, non v'era vitalità in quelle iridi circondate da rughe, non più di quanto ve ne fosse in quelle di qualunque detenuto di quelle celle, dove la vita se ne andava giorno dopo giorno.
    Non lo pregò, non chiese che tutto questo smettesse se non nella propria mente, dove gli ultimi attimi di lucidità furono di rifiuto al pensiero di vedere il risultato di quel lavoro, anche quando l'uomo uscì dalla cella su ordine della bionda.
    Nobody non aveva più alcuna energia, nemmeno per sobbalzare quando la donna si avvicinò al suo braccio - bruciava come se fosse avvolto dalle fiamme - e evocava un nuovo incantesimo, accostando la bacchetta alla sua pelle già segnata.
    Le nuove rune allungarono la successione verso il polso, uno spettacolo che Oswin avrebbe volentieri evitato, ma che entrò nel suo campo visivo.
    Marchiata come un capo di bestiame. Un numero.
    Fu allora che accadde.
    Sentì la bionda sogghignare e nello stesso istante la sentì entrare nella propria mente, partecipe del suo orrore per quello che stava vedendo. L'inchiostro scuro spiccava sul braccio magro e livido, che Oswin non poté fare a meno di guardarsi.
    La testa scoppiava di dolore per il crescente sforzo di tenere fuori la presenza della donna...era una battaglia senza speranza, lo capì quando due schiaffi le voltarono la faccia, uno dopo l'altro. Le orecchie fischiarono dolorosamente, ma la lucidità ritornò. Sarebbe stato meglio non lo avesse fatto, sarebbe stato meglio poter scivolare nel nulla e non scoprire con ancora maggiore certezza che quella donna era dentro la sua mente.
    Sarebbe stato meglio non sentire i suoi pensieri come l'altra poteva fare con lei...non sentire la crudele soddisfazione con la quale la informava di quello che sarebbe venuto. Era qualcosa che andava oltre ogni umana comprensione, anche per quell'inferno in cui continuava a cadere.
    Non aveva più voce, Oswin, furono gli occhi a rivelare tutto il suo sgomento quando vide levitare verso di lei l'altro prigioniero, del tutto incapace di reagire - tanto meno di opporsi - all'incantesimo che lo trasferì accanto a lei.
    Sentirsi liberare prima un braccio poi l'altro non alleviò il dolore. Rendersi conto di quello che la bionda torturatrice ordinava raddoppiò il panico e le strappò in una sola parola strozzata la voce e il fiato.
    << Cosa? >> Scosse la testa, rifiutandosi di pensare a una cosa simile.
    Aveva deciso di voltare le spalle alle follie dei Zabini, quando se ne era andata dalla loro casa per tentare di ritrovare Clara. Aveva deciso che avrebbe fatto un ultimo tentativo di ritrovare dentro di sé la Oswin di cui poter essere orgogliosa.
    Non avrebbe fatto una cosa così orribile, non avrebbe potuto farla nemmeno ad un corpo abbandonato della vita. Non avrebbe obbedito a quella pazza.
    Il modo in cui la vide sorridere suggeriva che lei era sicura, era certa che alla fine lo avrebbe fatto. E vide quel sorriso allargarsi sempre di più, un istante prima di trovarsi piegata per il dolore, le braccia strette attorno al ventre, a rantolare a terra per un dolore che la donna poteva sentire nella sua mente.
    Cosa le stava succedendo?


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    Edited by Nobody Janson - 22/11/2013, 21:51
     
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  6. ~Miss Jalyne
     
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    Jalyne Halia McRuner
    2HelenaUn cagnolino deve solo eseguire i comandi del padrone.
    Quando ti dirò di abbaiare, tu lo farai.



    Come pagine di un nuovo libro, appena comprato, la mente della giovane si apriva a lei in una maniera impressionante. Non era la prima volta che incideva le sue rune su un prigioniero, ma quella mente.... Era così diversa. Non fraintendete, ogni mente non era nemmeno lontanamente paragonabile ad un'altra, però quella.... Quella era qualcosa di incredibilmente strano. Il desiderio di allontanarsi da tutto quello si assottigliava sempre più, soffocato da un senso di ribellione che Jalyne amava. Quell'ordine che le aveva dato non era altro che un modo per farle capire dove poteva arrivare quello strano dolore che albergava nel corpo smorto di Oswin. Sì, ora sapeva che lei era Oswin Campbell, grazie ad un pensiero legato agli Zabini. Quei bastardi non erano degni di poter essere chiamati "purosangue". Jalyne aveva passato giorni ad indagare sul loro passato, alla ricerca di una piccola macchia nel sangue che tanto decantavano. Era convinta che persone così stupide non potessero veramente essere alla pari di uomini come i Lestrange o come se stessa.
    << Come come? Ti stai rifiutando di eseguire un mio ordine? >>
    la voce soave che proruppe nel silenzio di quella stanza rese quelle domande retoriche ancora più agghiaccianti di quanto la prigioniera potesse sperare. Ogni lettere, ogni espressione e ogni sospiro venne accompagnato da una fitta di dolore. Jalyne potè sentirlo aumentare ad ogni battito di ciglia e non fece altro che gioire di questo.
    << Lo senti, mia cara? Senti come cresce dentro di te? Senti come attraversa le vene del tuo corpo, propagandosi dalla punta delle dita fino al cuore. Quel piccolo organo, a breve, smetterà di pompare sangue e sprigionerà tanto dolore da farti diventare pazza. >>
    scosse il capo recitando perfettamente la parte della donna afflitta da quella situazione, ma non si mosse di un millimetro.
    Teddy, ancora steso a terra, tremava con evidente terrore, sicuro di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco. Nessuno poteva passarla liscia quando Jalyne manteneva un'apparente calma. Non era una di quelle persone avvezze all'accettare un "no" come risposta. Era più la tipica donna che prendeva ciò che desiderava, senza nemmeno chiedere, affatto preoccupata di poter fare del male.
    << Ti prego, Rose. Smettila! >>
    quella supplica si sprigionò come un rantolo dalle labbra livide del ragazzo, impossibilitato nei movimenti e affatto convinto di star facendo una cosa buona. Sapeva di non voler essere la causa di altra sofferenza ed era certo che Jalyne avrebbe giocato sull'istinto protettivo che lui provava, ma era giunto il momento di porre fine a quella follia. O almeno.... Poteva provarci.
    << Aaaah... Teddy, quante volte devo dirti che quel nome è Odioso? >>
    la rabbia si propagò nell'ultima parola, terminando con un urlo acuto emesso dal giovane. Qualcosa alla base del suo collo, qualcosa che prima non era stato possibile vedere, si illuminò di un bel rosso sangue. Le stesse rune che dipingevano il braccio di Oswin erano stampate sul collo di Teddy e sembravano quasi infuocate. Il dolore lancinante smorzò il poco fiato del ragazzo, costringendolo a piegarsi in due ai piedi dell'altra prigioniera.
    << Ora... Vediamo di fare un po' di chiarezza. O tu gli cuci le labbra, o sarò io a cucirle a te. Subito dopo averlo ucciso nel modo peggiore che io posso conoscere. Sono stata abbastanza chiara? >>
    ancora non si mosse. Era certa che bastassero quelle minacce per rendere cristallino il suo punto di vista su quella giornata appena iniziata. Sorrise e, comunque, decise che era meglio divertirsi ancora. Un'altra fitta colpì il ragazzo, che si contorse a terra, battendo la testa sul freddo pavimento in pietra, forse convinto di poter soffocare le fitte. Nello stesso istante, anche la mente di Oswin esplose in nuove scaglie di acuto dolore, portate dall'impazienza di un'inquisitrice annoiata.


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  7. Nobody Janson
     
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    * Oswin Campbell *




    * Azkaban * Braccio B *


    << Lo senti, mia cara? Senti come cresce dentro di te? Senti come attraversa le vene del tuo corpo, propagandosi dalla punta delle dita fino al cuore. Quel piccolo organo, a breve, smetterà di pompare sangue e sprigionerà tanto dolore da farti diventare pazza. >>
    Il dolore era tale da strapparle il fiato, le fitte nella mente pulsavano al ritmo delle parole della torturatrice, picchi di nausea accompagnavano quelle stilettate e la inchiodavano a terra, i muscoli rattrappiti dalle ondate di dolore che non le permettevano più alcun movimento cosciente. Semplicemente il corpo non rispose a nessun ordine del suo cervello, completamente prigioniero del dolore che lo consegnava all'esame della strega. Ne sentiva la presenza e questa consapevolezza occupava ogni cellula, ogni angolo della sua mente.
    Il significato delle parole tornò a farsi sentire raggiungendola da lontano, la minaccia della donna che si spostava sul prigioniero senza per questo abbandonarla del tutto, anzi facendole sentire ora anche la sofferenza di questo e quanto lei ne godesse, soprattutto dall'istante in cui il ragazzo cercò di fermarla.
    Voci lontane, ingoiate da ondate di dolore, soffocate dalla collera della bionda che divampò e punì, riducendo anche il detenuto - dopo Oswin - ad un corpo accartocciato a terra.
    << Ora... Vediamo di fare un po' di chiarezza. O tu gli cuci le labbra, o sarò io a cucirle a te. Subito dopo averlo ucciso nel modo peggiore che io posso conoscere. Sono stata abbastanza chiara? >>
    << Non...posso farlo...>> scosse la testa, arrivando quasi a soffocare per il nuovo picco di dolore che la trafisse. Un tremore di altro tipo, una successione di spasmi ravvicinati le strappò nuove urla. La testa calva del ragazzo era ora a pochi centimetri da lei, che metteva a fuoco la vista sempre più faticosamente, vedendo soltanto chiazze di colore. Una di esse, sul collo dell'altro detenuto, alla base del cranio, si espandeva attorno a rune tatuate come sul suo braccio. << Non posso...>> Non riusciva, non voleva credere che la crudeltà di una persona potesse arrivare a tanto.
    La voce del ragazzo, ormai diventata un gemito, si spezzò in un singulto, quando una sua mano dalle dita ridotte ad artigli, le afferrava un polso gridando con quella debole presa la sua preghiera.
    Il sogghigno della donna si allargò nella mente di Oswin, mentre l'orrore cresceva senza fine. Era nelle mani di una pazza...e stava riuscendo ad annullare con il dolore ogni possibilità di conservare la propria lucidità.
    << Fa...llo...>>
    A quale colmo di dolore e di disperazione doveva essere arrivato da tempo quel ragazzo, per ridursi a chiederle di obbedire e cucirgli le labbra per la seconda volta?!
    << Non...>> Nuovi scatti tesero il corpo di Oswin, ma questa volta il dolore non allontanò dalla sua mente lo sguardo lucido di folle sofferenza dell'altro prigioniero, puntato su di lei. Un rivolo di sangue scorreva dalla tempia, nemmeno la contusione contro il pavimento della cella era valso a distrarlo dal dolore portato dall'incantesimo del tatuaggio, proprio come non avrebbe mai permesso a lei di sfuggire a quella punizione.
    La mano di Oswin si chiuse tremando sull'ago e sul filo comparse davanti a loro.
    La soddisfazione della loro torturatrice ebbe un guizzo divertito, mentre la guardava rialzarsi con fatica, strisciare verso il compagno di prigionia, che ormai rantolava nell'indietreggiare verso un angolo gelido e lercio.
    I nervi pulsanti di dolore, tentò di trattenere come poteva la presa sull'ago, rialzandosi in ginocchio e avanzando con gli occhi arrossati di lacrime verso il fagotto che era diventato l'altro detenuto, specchio di ciò che presto sarebbe diventata lei.
    Sarebbe arrivata a convincersi che fosse la cosa da fare? Ogni gemito che proveniva dalle sue labbra era spezzato e sempre più esile, mentre le labbra blueastre dell'altro venivano chiude dalle sue dita operose. Voleva che tutto questo finisse, voleva che quell'orrore finisse il più presto possibile.
    Quando terminò si volse verso la donna, rivolgendo l'ago verso di sé, all'altezza del cuore. Così, così doveva finire quell'errore continuo che era stato la sua vita. Non c'era risalita dopo aver accettato di compiere un orrore simile.
    << Sei contenta? E' l'unica cosa che mi vedrai fare!>>
    Ma ogni centimetro delle sue mani, ogni muscolo, gridò un nuovo dolore. Nuovo e insopportabile.


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    Edited by Nobody Janson - 7/1/2014, 20:39
     
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  8. ~Miss Jalyne
     
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    Jalyne Halia McRuner
    2HelenaUn cagnolino deve solo eseguire i comandi del padrone.
    Quando ti dirò di abbaiare, tu lo farai.



    Leggeva il terrore negli occhi della giovane. Vedeva le sue vene pulsare sotto il sottile strato di pelle e ammirava le gocce di sudore freddo che ricadevano sul suo corpo esile. Era quello che serviva: paura, terrore, il desiderio di una fine imminente. Tutto quanto serviva per renderla un giocattolo nelle mani di una donna più forte. Lei era il suo carceriere per ora, ma presto... Presto sarebbe diventata un padrone da amare incondizionatamente nonostante le bastonate. Quella giovane forse non sapeva cosa le riservava il futuro ma Jalyne era a conoscenza della sua sorte. La sognava con occhi spalancati e assaporava il dolore che scuoteva la sua mente. Come un fiume in piena, rise di gioia quando Teddy la pregò di fare ciò che diceva. Il suo piano funzionava come mai aveva fatto e adesso non restava altro che adagiarsi ad ammirare la penna che si posava su un foglio bianco. Riscrivere un'anima non era cosa da poco, nè una cosa da tutti ma Jalyne era brava a farlo. Lasciarli soli, dentro quella cella putrida, era uno degli esperimenti più riusciti. Lui si stava preoccupando per lei e lei... Lei aveva i sensi di colpa. Per ora bastavano. Erano tutto ciò che serviva per andare avanti con quella tortura psicologica.
    La vide muoversi lentamente, prendere ago e filo e cucire la carne viva sotto i gemiti soffocati di un Teddy stanco. Sì, lui era stanco di esistere. Stanco di essere sempre trattato come un oggetto. Aveva passato una vita intera a rimpiangere la sua nascita e molte erano le volte in cui aveva chiesto a sua sorella di morire. Jalyne d'altro canto non era pronta a lasciarlo andare. Lui era utile più da vivo che da morto e l'avrebbe tenuto in vita.
    << No che non sono contenta. Non sarò contenta fino a quando non sarai tu stessa a pregarmi per potergli fare del male. - la osservò dalla sua comoda postazione, con gli occhi sbarrati e uno strano desiderio nello sguardo. Era certa di ciò che diceva tanto quanto era sicura di essere ciò che era. - Lo farai mia cara. Ti inginocchierai e mi chiederai di farlo soffrire solo perché il dolore smetta. Devi sapere che, non opponendo resistenza, non sentirai alcun dolore. Ogni volta che non ti ribellerai alle mie richieste, il dolore se ne andrà, lasciando dentro di te un senso di libertà che non provi da molto tempo. Vuoi fare una prova? Vuoi vedere se mento o meno? >>
    con un languido gesto della mano, il filo che poco prima stava nelle labbra di Teddy, si sciolse dal nodo e scivolò via dalla carne, volteggiando fino alle mani della ragazza. Rimasto a mezz'aria, non portava alcuna goccia di sangue su di sè. Sembrava nuovo.
    << Forza... Prendilo e cuci di nuovo le sue labbra. Prova a non ribellarti. Fallo e basta. Sgombra la mente da ogni pensiero e cuci come se stessi attaccando un bottone o facendo un orlo a un vestito. Su. Non costa nulla tentare no? >>
    la voce di Jalyne, un tempo cupa e fredda, adesso era un misto di gentilezza gratuita e suoni trasognanti. Chiunque avesse sentito quella parte di discorso e non potesse vedere ciò che aveva davanti agli occhi, le avrebbe creduto senza alcuna remora. Forse, persino una come Oswin Campbell avrebbe tentato per far tacere il fuoco che bruciava le vene e spezzava il respiro.


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  9. Nobody Janson
     
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    * Oswin Campbell *




    * Azkaban * Braccio B *

    Il dolore questa volta le rivoltò completamente lo stomaco, rispondendo al gesto con cui stava avvicinando l'ago al proprio cuore.
    Ogni muscolo, fino a quelli di cui non sospettava neppure l'esistenza o la capacità di gridare il loro dolore, parve atrofizzarsi e rattrappirsi di fronte a quel gesto, terrorizzati.
    Cosa le era rimasto di umano? Cosa le era rimasto di proprio, se non poteva più nemmeno decidere quando morire...
    Non aveva voluto credere alle voci che aveva sentito quando si trovava ancora nel braccio A, quando non c'era ancora stata quella visita che le aveva confermato quale fosse il motivo per cui era stata arrestata, chi ci fosse veramente dietro la sua condanna.
    Gli Zabini l'avevano sempre considerata sacrificabile, un giocattolo da usare e poi scaricare lungo la strada, appena avesse osato dire un no. Eppure nei primi giorni Oswin non aveva ancora capito di cosa fosse capace quella famiglia che aveva creduto di poter...servire? Sicuramente l'illusione di poterne fare parte da pari non era rimasta a lungo nella sua mente. Ma questo non significava che non avesse mai sperato di poter essere almeno rispettata.
    La risata sprezzante della sua compagna di cella, nel braccio A, aveva iniziato ad aprirle gli occhi, ma erano state quelle che all'inizio aveva creduto fossero solo dicerie...a farla rabbrividire. Parlavano di celle dove si entrava per non uscirne mai più, di luoghi che inghiottivano la tua mente, la tua dignità.
    Ora sapeva in quale modo.
    Ora sapeva che quelle persone non avevano nessun limite agli strumenti che potevano usare per spezzare la volontà di un detenuto, ora sapeva che quella donna non si sarebbe posta limiti di alcun genere. Il dolore stava raggiungendo picchi che nessuno avrebbe mai creduto possibili, al tempo stesso la voce della bionda iniziò a farsi pacata e sommessa, quasi...soave, in contrasto profondo con il dolore che scuoteva le meningi di Oswin e che già l'aveva fatta accasciare, a meno di un metro dal prigioniero che non osava fare nulla per aiutarla.
    << Non...non riesco a respira...>>
    Aveva fuoco nelle vene, fuoco nei polmoni, ogni pulsazione sembrava voler farle esplodere le tempie, insieme al petto, in un corpo trafitto da spasmi che la ridussero a inarcarsi, a terra, l'ago caduto ormai da una mano tremante.
    Il dolore si accentuò quando lei credeva, sperava, fosse già arrivato il livello insopportabile, quello che avrebbe portato la parola fine. Non fu così, una voce nella sua testa rise di questa che era ormai una sua speranza.
    Non morirai quando lo vorrai tu.
    Una scintilla di dolore mutò in rabbia, quando Oswin sentì nuovamente il prigioniero prendere le sue difese. La rabbia era verso se stessa, per il non riuscire a mettere fine a tutto, verso se stessa per essersi illusa che la sua vita potesse cambiare...
    Ma fino a che questa rabbia puntò verso Oswin, il dolore continuò a crescere e lei capì che non si sarebbe più fermato e che l'avrebbe portata al confine con la morte senza lasciarglielo mai oltrepassare.
    << Ti ucciderò...un giorno ci riuscirò! >> gridò, provando a rivolgerlo nuovamente contro la donna, che impassibile la guardò rantolare a terra, rischiare di affogare nel suo vomito.
    Le fitte alla testa e gli spasmi non avevano fine, non conobbero quiete fino a che - le braccia strette intorno alla vita, il volto coperto dai capelli aggrovigliati e sporchi, Oswin non alzò lo sguardo, giurando a se stessa che non sarebbe morta come un essere strisciante ai piedi di quella donna.
    Dal dolore può nascere umiliazione, oppure una rabbia che forse permetta di mettere da parte l'orgoglio...fino al momento in cui ci si potrà davvero risollevare, quando il tallone si sarà sollevato dal tuo collo, quando il padrone allenterà per errore il suo giogo.
    Le mani tastarono il terreno, ossute e nodose, quasi prive di forza ma tenaci nel cercare l'ago e il filo sotto lo sguardo attento della strega.
    Il dolore al marchio restò alto, continue fitte come il passare dell'energia elettrica in cavi che rischiano da un istante all'altro di bruciare, sovraccarichi. Rinsaldare la presa su quell'esile filo di acciaio e poi rialzarsi per avvicinarsi alla figura spettrale e incredula fu la cosa più difficile che Oswin ricordasse di aver fatto.
    La sua fu una reazione di rabbia, di sfida alle parole della bionda, senza la minima intenzione di crederle vere, ma soltanto la decisione ormai ferrea di giocare l'ultima partita il più lucidamente possibile.
    Non disse più nulla, Oswin, non una sola parola di rifiuto, o di disobbedienza uscì dalle sue labbra mentre riprendeva a cucire le labbra di nuovo libere dell'altro detenuto. Fece di tutto perché la loro aguzzina non potesse accusarla, di tutto perché i propri movimenti potessero sembrare pieni di fervore e di convinzione, senza la minima ribellione.
    La risata si placò nella sua mente, lentamente quelle fitte scemarono, lasciandole tregua...mentre cucendo e portando dolore al prigioniero fantasma, lei stessa lo diventava sempre di più.



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    Edited by Nobody Janson - 16/2/2014, 20:38
     
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  10. ~Miss Jalyne
     
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    Jalyne Halia McRuner
    2Helena

    Una storia ha bisogno dei suoi cattivi

    per essere una vera storia.



    Sentiva tutto. Poteva udire i picchi di rabbia che si incrociavano col desiderio di morire. Provava sensazioni che lei stessa riconosceva come sue. L'ingiustizia di certe situazioni; la paura data da certi atteggiamenti; la mancanza di respiro a causa di un dolore troppo forte. Jalyne le conosceva bene. Sapeva quanto potevano essere imponenti quei sentimenti, come sapeva quanto potessero diventare fatali all'uomo. Era conscia di star tirando la corda e sapeva che le sole torture non avrebbero portato a nulla di buono. Sapeva bene che doveva dare di più a quella prigioniera che non comprendeva la sua innata importanza in quel luogo. La guardò mentre ricuciva la bocca di Teddy e sorrise sommessamente, compiaciuta della quiete che si espandeva nelle loro menti connesse. Il dolore provato da suo fratello era l'unica macchia nera in un lago di immenso candore.
    Attese che finisse, conscia di non poter rovinare un lavoro perfetto, e ripassò a mente tutti gli insulti che le aveva riversato solo quella mattina. Ah! Era una giovane forte e Lestrange aveva ragione a tenerla in vita. Jalyne non poteva chiedere una bambola migliore per la sua collezione. Per un attimo, la sfiorò il pensiero della sua gemella. Chissà come si sarebbe comportata Clara in quella situazione. Scosse il capo per scacciare via quelle idee, sicura che l'avrebbe scoperto presto. Molto presto.
    Con un gesto della bacchetta scansò Teddy in un angolo, incatenandogli le caviglie al pavimento con dei pesanti anelli di acciaio e si dichiarò pronta a cominciare con quello che tanti chiamavano "lavaggio del cervello".
    << Allora Oswin... Oggi sono venuta qui anche per raccontarti una storia. - si fermò un attimo e notò che la sua mano si era sollevata senza alcun consenso; due dita erano alzate e non una come aveva sperato. Sospirò e si guardò le unghie nere, notando che lo smalto si era sbeccato appena. Perse alcuni istanti per mordicchiare una pellicina ribelle e poi riprese il controllo di se stessa, segnando ancora il numero due con le dita. - Ok, sono due le storie ma non so se sia il caso di raccontartele tutte oggi. Comunque... La prima storia inizia con una famiglia. Una famiglia di purosangue, o almeno così si fanno chiamare loro. Sono i Zabini come bene avrai capito. Ti racconto ciò che posso aver compreso da questi tuoi racconti un po' sporadici e da quello che ho potuto vedere in questi ultimi periodi. Tu... vivevi con loro. Ti fidavi di loro. Hai creduto in loro, abbandonando la tua cara dolce sorella. - fece un'altra pausa e notò che questa volta aveva alzato un sopracciglio e sorrideva malignamente nel ricordare Clara Campbell che si spacciava per Oswin - L'altra storia è su tua sorella, tesoro. Ma dopo! Ci sarà tanto tempo per parlare anche di lei. Come hai notato, ti credo. Credo che tu sia Oswin e per questo voglio darti un'occasione. So bene che la vuoi. Lo sento nella tua testa. Qualcosa lì dentro grida vendetta verso i Zabini e io ho parlato con Lestrange in persona. Mi ha detto che posso farlo! Mi ha detto che possiamo farti entrare nella nostra grande famiglia e aiutarti a vendicarti di una famiglia di bugiardi, ignobili, viscidi esseri che dovrebbero stare qui al tuo posto. Sai... Sono stati loro a mandarti ad Azkaban. Ti ha portata Ezra insieme a suo figlio. Loro ti hanno lasciata nelle nostre mani dicendo che eri una bugiarda, che stavi combattendo contro di noi e contro tutto quello che di buono stiamo creando nel mondo magico. Tu hai visto le ingiustizie che abbiamo dovuto sopportare in questi anni noi maghi. Tu sai che la lotta che stiamo portando avanti è la lotta giusta. Noi stiamo cercando di proteggere il mondo magico dalle persone che non ne comprendono il vero potenziale. Se solo potessi vedere come va bene adesso là fuori. Se solo sapessi come le famiglie si sentono al sicuro quando escono. Persino gli alunni di Hogwarts sono felici. Io so che tu non ci hai traditi. L'ho visto nella tua mente. So per certo che è colpa dei Zabini se sei qui. C'ero quando ti hanno scaraventata con poca grazia davanti a Lestrange, rivolgendoti le accuse peggiori. All'inizio ti abbiamo portata nel braccio A, convinti che loro mentissero, poi sono stati così bravi. Oh, se solo non avessero portato quei testimoni a parlare con me e con Lestrange. Hanno fatto le cose per bene! E io adesso voglio che tu possa riscattarti! Voglio che tu possa avere l'occasione di restituire loro quello che ti hanno fatto. Puoi vivere tra i grandi maghi, passando a testa alta. Puoi stare tra gli Zabini e gli altri come una loro pari. Puoi essere la strega che hai sempre meritato di essere. Ho visto quanta forza hai. So quanto è grande il tuo desiderio di vendetta verso di me e capirò se non mi crederai ma... >>
    fece una pausa, come se davvero comprendesse quello che provava Oswin. Ovvio! Era stata nella sua mente mentre lei soffriva le pene dell'inferno e aveva visto l'odio che covava. Sapeva che qualcosa si sarebbe smosso. Che fosse poco o molto. Che sperasse di poter usare quella scusa come vendetta su Jalyne o che desiderasse veramente vendicarsi degli Zabini, non importava. Non poteva ribellarsi a Jalyne, nè poteva scappare da lei con quel marchio. Era cerca che, alla fine, tutto si sarebbe riversato su quella famiglia di stolti inutili esseri.
    <<...... Sappi che sono gli Zabini i tuoi veri nemici. Io posso aiutarti. Io posso smettere di farti provare dolore. Posso ridarti la vita che avevi prima. Anzi... Posso dartene una migliore. Posso farti provare emozioni che nessuno mai riuscirà a donarti e soprattutto... Posso aiutarti a trovare la pace contro i nemici che adesso sono più forti di te stessa. >>
    E con quello terminò. Incrociò le braccia al petto con soddisfazione. Per tutto il discorso non aveva staccato gli occhi dalla giovane nemmeno una volta. Non aveva tentennato nè fatto un passo falso che potesse mostrare menzogna. In fondo, molto di quello che aveva detto era vero. Altro invece era semplicemente un'aggiunta. Ma si sa.... Nelle storie narrate a voce, c'è sempre qualcosa di più. Qualcosa che non c'era nelle versioni precedenti. Non credeva affatto che Lestrange o qualcun'altro si potesse arrabbiare se questo serviva a raggiungere lo scopo.



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  11. Nobody Janson
     
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    * Oswin Campbell *




    * Azkaban * Braccio B *

    Come se non avesse nemmeno notato il gesto che lei aveva tentato di compiere, la bionda si era occupata di immobilizzare di nuovo l'altro prigioniero e ora...ora il suo tono si fece quasi suadente, quasi sincero nel parlare di quanto era accaduto e di come era stata formalizzata la sua condanna.
    Sapeva che cercavano e avrebbero continuato a cercare Clara, sapeva che tutto l'orrore di quel sistema era appena all'inizio. Gli Zabini lo avevano sfruttato per farle pagare il suo abbandono, con la sua consegna si erano tolti di mezzo lei credendo di ritornare nelle grazie del Ministero.
    Probabilmente, invece, molto presto si sarebbero trovati loro stessi a occupare una di quelle celle. Oswin non aveva alcuna energia né alcun desiderio di gioirne. Lei non sarebbe stata presente, perché se non fosse riuscita a liberarsi, sarebbe morta. Avrebbe trovato il modo di porre fine a quel dolore e nell'attesa era disposta anche a lasciar credere alla strega di averla convinta, di averla sottomessa.
    << Posso ridarti la vita che avevi prima. Anzi... Posso dartene una migliore. Posso farti provare emozioni che nessuno mai riuscirà a donarti e soprattutto... Posso aiutarti a trovare la pace contro i nemici che adesso sono più forti di te stessa. >>
    Doveva solo riprendere le forze e avrebbe sopportato meglio anche il dolore. Che credesse pure di poterla comandare e costringerla a pensare come voleva lei. Le avrebbe dimostrato che si sbagliava...che l'odio che provava verso di lei sarebbe stata l'arma della sua vendetta.
    << Mi volete usare contro di loro...>>
    Credeva davvero che non avrebbe tentato la fuga, se fosse stata mandata di nuovo in quella maledetta famiglia? Lo avrebbe fatto...dopo aver ucciso Blaise e soprattutto Ezra. Li avrebbe uccisi nel modo più doloroso possibile e dopo loro, sarebbe stata la volta di chi credeva di averla trasformata per sempre in una schiava.
    Quello che immaginò di fare all'Inquisitrice si abbatté su di lei come un maglio. Ampie ferite si disegnarono dal nulla sulle braccia e sul collo, facendola di nuovo crollare a terra. La risata della bionda si fece ancora più odiosa, mentre Oswin ormai boccheggiava per il dolore, sempre più difficile controllare quella rabbia che si stava rivoltando contro di lei.
    << Ancora non hai capito, ma capirai presto. Io sono l'unica persona che può far cessare questo dolore e fino a che immaginerai di uccidermi, sarai tu a rischiare perché io certo non ti priverò del dolore che hai meritato. Quando avrai iniziato a comprendere, sarà iniziata la tua rieducazione. Io non ho fretta. >>


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    Edited by Nobody Janson - 16/2/2014, 22:06
     
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