Il silenzio degli innocenti è fastidioso quanto il pianto di un neonato.

Oswin x Jalyne

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  1. ~Miss Jalyne
     
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    3Helena



    * Jalyne Halia McRuner. *
    Il lungo viaggio che ti attende,
    sarà un'esplosione veritiera di un bel rosso intenso.





    Braccio B * 09/09/09 * Interrogatorio

    << Ti ho detto di smetterla, Havis! Non ho tempo adesso per stare a sentire le tue cavolate. Vai a giocare con qualcun'altro... >>
    i ricci biondi ondeggiavano su e giù sulla schiena rigorosamente coperta da una maglietta stravagante. I suoi anfibi producevano uno strano rumore sordo ad ogni passo, perciò Jalyne cercò di camminare il più piano possibile, spostandosi ogni due pietre a destra e ogni tre a sinistra. Tentava di trovare i punti in cui il rumore non era percepibile, in modo da non avere alcun fastidio supplementare.
    Parecchie volte, mentre passeggiava per quei corridoi, si ritrovò ad allargare le braccia a causa del suo corpo sbilanciato. Rideva, ogni volta che succedeva. Rideva di gusto fino a fermarsi e chinarsi a terra per evitare che le venisse il mal di pancia. Aveva bevuto il suo solito thè corretto e vi aveva aggiunto qualche fiala di troppo, forse...
    << Te l'avevo detto di non berne così tanto! Poi mi agito anche io e inizio a diventare fastidiosamente irresistibile. >>
    vide Havis passarsi una mano tra i lunghi capelli e scosse il capo, ridendo ancora. Se lo immaginò vestito da donna, intento ad aggiustare la sua folta chioma con qualche fermaglio. Si lasciò scappare un singulto e gli ripetè i suoi pensieri, solo per vedere crollare la sua virilità da maschio alfa.
    << Mi dispiace ma... mi è stato affidato un incarico serio oggi. Devo essere al massimo delle mie energie e capacità. >>
    gli fece l'occhiolino e decise di punto in bianco che il rumore prodotto dai suoi anfibi le piaceva. Saltellò di qua e di là per altri due o tre corridoi, tenendo le mani dietro la schiena e un sorriso infantile quanto inquietante sul viso.
    Le pareti marce che la circondavano erano un contrasto sempre crescente con la sua persona, linda e profumata, come appena uscita da una doccia. Le urla di terrore e i mugugni soffocati dei prigionieri rinchiusi nelle moltepli celle che superava ad ogni passo erano un pugno nell'occhio alla sua felicità isterica. La morte che i suoi occhi dipingevano ad ogni battito era eguale al terrore che la sua prigioniera doveva provare.
    << Mi spieghi chi è che devi interrogare? Oggi ci si diverte, visto che siamo nel braccio B. >>
    Havis, che la seguiva da quasi mezz'ora, si era finalmente deciso a mostrare tutta la sua curiosità. Jalyne sogghignò e si avvicinò ad una delle tante guardie di quel luogo.
    << Campbell. Deve essere interrogata in data del 9 Settembre del 2009, alle ore 09.09 del mattino, da Jalyne Halia McRuner, strega purosangue. Bacchetta il legno d'acero, nucleo in corde di cuore di Drago, 10 pollici e 1/2, rigida. Ultimo incantesimo pronunciato: Crucio. Se volete controllare, tenete. >>
    tese la sua bacchetta, sua fidata amica e compagna, ad uno dei tizi che stavano lì e si voltò ad osservare Havis, facendogli capire che non era il momento di rispondere alle sue domande.
    << Cella numero 9, signorina McRuner. >>
    la bacchetta ritornò tra le sue mani in un batter d'occhio e le venne dato l'ordine di procedere. Mancavano ancora dieci minuti all'inizio dell'interrogatorio, perciò Jalyne se la prese con calma. Svoltò un angolo e zampettò un po' verso le porte sbarrate delle celle, senza badare a chi vi fosse chiuso dentro.
    << E' una certa Campbell. Dice di essere Oswin Campbell, ma noi sappiamo che Oswin Campbell è in giro per Hogsmeade. E' quella stupida ragazzina che ha rilevato la Testa di Porco. Non so se la ricordi. Comunque... Sappiamo anche che Campbell aveva una sorella di nome Clara. C'è stato detto che Clara era morta durante la nostra magnifica vittoria nella Notte dei Cristalli. A quanto pare.... Devo scoprire chi delle due sia questa qui. Insomma... Quale delle due mente spudoratamente e cerca di prendersi gioco dei nostri signori. Ci sarà da divertirsi Havis. Anche se... Non so proprio come mai ci sia finita nel braccio B. A parer mio, non è un essere così importante. >>
    si fermò davanti alla cella numero 9 e sghignazzò, posando una mano sulle labbra. Era giunto il momento di iniziare con il divertimento. Era tutto ciò che aveva desiderato da qualche giorno a quella parte. L'eccitazione saliva come una vampata di calore. Attraversava tutto il suo corpo e la sua schiena fremeva di aspettative.
    << Comunque... E' una purosangue. Non sprecare il suo essere, mia cara. Potrebbe volersi divertire qualcun'altro con il suo corpo. Tu devi occuparti solo della sua anima. E' quello che ti riesce meglio, d'altronde. >>
    Havis bisbigliò quel piccolo rimprovero e posò le labbra sulla fronte della giovane donna, con un sorriso compiaciuto stampato sulle labbra. Quanto lo odiava quando faceva il maestrino della situazione, eppure... Era sempre stato così tra loro, perciò non potè fare altro che dargli ascolto.
    Le sue unghie si posarono sulla pietra affianco alla cella e, con l'aiuto di un piccolo incantesimo, il loro raschiare stridulo si espanse all'interno del sudicio abitacolo, aumentando di due ottave. Non era ancora giunto il momento di entrare dentro. Era appena iniziata la tortura psicologica che precedeva il vero interrogatorio.




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  2. Nobody Janson
     
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    * Nobody *
    citazione citazione citazione citazione




    Il braccio rachitico, pieno di lividi sotto una pelle grigia e trasparente, era sbucato fuori dalle sbarre gelide e sporche quanto lui.
    Oswin lo aveva guardato con una luce disperata negli occhi, mentre veniva trascinata dai due secondini.
    Le sembrava di penetrare, di sprofondare in un incubo sempre peggiore, sempre più cupo. La speranza di potersi difendere era rimasta - debole, ma era rimasta - anche quando nel quartiere generale della squadra che l'aveva catturata l'avevano trasferita in quel nuovo palazzo.
    Libera dal cappuccio, aveva tirato un sospiro di sollievo quando si era ritrovata nel cortile di un palazzo qualsiasi, non ad Azkaban. Allora era stato facile credere di avere ancora speranza. Non le avevano dato ancora possibilità di difendersi e di spiegare che era una purosangue e conosceva una importante famiglia di maghi - non c'era alcuna ragione che sapessero che dai Zabini se n'era andata di propria volontà e non certo in modo pacifico - ma era anche vero che non c'era alcuna accusa nei suoi confronti.
    Avrebbe potuto cercare Clara quando tutto fosse finito...in fondo lei sapeva che la gemella non era morta, come Clara doveva sapere che non lo era lei. Le poche notti passate in mano della Squadra dei volontari dell'Ordine non erano servite a farsi ascoltare da loro, ma non erano state poi così terribili.
    Una mattina però - doveva essere mattina, ma poteva solo supporlo a causa della poca luce che lasciavano penetrare nella cella - aveva visto una figura avvicinarsi alle sbarre. Quando aveva riconosciuto Blaise, aveva capito che non era lì per aiutarla. Nemmeno per prenderla in casa e far valere il diritto dei Zabini a punirla, da ingrata qual'era. Poteva già prevedere cosa avrebbero fatto e...lo aveva quasi sperato.
    La speranza aveva iniziato a morire quel giorno, quando l'aveva guardata per un paio di minuti, in silenzio, un sorriso sprezzante e disgustato che la squadrava dall'alto in basso. Un esame che non aveva sentito nemmeno il bisogno di accompagnare con un saluto, una predica, un addio.
    Nessuno, per lui e per la madre lei era già nessuno. Li sentì parlare del suo futuro come se stessero decidendo il destino di un ratto. Peggio, di una cosa inanimata, qualcosa che avrebbe potuto trasmettere loro le peggiori malattie se solo l'avessero guardata per un altro istante.
    Era stato quello l'inizio della fine.
    Era stato nel sentire l'indifferenza del primo uomo che l'aveva interrogata senza in realtà ascoltarla...una volta dopo l'altra, quando l'avevano trasferita su quel battello dopo una breve e dolorosa smaterializzazione. Era sbiancata nel sentire l'acqua sotto i piedi, il legno del battello scricchiolare nell'ululato del vento notturno, quando aveva compreso dove la stessero portando.
    Per non scoppiare a piangere, aveva preferito iniziare a imprecare e lo aveva fatto come un'ossessa, portando le guardie a decidere di imbavagliarla e in un secondo momento a sedarla. Non aveva reso loro le cose facili, quando avevano deciso di farle assumere una droga. Avevano dovuto schiantarla.
    Quando aveva capito che non l'avrebbero più lasciata parlare per sé, che non l'avrebbero più ascoltata, divenne la furia che si aspettavano di vedere in lei sin dall'inizio. Erano sollevati quando la trascinarono giù dal battello fin dentro il ponte levatoio che ingoiava i detenuti. Azkaban.
    Ogni pensiero di Oswin prese a vorticare attorno ad una sola idea: avrebbe fatto morire loro prima che dovesse accadere a lei, nella sua lotta contro di loro non ci sarebbe stato quartiere. Rise nel sentirli dichiarare che non avrebbe avuto cibo, non ebbe reazioni quando le dissero che non avrebbe dovuto rivolgere la parola a nessuno.
    Si accucciò in un angolo della sua cella e divenne la tigre feroce cui riversare addosso sguardi disgustati. Osservava attenta il loro andirivieni lungo i corridoi del braccio A, carpiva tutte le informazioni che poteva e le tratteneva in sé.
    Riuscì a resistere così fino all'arrivo di quell'uomo, dal quale si scoprì osservare nella penombra. Per un tempo infinito, in silenzio, senza battere ciglio.
    Lei lo guardò da sotto i suoi capelli scarmigliati e sporchi, rannicchiata nell'angolo della cella.
    << Deve essere interrogata. >>
    << Signor Lestrange, lo abbiamo già fatto. >>
    Un fruscio fuori dal mantello, un raggio rosso porpora e una figura che si torceva a terra, in preda a urla e scatti.
    Oswin trattenne il respiro, dominando come poteva la folle gioia che si mescolava alla paura.
    << Interrogata da uno dei miei, nel braccio B. Procedete. >>
    Il respiro le era morto in gola.
    Voci sul braccio B erano state impossibili da ignorare, anche nel poco tempo da quando era stata rinchiusa lì. Era il terrore viscerale di ogni detenuto.
    Mani esperte nell'insinuarsi tra le sbarre l'avevano afferrata e immobilizzata sotto lo sguardo imperscrutabile di quegli occhi chiari. Lestrange. Doveva ricordarsi di averla vista a casa Zabini. Ne era sicura.
    Questo fu per Oswin la prova che non ci sarebbe stato nulla, per lei...nulla, se non la fine che i Zabini avevano deciso per la traditrice.
    Iniziò a mordere tutto ciò che trovava, iniziò a scalciare e a sputare, prima che un manrovescio le voltasse la faccia e la mandasse a terra come una bambola rotta. Le braccia le erano state incatenate da dietro la schiena, un attimo prima di strattonarla e farle attraversare - afferrata per i capelli, sospinta e trascinata - un lungo corridoio che le aveva aperto direttamente davanti il braccio B dell'immensa torre.
    E lì, dopo averla costretta a spogliarsi e a passare sotto una doccia bollente sotto i loro occhi inespressivi, l'avevano davvero lasciata a se stessa in una cella ancora più angusta, a piedi nudi, una stoffa ruvida sulla nuda pelle, promettendole che avrebbe avuto presto un bel tatuaggio e un nuovo nome.
    Ma fino al momento in cui quel fischio maledetto si impose alle sue orecchie, per lei c'era stato solo il silenzio rotto ogni tanto da urla lontane, voci incrinate e singhiozzi, voci che si cercavano fino a che incantesimi delle guardie non le spezzavano nel dolore.
    Fino a quel momento il silenzio era stato assenza di dolore, ma quando quel fischio si fu interrotto, la fece sobbalzare anche quel silenzio del tutto nuovo, pieno delle peggiori promesse.
    Si coprì il viso con braccia ormai simili a quelle che aveva visto uscire dalle sbarre, quando l'avevano portata lì, quando il fischio riprese. << Basta...>> mormorò, sentendo la propria voce gracchiante.


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    Edited by Nobody Janson - 2/10/2013, 19:53
     
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  3. ~Miss Jalyne
     
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    3Helena



    * Jalyne Halia McRuner. *
    Il lungo viaggio che ti attende,
    sarà un'esplosione veritiera di un bel rosso intenso.





    Braccio B * 09/09/09 * Interrogatorio
    << Basta? >>
    La voce di Jalyne era un mix estremo di euforia e malsana eccitazione, il tutto unito all'ansia che sempre l'avvolgeva prima di iniziare. Come poteva fare? Cosa poteva usare quel giorno sul corpo della sua cavia? Di certo non la sua bacchetta. Qualcuno un giorno le aveva confessato che la sua bacchetta era nata da un legno pregiato e il suo potere era immenso. Era la bacchetta dei grandi. Quella propensa a fare grandi cose. Al tempo, Jalyne era stata così felice di quella scoperta da non capirne il senso. La bacchetta può scegliere il suo mago o la sua strega ma... La bacchetta, da sola, non può fare molto. E' un gioco di 50 e 50, dove le parti devono equilibrarsi per arrivare ai massimi livelli. Per questo, Jalyne si riteneva abbastanza brava nel suo lavoro e nel suo essere. Tanto brava da aver meritato a pieno la sua bacchetta quando ha compreso l'importanza del loro legame. Per questo, non era solita usarla durante gli interrogatori. Tutti gli incantesimi che poteva conoscere, potevano essere sostituiti da torture più semplici, rendendo il gioco molto più interessante.
    << Havis, l'hai sentita? Ha detto basta! Come se potesse comandare qui dentro. Forse non ha ancora capito dove si trova e con chi ha a che fare! >>
    Jalyne parlava tranquillamente, come se quella sola parola bisillabica rendesse quella giornata ancora più interessante. Era certa che la ragazza non potesse udirla, visto il rumore che continuava a provocare con le unghie. Aveva tutto il tempo del mondo per decidere che cosa fare, eppure... Era sicura che quello sarebbe stato uno degli interrogatori migliori.
    Lo stridio fastidioso si interruppe poco dopo, quando Havis sbuffò annoiato davanti a quella monotonia. Aveva ragione. Il puzzo che proveniva da quella cella non era affatto quello di una persona terrorizzata. Cosa mai poteva fare? Cosa poteva rendersi utile in quell'istante?
    Niente se non qualche spavento qua e là con stupidi incantesimi noiosi.
    << Manca mezzo minuto. Attendi e basta. Sono sicuro che si spaventerà molto di più vedendoti. >>
    Havis cercava sempre di fare il simpatico ma Jalyne era già occupata a contare a ritroso.
    9...8...7...
    Con un colpo di bacchetta la porta si spalancò, lasciando penetrare la flebile luce del corridoio dentro quel luogo oscuro.
    3...2...1...
    << Incarcerus >>
    con un lampo, delle catene apparvero dal nulla e si strinsero attorno alle braccia e alle gambe della sua nuova bambolina. Una risata si liberò dalle sue labbra carnose, quasi avesse atteso da tempo quel momento.
    << Buongiorno signorina Clara Campbell. >>
    era... stranamente gentile mentre distorceva quel nome con un disgusto palesato dal cipiglio sulla fronte. Havis, entrato dentro la cella, si avvicinò al muro e stette bene attento a non appoggiarsi allo strato melmoso che andava crescendo là dentro.
    << Una foresta! Ecco cosa diventano queste celle. Con tutta questa umidità, tu ti prenderai un malanno. >>
    Jalyne lo udì borbottare quelle cose, ma non ci fece alcun caso. Di solito diceva cose futili quando era così allegro perciò era sempre meglio ignorarlo, riportando il silenzio.
    Con un movimento di polso, la porta si richiuse, lasciando all'esterno il lontano mormorio delle guardie. Un altro gesto e la stanza si illuminò a giorno, grazie a delle candele apparse dal nulla.
    Ah... Ora sì che vedeva bene il suo viso. Era graziosa, forse troppo. Ed era già stata trattata come si confà ad un traditore del suo stesso sangue. Bene per la sua psiche. Male per lei che desiderava lavorare con quel grazioso corpicino.
    << Ehy! Sveglia! Abbiamo tanto tempo da passare insieme. Su, su. >>
    Altro stocco di bacchetta e la prigioniera levitò fino ad un tavolo di legno fatto apparire subito dopo le candele. Aveva detto che dovevano farle trovare tutto pronto ma evidentemente quelle guardie avevano cose ben più importanti da fare per cui, dopo essersi assicurata che la giovane fosse incatenata al tavolo, si dedicò ad alcuni incantesimi che le permisero di avere tutti i suoi giocattoli speciali.
    << Qualcuna delle guardie potrebbe morire oggi... >>
    Havis canticchiò ancora, parlando a vanvera, e Jalyne sorrise questa volta in sua risposta. Prese a canticchiare anche lei mentre controllava alcune provette ricolme di liquidi dai colori più astrusi, o si rigirava tra le mani alcune lame per saggiarne l'affilatura.
    << Allora, Campbell. Sai già cosa voglio sapere, spero! Devi semplicemente dirmi perchè ti ostini a mentire. Noi tutti sappiamo che non sei Oswin e Lestrange è stanco di non ricevere risposte sensate a domande facili da comprendere anche per uno gnomo da giardino. >>
    si voltò verso il tavolo e osservò il corpo della giovane, coperto solo da un pezzo di stoffa vecchio e sicuramente di seconda o terza mano. La bacchetta che sempre teneva sulla mano sinistra venne sostituita da una lama a 6 cm, con intagli irregolari sull'impugnatura. Non era ancora giunto il momento di utilizzarla, ma precedenti interrogatori avevano portato ottimi risultati. Anche solo quel gesto aveva aiutato. Di solito, i più fifoni, quelli che non avevano intenzione di perdere la vita, parlavano e parlavano. Jalyne ne rimaneva dispiaciuta il più delle volte, perchè l'interrogatorio finiva troppo in fretta, ma... Almeno aveva carpito informazioni utili alla causa...
    Tutto partiva da un semplice coltellino. Poi, che finisse con un corpo martoriato irrecuperabile, beh... Quello era solo un piccolo problema di percorso.



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  4. Nobody Janson
     
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    * Nobody *
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    << Basta... Havis, l'hai sentita? Ha detto basta! Come se potesse comandare qui dentro. Forse non ha ancora capito dove si trova e con chi ha a che fare! >>
    Non riuscì subito a capire che la figura appena entrata - una donna - non stava parlando direttamente a lei. Si alzò facendo perno con le mani sulle pareti dell'angolo alle sue spalle, cercando di tenere gli occhi aperti.
    La donna aveva una chioma di capelli ricci e crespi che la luce proveniente dal corridoio profilava di un argento sbiadito, mentre questa avanzava parlando di lei come se si rivolgesse a un altro presente, qualcuno che Oswin cercò inutilmente nei pochi istanti in cui riuscì a staccare le mani dalle orecchie. Fu quando il fischio ricominciò che - rialzando lo sguardo - distinse i lineamenti della donna ora sempre più vicina, un attimo prima che questa levasse la bacchetta e la puntasse verso di lei.
    Gli anelli di ferro che le circondarono i polsi e le caviglie furono come pesanti morsi di gelo, capaci di farle perdere l'equilibrio in avanti, il corpo troppo esile - ormai da mesi - per non sentirsene sbilanciato così, da un istante all'altro.
    Le ginocchia sbatterono a terra, per un pelo il viso non seguì la stessa sorte, riuscì appena in tempo a portare avanti i polsi incatenati, serrando comunque i denti per le botte che dai gomiti si irradiarono ovunque.
    << Buongiorno signorina Clara Campbell. >>
    << Io sono Oswin... >> replicò mentre tentava di nuovo di rialzarsi, anche se non pensava che la donna fosse disposta veramente a crederle, forse nemmeno ad ascoltarla. La porta della cella si richiuse ingoiando con il suono il finire della sua risposta, insieme alla sua liberà. << L'ho detto...e ridetto...>>
    La donna la guardava con un divertimento sempre maggiore, la scrutava in viso deliziata da un piacere morboso che inquietò Oswin molto più dell' incapacità di ascoltarla e della fredda stretta delle catene apparse dal nulla.
    << Io l'ho detto, nessuno ha volu- >> Un secondo incantesimo rischiarò la cella a giorno, quasi accecandola e costringendola a serrare le palpebre troppo abituate all'oscurità. E in quella luce si sentì sollevare in un tintinnare delle catene che univano quegli anelli alti e spessi.
    L'impatto improvviso di un piano legnoso e ruvido sotto la schiena le strappò un gemito, seguito dall'orrore di scoprire che le braccia e le gambe non rispondevano più al suo controllo, ma a quello della magia che le costrinse a stendersi e le assicurò a quel legno.
    Strattonò una, due e infine una terza volta i polsi e le caviglie, senza ottenere altro risultato che il divertimento della donna.
    << Ho detto la verità! >> rispose al canticchiare sordo della figura, che dopo aver controllato l'efficacia dell'incantesimo con cui l'aveva immobilizzata passò ad altro, voltandole le spalle per un momento ignorando le sue parole. << I Zabini lo sanno! E' stato Blaise Zabini a ucciderla...>>
    Non ci credeva veramente, qualcosa che sentiva dentro le aveva ripetuto che Clara era ancora viva e l'aveva spinta a lasciare il maniero degli Zabini per andarla a cercare...anche se allora non aveva ancora saputo cosa le avrebbe detto.
    Non ce n'era stato il tempo. L'avevano catturata prima che potesse avvicinarsi al pub di cui le avevano parlato.
    L'avevano catturata e avevano deciso di ignorare qualsiasi suo tentativo di farsi ascoltare e far capire loro quale fosse la verità.
    Strattonò di nuovo i polsi, i bordi dei bracciali che penetrarono nella sottile pelle fino a tagliarla come fosse carta. << Ho detto la verità! Mia sorella è morta! >>
    Con orrore si accorse di avere le lacrime agli occhi. La frustrazione e il dolore centravano solo in parte, ma questo nessuno avrebbe dovuto scoprirlo. Come pregò che quella donna non scoprisse troppo in fretta l'orrore che le dilatò lo sguardo, quando intravide quella lama nelle mani ansiose di usarla su di lei.
    Si sentì inarcare la schiena e agitarsi sempre di più su quel tavolo, inutilmente, trasformata nell'animale braccato che fa divertire ancora di più il predatore.


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    Edited by Nobody Janson - 3/10/2013, 19:01
     
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  5. ~Miss Jalyne
     
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    3Helena



    * Jalyne Halia McRuner. *
    Il lungo viaggio che ti attende,
    sarà un'esplosione veritiera di un bel rosso intenso.





    Braccio B * 09/09/09 * Interrogatorio
    Ah.... Quanto le piacevano quelle bugie dette con un filo di voce. L'intensità delle parole pronunciate con tanto coraggio, la rendevano ancora più sicura della via che aveva scelto. Mentire... Era una cosa che faceva ogni giorno, solo ed esclusivamente con chi non si meritava la nuda e cruda verità. Ma lei.... Era diversa da quei sudici traditori che si scontravano con i suoi desideri più intimi. Lei poteva concedersi quella piccola libertà chiamata menzogna.
    Lei non aveva mai cambiato fazione, nè aveva mai tentennato su ciò che era o ciò che sarebbe diventata. Una persona importante. Questo era il suo sogno più grande, per quanto potesse essere limitato dalla forza e dalla temperanza di coloro che comandavano il nuovo mondo.
    Guardò la giovane e sentì il disprezzo crescere ad ogni frase. Non era degna del cognome da purosangue che portava, per questo... Il sangue versato, non sarebbe stato affatto uno spreco.
    << Tu! Come osi parlare dei Zabini in questi termini? Lo sai chi sono? Sono dei purosangue che hanno abbracciato la causa dei nostri signori. Ci hanno affiancati in ogni battaglia e nessuno ti da il diritto di accusare il signorino di una menzogna tale! >>
    la rabbia ribolliva nelle labbra distorte della bionda. Tutto ciò che non doveva dire quell'animaletto in gabbia, era stato ormai detto. Troppo tardi. Ancora una volta, era troppo tardi per rimangiarsi quelle fasulle affermazioni dette con tanta convinzione. Quanto aveva lavorato per rendere credibile quella storia? Doveva aver perso molto tempo dentro la sua cella, riflettendo sulla via più facile per tentare di aver salva la vita.
    Ma non funzionava con Jalyne. Era stata scelta proprio per questo. Lei non si faceva incantare. Lei non aveva alcuna pietà verso nessuno. Lei era e sempre sarebbe stata un giustiziere scelto, pronto a tutto per le tenebre che l'avevano amata fin da piccola.
    << Jalyne... Stai mentendo! I Zabini non li hai mai potuti sopportare. Hai persino detto che se ti fosse capitato tra le mani, Blaise sarebbe stato un ottimo animaletto di compagnia. >>
    Havis non aiutava! La faceva infuriare ancora di più quando imponeva il suo buonismo da quattro soldi. Si voltò con uno scatto e lanciò il coltellino verso un apparente nulla. Lei ci vedeva un Havis a braccia incrociate che schivava semplicemente la lama, ora conficcata in una fessura tra le pietre.
    << Sta zitto! Non è il caso che qualcuno lo sappia questo! Sono cose che nemmeno tu dovresti conoscere. Smettila di entrare nella mia testa. SMETTILA! >>
    l'ultima parola si tramutò in un urlo stridulo, fastidioso per le orecchie, tanto quanto il suo atteggiarsi verso il nulla. Una pazza. Ecco cosa poteva pensare chiunque la vedesse parlare da sola. Nessuno poteva vedere Havis. Nessuno sapeva che esisteva, perchè lui era la sua arma segreta. Lui era colui che l'aveva sempre salvata senza chiedere nulla. Havis era.... Il frutto della sua mente malata.
    << Allora signorina Campbell.... Se lei non è Clara, mi spieghi come fa una certa Oswin Campbell ad aver rilevato la Testa di Porco. Tutte le carte erano in regola. Mi sta per caso dicendo che sua sorella è riuscita a prendere in giro i Lestrange? >>
    aveva ripreso a dare attenzione alla sua prigioniera come se quel battibecco di poco prima non fosse mai esistito. Nemmeno dalla sua voce, pacata e atona, si poteva notare la furia che le imperlava l'alta fronte pallida. I suoi occhi bruciavano a causa di una verità desiderosa di conoscere. Aleggiava un mistero attorno a quelle gemelle e nessuno ne era ancora venuto a capo. Lei.... Sarebbe riuscita a scoprire ciò che si nascondeva dietro quei visini innocenti.
    << Le svelo un segreto, mia cara. Nessuno, e sottolineo nessuno, è in grado di prendere per il culo i Lestrange. >>
    con un sogghigno compiaciuto, la sua mano destra si avvicinò alla pelle della giovane, saggiandone la delicatezza. Tagliare con calma quella poca carne che restava a coprirne le ossa era un lavoro appassionante, per la sua mente. Ogni volta che la lama perforava quel tessuto roseo, una strana pace la pervadeva.
    Non appena le sue unghie si furono fermate sull'avambraccio della sua cavia, seppe di essere pronta a iniziare.
    I battiti del cuore erano udibili da quel semplice contatto. Un sangue ignobilmente macchiato scorreva su vene marce. Era giunto il momento di ripulire quel corpo. Doveva essere preparato per diventare di facile utilizzo.
    Si allontanò a malincuore dal tavolo dove era disposto il suo nuovo giocattolo.
    In un batter d'occhio, una siringa venne riempita di liquido verdastro e l'elsa di un nuovo coltello si modellò sulle dita della mano destra di Jalyne.
    << Ora, ti voglio fare questo piccolo regalo. Ti calmerà di certo. >>
    Si strinse tra i denti l'elsa del coltello e la mano che poco prima lo teneva, andò a fermare il braccio sinistro della sua cavia. L'ago perforò la carne senza alcun ritegno e il liquido verde svanì alla vista, iniettato direttamente in vena. Era un piccolo esperimento nato quando aveva solo 16 anni e, in seguito, perfezionato per diventare qualcosa di grande. Era una droga magica che rendeva innocui i prigionieri, senza fargli perdere coscienza. Ma non era questo quello che rendeva fiera Jalyne. No... Quella piccola fiala di liquido, permetteva al giustiziere di giocare con la propria preda per ore, senza rischiare che morisse durante la seduta. In sostanza? La cavia poteva perdere tutto il sangue che voleva, ma non moriva. Il sangue si rigenerava non appena il corpo stesso cercava di cedere. E il dolore.... Non veniva attenuato, anzi. Si accentuava via via che la pozione faceva sempre più effetto.
    << Bene. Si può iniziare. Vuole concedermi l'onore di questo ballo signorina Clara Campbell? >>
    il coltello, non più stretto tra i denti, si conficcò nella mano sinistra del giocattolino. Sangue rosso ne sporcò la lama argentea, ma poco importava a Jalyne. La sua schiena fremette nell'udire il recidersi della carne, dei pochi muscoli della mano e delle ossa. Quelle sì che le piacevano. Erano la parte migliore del lavoro e provocavano più dolore di quanto si potesse sperare.
    << Fino a quando continuerà a mentire, io continuerò a divertirmi con lei. >>
    Havis era rimasto in silenzio per troppo tempo, perciò si lasciò andare ad una risata maligna, appoggiando la testa alla spalla di Jalyne per ammirare meglio il suo operato.
    La donna se lo scrollò di dosso con uno scatto e, inavvertitamente, il coltello penetrò ancora più a fondo, incrinandosi appena sulla ferita, ampliando lo squarcio, impossibile da sanare facilmente se non con l'utilizzo di un incantesimo curativo.



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  6. Nobody Janson
     
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    * Nobody *
    citazione citazione citazione citazione




    Lo sguardo della bionda aveva cambiato completamente espressione, quando aveva parlato dei Zabini. Il semplice fastidio si era trasformato in collera, aperta e vibrante nelle parole con cui rispose, imbestialita alla sola idea che qualcuno avesse pensato di poter accusare una famiglia purosangue o ingannare i Lestrange.
    Quello che accadde subito dopo la fece rabbrividire dalla testa ai piedi. All'improvviso vide la strega inveire contro il nulla, urlare e lanciare il coltello che andò a piantarsi nel muro davanti al tavolo cui Oswin era incatenata.
    Era nelle mani di una pazza.
    << Non so chi sia quella persona che si spaccia per me, so solo che ho visto mia sorella morire sotto un Avada Kedavra di Blaise Zabini >> cercò di infondere certezza nella propria voce, odiandola per il sentirla incrinarsi in quel modo. Sussultò sotto il tocco di quella mano, di quelle dita che la sfiorarono per poi iniziare a palpare, a saggiare la sua pelle con insistenza.
    Cosa vuole...cosa cazzo vuole fare?
    Per Oswin era sempre stato fondamentale sapere, prevedere ciò che stava per succederle...anche quando aveva temuto un incantesimo di attacco, anche quando era stata punita dalla Cruciatus di Ezra Zabini, in fondo era stata grata di poter dire di sapere.
    Ora quegli occhi fissi su di lei erano bramosi, folli eppure imperscrutabili. Non le permettevano di capire cosa la loro proprietaria stesse progettando e questo la fece letteralmente andare di matto. Riprese a cercare di forzare le catene, ma i muscoli già indolenziti dall'immobilità di giorni sembrarono spezzarsi in quella stretta di ferro.
    << Ho detto la verità, io non so cosa...No...NO! >> Una mano premette sul suo avambraccio e un ago si avvicinò alla pelle senza che potesse fare nulla per impedirlo. Solo tentare una difesa con parole del tutto inutili, sostituendo con insulti e sputi quella forza sparita ormai da tempo. << Lasciami, lasciami stare, figlia di...>>
    Urlò più per la frustrazione dell'immobilità, del sentirsi inerme e indifesa, che per il dolore dell'ago che entrava nella vena e per la stretta incurante della donna sul suo avambraccio. Un'ondata di debolezza si riversò su di lei, rendendo vana ogni sua altra reazione, mentre un lungo spasmo le inarcava la schiena, facendole capire che l'ultima cosa che quella donna voleva era calmarla.
    Poi arrivò quel dolore lancinante, quel gelido acciaio a penetrarle le carni, recidendo pelle e tendini, scheggiando e fosse già rompendo le fragili ossa della mano. Urlò, Oswin, urlò fino a perdere la voce, fino a tremare e a sudare nonostante i brividi che la scuotevano.
    << Non.sto.mentendo! >> gridò con quel poco di lucidità e voce che sentiva esserle rimaste.


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    Edited by Nobody Janson - 5/10/2013, 16:47
     
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  7. ~Miss Jalyne
     
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    3Helena



    * Jalyne Halia McRuner. *
    Il lungo viaggio che ti attende,
    sarà un'esplosione veritiera di un bel rosso intenso.





    Braccio B * 09/09/09 * Interrogatorio
    << Uuuuuh... Fa male tesoro? >>
    quella fioca domanda retorica si allargò in un sorriso compiaciuto, su un volto pazzo di piacere per quella splendida giornata. Quell'interrogatorio era stato una conquista fin dall'inizio. Sì... Mai i suoi lavori erano stati delle sconfitte, che i prigionieri avessero parlato o meno. Le sue cavie erano sempre utili, persino mute. Queste ultime facevano parte della categoria che lei più prediligeva: non potevano parlare, perciò lei non aveva le informazioni che desiderava, quindi gli interrogatori duravano molto più tempo e alla fine, non resistevano più, lasciando il mondo dei maghi. Ecco... Questa era un'altra conquista da parte di Jalyne; coloro che non meritavano di inquinare l'aria respirata da maghi puri, dovevano smettere semplicemente di far lavorare i loro polmoni.
    << Tesoro! TESORO! NON... FARMI... ARRABBIARE! >>
    tirò via il coltello dalla ferita della giovane con uno scatto isterico e si avvicinò al suo viso. Gli occhi sgranati e un cipiglio sulla fronte facevano intendere quanto le stesse dando fastidio la voce della sua cavia. Urlare era consentito solo a coloro che se lo meritavano. Il discorso era sempre lo stesso: lei non era nulla di più se non un esserino da poter sfruttare a proprio vantaggio. Non le erano concesse tutte quelle libertà che si prendeva.
    Faceva male? Ooooh Jalyne lo sapeva bene, ma... Se era riuscita lei a non urlare dal dolore quando era piccola, poteva farcela chiunque. Quella prigioniera non faceva alcuna eccezione.
    La sua mano libera si andò a stringere attorno alle guance di quel volto smorto che, un tempo, doveva essere stato davvero attraente. Le sorelle Campbell... Non ne aveva mai sentito parlare prima ma Jalyne era sicura che fossero state popolari duranti gli anni ad Hogwarts. Sicuramente facevano parte di quella categoria di ragazze che tutti vorrebbero al loro fianco. Quelle che brillavano di luce propria eclissando chiunque altro non fosse alla loro altezza.
    << Non puoi urlare, tesoro. Te l'ho già detto prima! Pensi di poter comandare in questo posto? Guardati. Sei incatenata, con una mano che - fece una pausa e il suo sguardo si spostò sul sangue che, attraversando la mano ferita, colava a terra in piccole gocce ritmiche. - difficilmente potrai utilizzare di nuovo. Mi dispiace dirtelo ma... Fino a quando non mi dirai la verità... Tu continuerai a soffrire. Però... Oggi mi sento particolarmente buona. - la lama del coltello, impregnata del sangue sporco di quella cavia inutile, si spostò lentamente su quel corpo immobilizzato. Ne delineò la forma del viso osseo e scese lungo il collo, fermandosi proprio sotto la spalla, sull'ultimo lembo di pelle non coperto dalla stoffa. - Sentendomi buona... Ti avviso che, più urlerai e più mi arrabbierò. Più mi arrabbierò e più proverai dolore. Eeeee... Più proverai dolore, più io mi divertirò ad infliggerne altro. >>
    quasi desiderosa di sottolineare quelle ultime parole, premette il coltello sulla sua pelle, provocando un taglio netto. Superficiale quanto basta per non recidere parti vitali, facendola sanguinare ugualmente. Il dolore era scontato ormai.
    << Zabini non ha mai usato quella maledizione senza perdono! Perciò dimmi perchè una ragazza, uguale identica a te sta lavorando alla Testa di Porco adesso! Siete gemelle. Nessun corpo è stato trovato dopo la battaglia. Siete entrambe vive, quindi smettila di dire che tua sorella è morta. SMETTILA DI MENTIRE! Voglio sapere perchè ti spacci per Oswin! >>
    la mano che ancora stringeva il viso della giovane, imitò gli stessi movimenti della lama e percorse il suo collo esile, scivolando fino al braccio dentro. Si arrestò solo quando strinse l'avambraccio della sua cavia, desiderosa di tenerla ferma.
    << Ti do... Diciamo... Cinque secondi di tempo per rispondere... Poi... La sorte che ha colpito la tua mano sinistra... Sarà la stessa che capiterà alla tua mano destra. >>
    le rivolse un sorriso incoraggiante, colmo di un'insaziabile attesa di verità. Stava giocando, come sempre faceva. Se la cavava ad incutere timore nelle persone. Per questo, iniziò a contare, con il coltello stretto in una mano, pronto a calare ancora una volta.
    << 5... 4... >>



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  8. Nobody Janson
     
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    * Nobody *
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    Le reazioni isteriche della strega la spinsero su un baratro di disperazione pura. Con orrore ciò che restava della sua lucidità realizzò che non c'era nulla di prevedibile in quelle reazioni. Non poteva tentare nessuna strategia, nessun comportamento le avrebbe garantito la fine del dolore.
    E il dolore non avrebbe portato alla fine come - si rese conto stava sperando ormai con tutta se stessa. Era soltanto l'inizio di una vita nelle mani di quei pazzi e forse la peggiore di tutti era davvero lei.
    << Piccola, perché non ti fidi di me e di tua sorella? Abbiamo paura per te. Abbiamo paura che tu non possa più tornare indietro...Abbiamo paura perché ti vogliamo bene...>>
    Aveva detto così Josh Campbell, iniziando una delle innumerevoli ramanzine uguali a se stesse. Quanto aveva avuto ragione, anche per il futuro! Oswin era stata ad un passo dal riuscire a trovare Clara,
    quando aveva capito che poteva essere ancora viva. Era arrivata ad un passo dal ritrovarla...e la punizione per quello che aveva fatto in passato era esserne ingoiata di nuovo, ritrovarsi ora prigioniera di quella realtà contorta e sadica che aveva appoggiato insieme ai Zabini.
    Ammutolì troncando l'ultimo grido in un gemito, la lama che usciva dal suo palmo per posarsi lordo del suo stesso sangue sotto il collo, la mano della pazza che le stringeva la guancia. E lei ebbe ormai solo la forza di scuotere la testa, di fronte alle nuove accuse della sua aguzzina. Accuse e promesse non di morte, ma del dolore peggiore che sembrava ansiosa di infliggere.
    << No...Io sono Oswin. Vi prego, crede...temi. >> Raccolse le ultime energie che aveva, serrando le palpebre ammise: << Ho mentito, è vero...so anche io che Clara è viva, ma io sono Oswin. E' lei che...dice di essere me...>>
    Sgranò gli occhi quando sentì la donna sussurrarle nelle orecchie quel macabro conto alla rovescia. << No, vi prego...è la verità. Non...non lo faccia, io sono...>>
    Stava tremando, le braccia ormai deboli che tentavano di sfuggire alla stretta della strega chiusa su di lei, la mente che cercava di affrontare il dolore che sarebbe arrivato...e di aggrapparsi a qualsiasi cosa pur di riuscirci, rabbia e odio compresi...e la promessa a se stessa che ne sarebbe uscita, a costo di mettere da parte ogni briciolo di dignità per ingannare quella folle.
    Che la pensasse pure sconfitta, per ora.


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    Edited by Nobody Janson - 6/10/2013, 12:21
     
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  9. ~Miss Jalyne
     
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    3Helena



    * Jalyne Halia McRuner. *
    Il lungo viaggio che ti attende,
    sarà un'esplosione veritiera di un bel rosso intenso.






    << Hell is on your head, darling. E' questo che stai pensando ora, Jalyne? >>
    Havis si spostò di qualche passo dal tavolo dei giochi e si nascose ancora una volta nell'ombra. Nonostante Jalyne non potesse vederlo, sapeva che aveva appoggiato una scarpa sul muro in pietra e, con le braccia incrociate, si teneva su la testa. Percepiva il suo sguardo indagatore perforarle la schiena martoriata da anni e anni di torture. Era conscia di averlo appena fatto arrabbiare con quel semplice pensiero, eppure non se ne pentiva. Lui doveva stare fuori dalla sua testa, se proprio non voleva conoscere quella parte di lei.
    Sì... Sto pensando quello e allora? Non ci posso fare nulla se la situazione me lo ha ricordato!
    non desiderava che quell'insulso essere potesse capire qualcosa su quello che era stata, per cui... Era meglio pensarle certe cose, piuttosto che dirle.
    << Devi smetterla! E' morto e tu non hai più nulla a che fare con lui. Smettila di comportarti da debole bambina indifesa e muoviti a far parlare questa qui! Odio le prigioni di Azkaban... PUZZANO più di casa tua! >>
    Jalyne sbuffò e scosse il capo, infastidita da tutta quella fretta. Odiava terribilmente dover fare le cose di corsa, perchè tutto si riduceva a movimenti imprecisi, dettati dalla disattenzione, e a dimenticanze di qualsiasi tipo. Alcune volte era stata costretta a fare qualcosa troppo velocemente e ne aveva ricavato due animaletti morti e la perdita di uno dei coltelli da cucina a cui più era affezionata. Dal giorno, si era ripromesse di fare tutto con la dovuta calma, evitando di perdere concentrazione e obiettivo.
    Con uno scatto, senza alcun preavviso, il coltello che teneva nella sinistra penetrò la mano della sua cavia, con una forza differente dalla prima volta. Più la lama affondava, sparendo alla vista, più si poteva notare la stizza che provava Jalyne. L'impazienza si stava impossessando di lei, come d'altronde accadeva durante ogni interrogatorio che non filava per il verso giusto.
    Quella donna continuava a ripetere sempre le stesse cose e lei non riusciva a comprendere dove si sarebbe spinta. Cosa realmente poteva renderla vulnerabile? Quale era il punto debole di quella sciocca?
    Non appena era entrata in quella stanza era stata certa che una sana paura di restare ferita seriamente sarebbe stata una mossa vincente. Insomma... Aveva tremato non appena l'aveva vista perciò non era così difficile comprenderne il limite di sopportazione. Forse aveva gioito troppo presto?
    Beh... Non importava! Lei poteva stare tutto il tempo che voleva lì a torturarla. Per ora, non aveva avuto alcuna data decisiva, per cui avrebbe protratto quella piacevole visita fino a quando non fosse stata realmente soddisfatta.
    << Oooooh.... Mi hai mentito su tua sorella? Credevi di potermi fregare? Ah! Puoi dirmi su quali altre cose mi hai mentito subito dopo che avrò finito con la tua punizione. >>
    la pozione che le aveva iniettato doveva già aver fatto effetto. Non sapeva quanto tempo fosse passato, nè quanto ne avesse perso. Grazie all'oscurità che aleggiava attorno alle prigioni di Azkaban, era difficile comprendere che ora fosse. Ma Jalyne si accontentava del piacevole infrangersi delle onde. Adesso che era libera, non più prigioniera ma aiutante in quel luogo, persino i muschi attaccati alle pareti erano qualcosa di terribilmente affascinante.
    Il coltello, come accaduto con l'altra mano, venne tirato via tutto in una volta e Jalyne lo ripulì sullo straccio che indossava la sua cavia. C'era troppo sangue per i suoi gusti e l'elsa rischiava di sporcarsi. Se l'elsa si macchiava di sangue marcio, lei poteva toccarlo per sbaglio e questa non era una delle cose che aveva intenzione di fare.
    Prima regola di Jalyne: Mai sporcarsi con qualcosa che non sia cibo.
    Vide la ferita appena inferta e sospirò con teatralità, sembrando realmente dispiaciuta per ciò che stava per fare.
    Si avvicinò appena al tavolo dove erano appoggiate parecchie provette dai liquidi più disparati e ne alzò alcuni alla luce di una candela. Agitò due fiale dal liquido azzurro e le rimise a posto, con un ordine quasi maniacale.
    Prese una provetta con un liquido trasparente tanto da sembrare acqua. Si specchiò si di esso e sorrise compiaciuta della scelta. L'aveva trovata finalmente! Non era certa di averla, ma qualcuno sicuramente quel giorno desiderava darle una grande mano per la sua eroica impresa.
    << Bene. Vediamo un po' se sarai in grado di darmi qualche informazione utile, visto che ci siamo. Mi annoia sentirti dire sempre le stesse cose, perciò attenderò che sia tu a dirmi la verità sulla tua persona. Non ho alcuna fretta. Nel frattempo.... Fammi qualche nome utile o dimmi qualcosa che forse potremmo non sapere. Reietti, ricercati, traditori. Tutto quello che sai! Parla come un giradischi e non ti conviene incantarti. >>
    con due falcate si ritrovò davanti alla ferita della mano sinistra - la prima ad essere stata ferita. Ne osservò il taglio profondo e scosse ancora una volta il liquido nella provetta, prima di piegare quest'ultima e riversare la metà del contenuto sulla ferita aperta.
    Non era una semplice pozione curativa, nonostante nei primi secondi potesse dare sollievo a chiunque ne saggiava la sua viscosità. Jalyne lo usava come metodo di tortura ed era un semplice composto di alcool puro con una minima dose di pulvincolo (usata per dare quella sensazione di lieve guarigione) e un'alto quantitativo di essenza di Belladonna (è stata trattata per evitare l'avvelenamento e dopo varie lavorazioni il suo risultato è strabiliante e non letale). Dopo alcuni istanti che la pozione si adagiava su una ferita, si poteva notare un lieve rossore sulla pelle ancora sana. In seguito, arrivavano i sintomi più comuni come bruciore inumano - qualcuno dice di aver pensato che quella ferita fosse andata a fuoco e non smettesse più di bruciare - e un forte dolore alla testa che portava alla perdita temporanea della vista, al sudore e al fiato corto a tempo determinato.
    Jalyne posò la fiala con il restante liquido sul tavolo delle magie e si sedette a terra ad osservare. Non aveva nulla da fare per almeno un quarto d'ora, viste le allucinazione che avrebbero annebbiato il cervello della sua cavia.
    Sì... Doveva arrivare a qualcosa quel giorno. Di certo, non si disprezzavano altre informazioni, nonostante preferisse scoprire la verità su quelle sorelle vigliacche e doppiogiochiste.



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  10. Nobody Janson
     
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    * Nobody *
    citazione citazione citazione citazione




    La rabbia saliva nella voce e nello sguardo della donna, l'attenzione che prestò alle parole di Oswin era superficiale e crollò quando qualcosa la distrasse nuovamente, facendola infuriare ancora di più.
    Il risultato fu nuovo dolore per Oswin, la lama che tornò a infierire sul suo palmo con ancor maggiore ferocia.
    L'urlo sembrò portare via con sé il respiro stesso, fu qualcosa di insopportabile, di dilaniante, che la portò a tentare inutilmente di liberarsi dalla morsa sempre più forte dei bracciali di ferro, sempre più impressi nella carne e sempre più stretti, anche se il sangue scorreva ormai tra ferro e pelle, prima di gocciolare a terra.
    Presto capì di essersi sbagliata, credendo di non essere ascoltata che solo superficialmente. La confessione di poco prima era stata colta fin troppo bene, tanto che nella mente di quella sadica nemmeno quell'ultima coltellata era una punizione sufficiente.
    Cercò di nuovo di vedere cosa stesse facendo, girata verso quel maledetto tavolo che ormai stava imparando a temere. Il cuore batteva furiosamente, quando la vide tornare accanto a lei.
    Scosse la testa, cercando di calmarsi perché nulla potesse irritare la sua torturatrice e falsare alle sue orecchie quello che avrebbe detto. << Non ho...non ci sono altre bugie. Non so perché si spacci per me, vi prego...E' la verità. Blaise e sua madre mi avevano detto che Clara era morta. >>
    L'avevano fatta uscire da quei sotterranei solo quando Oswin aveva giurato in ginocchio che non avrebbe fallito di nuovo, che si sarebbe lasciata addestrare e li avrebbe resi fieri di lei. Seguì con frenesia il colare della pozione trasparente dal bordo della provetta fino alla sua mano.
    Sentì un leggero sollievo sulla ferita, ma subito dopo incontrò il sorriso da folle della donna che l'aveva in pugno e iniziò a capire in quel momento che quel liquido non era una pozione curativa, ma quella che doveva essere una invenzione della strega per veder soffrire ancora di più il prigioniero.
    Deglutì, cercando di concentrarsi su quello che la bionda stava dicendo, sforzandosi di inseguire le immagini che invece si allontanavano sempre di più, impedendole di trovare le risposte che la donna voleva. Voleva sapere a che punto erano arrivati i Zabini...Non capiva perché non chiedesse a loro, che erano sempre stati dalla parte del Ministero e dei Lestrange in particolare.
    Perché? Perché pretendeva che lei sapesse queste cose?
    << Io non...>>
    I pensieri si sfilacciavano, non riusciva a radunarli e a cucirli insieme. Il dolore cresceva e si portava via tutta la sua lucidità, conducendola verso il delirio e l'incoscienza...nell'abbraccio di quel dolore che non finiva. << Vi pre...go. >>





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    Edited by Nobody Janson - 7/10/2013, 21:15
     
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  11. ~Miss Jalyne
     
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    3Helena



    * Jalyne Halia McRuner. *
    Il lungo viaggio che ti attende,
    sarà un'esplosione veritiera di un bel rosso intenso.





    << Ottimo! Cosa hai intenzione di fare per un quarto d'ora? So di essere attraente ma non posso soddisfarti, perciò non ti avvicinare troppo! Stai puzzando di quella cavia. >>
    Si era appena seduta per riposare le membra e trovare un po' di pace e quell'idiota del suo amico d'infanzia riprendeva con le sue manie. Quella mattina aveva ripetuto troppe volte la parola "puzza" e tutti i suoi derivati e la bionda stava rischiando un'altro dei suoi famosi scatti isterici. Gli era sempre stato simpatico Havis ed erano cresciuti insieme ma sapeva quanto potesse odiarlo un istante dopo l'ennesimo passo falso. Lei era lì che si divertiva con un giovane corpo ancora caldo di vita sprecata e lui a cosa pensava? Alla puzza! Non era fattibile il loro legame quel giorno. Uno dei due si era alzato con il piede sbagliato, e non era lei quella puntigliosa.
    << Io so cosa fare durante questo quarto d'ora. >>
    gli rispose solamente, lasciando il coltello sul tavolo ed estraendo la bacchetta. Non degnò di un solo sguardo la giovane che, sofferente, stava stesa sul suo letto da laboratorio di fortuna.
    Spalancò la porta con un movimento di polso e ne varcò la soglia, venendo investita dalla fioca luce del corridoio. Si costrinse a stringere gli occhi per riuscire a vedere decisamente meglio e notò di star stringendo la sua compagna con mani insanguinate.
    Istintivamente, si sfiorò le labbra con quelle dita insozzate di cremisi e scosse il capo, infastidita nel riconoscere che quel sapore era piacevole. Era una sangue puro in fin dei conti, quindi non poteva essere che altrimenti.
    Non appena Havis seguì i passi di Jalyne, la porta della loro cella si richiuse alle loro spalle e le possibili voci della giovane cavia si dispersero insieme a mille altre.
    Si trovavano nel girone B di Azkaban; era difficile trovare qualcuno che non urlasse, conscio di non poter salvare la propria vita.
    << Dove andiamo? Dove andiamo, eh? Dove stiamo andando????? Me lo dici? >>
    Havis aveva preso a saltellarle attorno, passando a destra e a sinistra, apparendo davanti a lei con uno sguardo incuriosito, svanendo nell'istante seguente per ritrovarsi due metri davanti a lei, fermo ad una biforcazione.
    << Gira a sinistra e vai dritto fino alla sala delle guardie. >>
    Nonostante la distanza che li separasse, Jalyne potrebbe affermare tranquillamente di aver visto i suoi occhi brillare, conscio di ciò che stava per accadere. Doveva porre rimedio all'assunzione di inetti, convinti di potersi salvare il culo solo perchè avevano scelto la via più facile.
    Seguì il percorso fino ad una delle porte di legno massiccio ben lavorate, diverse da quelle delle celle. Con un colpo di bacchetta, la spalancò e Havis rotolò dentro, andando a cercare l'angolo con la migliore visuale sulla scena che si riproponeva di imprimere bene nella proprio mente.
    << Buongiorno signori! Vedo che disturbo il vostro dolce far niente. >>
    nella sala rettangolare, grande quanto cinque o sei celle del braccio A, stavano seduti altrettanti individui che chiacchieravano tra loro, davanti ad una buona bottiglia di whisky incendiario e a del cibo di prim'ordine.
    Bene! allora era quello che facevano le guardie di Azkaban durante il loro orario di lavoro? Organizzavano festini privati!
    Vide alcuni volti noti sbiancare nel notare il suo sorriso irritato. Ottimo! Sapevano cosa sarebbe accaduto di lì a breve.
    << B-bu-on... Buongio... Buongiorno signorina McRuner. >>
    beh... almeno al terzo tentativo, una delle guardie era riuscita a spiccicare parola. Le altre annuirono e chinarono il capo in segno di saluto.
    << Allora... Chi doveva occuparsi di preparare la cella della prigioniera Campbell? >>
    ignorando i loro saluti, entrò dentro la stanza e, rigirandosi tra le mani la bacchetta, si avvicinò ai registri sparsi su una delle scrivanie. Tutto veniva monitorato e niente doveva andare perso, per evitare sospetti strani, per cui era certa di poter trovare i nomi con facilità, sempre se qualcuno non avesse parlato prima.
    << Perchè lo chiede signorina? E' successo qualcosa? >>
    la voce della guardia tremava, conscia che quella non era solo una visita di controllo. Le altre si strinsero nelle loro sedie e non tentarono nemmeno di estrasse le loro bacchette. La fama di Jalyne era conosciuta in ogni dove nel mondo magico. La pazza del villaggio: così la chiamavano e non lo facevano solo per il suo modo di essere, ma per ciò che diventava durante un combattimento. Raramente qualcuno si era salvato dopo aver messo i piedi sulla sua strada.
    Essere privi di coscienza e non aver alcuna paura di morire, poteva trasformare le persone in ottimi maghi o in cadaveri.
    Jalyne... Era ancora viva.
    << Non credo di essere tenuta a dare alcuna spiegazione sulle mie motivazioni. Se vuole, posso andare direttamente dal signor Lestrange a chiedere chi di voi NON ha svolto il suo lavoro. >>
    Non sapeva se la minaccia di Lestrange potesse essere più timorosa del suo volto infuriato, ma era certa che fosse un incentivo per l'uomo più debole là dentro. C'era sempre un uomo più pauroso e desideroso di vivere e la bionda non sbagliò nemmeno quella volta. Una delle guardie si grattò la testa e gettò un'occhiata verso due colleghi che stavano seduti in un angolo, intenti a fissare i loro calici ricolmi di alcool magico.
    Bene! Non c'era alcun bisogno di parole. Le bastò sfogliare alcuni resoconti della mattina e i due nomi che appartenevano a quelle guardie in disparte brillarono di inchiostro nero.
    << Avada Kedavra! >>
    fu un istante solo. Il lampo di luce verde illuminò la stanza e la spia di quel luogo ricadde sulla sua sedia, privo di vita. Vide la sua testa accasciarsi su un lato e le braccia penzolare appesantite da una vigliacca morte. Aveva venduto i suoi colleghi credendo di aver salva la vita, perciò non meritava alcuna pietà.
    Ad Azkaban, come nel nuovo mondo, persone del genere erano solo fonte di guai.
    Gli uomini si agitarono nelle sedie: alcuni si guardarono con spavento, altri lasciarono andare i bicchieri e si concentrarono sulle proprie mani tremanti. Solo due estrassero la bacchetta, inconsciamente decisi a difendersi.
    Sciocchi
    quel pensiero venne preceduto dalla famosa maledizione di Antonin Dolohov, ripetuta due volte. La bacchetta puntata contro quei due nullafacenti, si illuminò di due incantesimi uguali e non verbali. Sicuramente si erano aspettati di morire con la stessa facilità del primo ma si sbagliavano.
    Non appena vennero colpiti dall'incantesimo, Jalyne si sedette sulla scrivania e, a gambe incrociate, rimase ferma ad osservarli morire lentamente. Quella maledizione, simile al sectumsempra, creava ferite interne. Lacerava gli organi e, col tempo, portava a una morte per emorragia interna.
    Non sapeva quanto tempo aveva ancora prima di tornare dalla sua prigioniera ma non le importava più di tanto. Vedere quei due che si contorcevano, era un libero sfogo alla rabbia di quel giorno.
    << Allora... Da qui in avanti, se ricevete degli ordini e non li rispettate, farete la loro fine. Oh già. Wellerth è morto perchè ha tradito quei due, ancor prima che io potessi leggerne i nomi sui resoconti. Quindi... Azzardatevi a diventare dei vigliacchi e durerete molto poco qui dentro. >>
    le sembrava giusto dare una spiegazione. Forse ridere dopo aver ucciso tre persone non era proprio il massimo ma era pazza, no? Come tale amava atteggiarsi.
    Scese dal tavolo con un balzo e si avvicinò a uno dei tanti vassoi del cibo. Ne prese uno che conteneva della carne e patate dolci e mosse la bacchetta. I due uomini che si contorcevano smisero di provocare alcun gemito e si sollevarono in aria, pronti a seguire la bionda fuori da quella stanza.
    << Oh già. Mi serve che portiate Teddy McRuner nella stanza della Campbell. Da oggi sarà il suo compagno di cella. E anche alcune precisazioni. Appena l'interrogatorio avrà fine, la Campbell deve essere portata immediatamente dai guaritori. Dite loro che devono rimetterla in sesto entro tre giorni. Allo scadere dei tre giorni stabiliti, riportatela nella sua cella e fate in modo che abbia del cibo sostanzioso almeno una volta al giorno. Non desidero che muoia prima di aver parlato. >>
    detto questo, uscì dalla stanza, portandosi dietro le due guardie e un Havis che rideva a crepapelle, intento a guardarle le spalle, come sempre.
    Era giunto il momento di riscaldare l'ambiente della cella. Vi arrivò con tutta calma e aprì la porta con un bel calcio.
    Non degnò la prigioniera di uno sguardo e, dopo aver posato il vassoio di cibo nel tavolo delle provette, prese un coltello svizzero dalla sua collezione esposta lì affianco. Le due guardie tremavano visibilmente e le lacrime rigavano ormai i loro occhi sofferenti. Con un colpo di bacchetta, vennero appesi a testa in giù sul muro affianco all'entrata, proprio di fronte alla sua cavia.
    << Ora... Acceleriamo il vostro destino. >>
    con una dolcezza isterica, la lama che stringeva si andò a posare il collo della prima guardia. Recise di netto la pelle all'altezza del pomo d'adamo e vide il sangue sgorgare fuori.
    Con un gesto lento, si avvicinò al secondo uomo e gli diede il tempo di provare tanta paura da bagnare i calzoni. Rise nel vedere come sprecavano quei pochi istanti di vita. Tagliò la seconda gola, nello stesso punto della prima e si abbandonò a un genuino sospiro di piacere. Era decisa a ripulire quei corpi dal sangue prima di portarli a Lestrange per segnalare l'inettitudine delle guardie.
    << Allora Campbell. Hai deciso di cosa vuoi parlarmi? Raccontami qualche verità. Hai tutta la mia attenzione. >>



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  12. Nobody Janson
     
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    * Nobody *
    citazione citazione citazione citazione




    Era come trovarsi stretta da pareti di sangue e di immagini che il suo colore vermiglio rendeva stranamente traslucide. Beffarde nella rapidità con cui si lasciavano riconoscere per poi sfuggire non appena tentasse di raggiungerle, di toccarle.
    Un giovane padre se ne andava lungo un viale alberato, le mani che tenevano le ceste delle due gemelline, i soli affetti preziosi che gli fossero rimasti. Una casa luminosa si riempiva delle grida divertite di due bambine, che ridendo cercavano il padre, nel loro turno di nascondino da cacciatrici.
    Minerva e Atena, così a volte le chiamava il padre...da quando avevano imparato i miti greci riguardanti quelle idee e gliene avevano parlato entusiaste.
    Erano le sue piccole Dee.
    Il sangue colò sul volto del padre, penetrando la pelle che Oswin ricordava ancora giovane, iniettando e trasformandone lo sguardo.
    Le pareti dei sotterranei di Zabini Manor erano gelide, ammuffite. Il freddo era penetrato in ogni suo centimetro sotto pelle e quando la porta di quella cantina divenuta prigione si era aperta, Oswin aveva creduto di trovarsi davanti alla madre di Blaise. La temeva, la temeva però non riusciva a stimarla del tutto. Così era, prima di capire quello che aveva fatto il figlio, mostrandosi la vipera che era.
    Aveva rimesso sul pavimento di quella cantina, quando Blaise l'aveva lasciata - facendo riaprire la porta - dopo che lei si era sottomessa, chiedendo pietà e perdono...prima di scoprire cosa avevano progettato sin dall'inizio riguardo lei e la sorella.
    Quando lo aveva capito...e affrontato, se ne era andata, vagando per settimane alla ricerca di contatti che la portassero a Hogsmeade, ormai senza bacchetta. Non aveva avuto troppi problemi nel sopravvivere, sfruttando quelle abilità e quelle conoscenze che aveva imparato per prepararsi agi attacchi che erano culminati nella Notte dei Cristalli. Purtroppo per lei aveva alle calcagna i segugi dei Zabini e con il senno di poi aveva capito di aver vissuto un'illusione, pensando di poter portare via dal maniero qualcosa di così importante...senza essere punita per questo.
    Altro sangue, denso, dall'odore ferroso, colò su quelle nuove immagini.
    Nuove immagini pronte a riversarsi addosso a lei, a sbranare la sua lucidità, ad attaccarla in quelle ondate di febbre. Sbatté debolmente le palpebre, mentre il dolore tornava a circolare alimentandosi, incendiandole la mano ferita e pulsando anche nel taglio sotto il collo. Lunghi brividi la scossero prima che potesse riuscire a mettere a fuoco le figure che pendevano a testa in giù lungo la parete di fronte al tavolo, cui era incatenata in una posizione ormai per lei terribile.
    Uno schizzo di sangue la raggiunse, quella rossa realtà di morte e dolore che macchiava il passato e la ingoiava di nuovo. Uno dopo l'altro, due persone - guardie che si erano divertite a predirle il futuro che la aspettava tra quelle sbarre - vennero uccise per il divertimento di quella donna di cui anche lei era diventata uno dei nuovi giocattolini.
    Deglutì, affrontando come poteva lo sguardo che si puntava di nuovo su di lei, ripetendo le sue domande...e minacce.
    Era sola. Poteva contare solo su se stessa. Ed era stanca, così stanca...troppo perché reggesse qualsiasi maschera, e anche avesse avuto la forza di mentire...farlo avrebbe solo ottenuto il risultato di far adirare ancora d più quella folle.
    Non poteva rivelare quello che aveva scoperto. Non tutto. Ma doveva provare a fingere. Era la sua ultima possibilità, sperando che su di lei non venisse usata presto la lettura della mente.
    << Zabini...e sua madre...stavano facendo delle ricerche sui Reietti...volevano...volevano rivelare alla Psicopolizia cose nuove... Hanno messo dei loro uomini a pedinare dipendenti e negozianti...Hanno scoperto tracce di due degli Auror traditori della Notte dei cristalli...>> Ansimò, sostenendo come poteva lo sguardo della bionda che si avvicinava a lei.
    Le sue speranze di poter avere tregua e poter riprendere fiato...erano tutte in quelle parole.


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    Edited by Gawain Robards - 13/10/2013, 23:00
     
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  13. ~Miss Jalyne
     
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    3Helena



    * Jalyne Halia McRuner. *
    Il lungo viaggio che ti attende,
    sarà un'esplosione veritiera di un bel rosso intenso.





    << Sta parlando!!!! Sta finalmente parlando! >>
    Havis battè le mani, alzando la voce di due ottave sopra la norma a causa dell'euforia. Grazie a quella giovane cavia persino Jalyne era riuscita a provare una minima eccitazione, nonostante fosse stata soffocata immediatamente dalla realtà. Non poteva più torturarla se parlava e il suo giocare si era improvvisamente trasformato in una noiosa attesa.
    Attesa che lei odiava con tutta se stessa. Fece un cenno con la mano a Havis che ancora canticchiava e saltellava per la cella, dimentico di essere in uno dei posti che meno gli piacevano. Lui amava i luoghi all'aria aperta come boschi e parchi. Quando Jalyne gli aveva chiesto come mai li preferisse, Havis aveva scosso le spalle, fingendosi non curante, e le aveva semplicemente spiegato che era tutta colpa di suo padre. Ogni volta che la ragazzina veniva punita, si ritrovavano dentro uno scantinato o in una soffitta, entrambi puzzolenti e privi di aria pulita da respirare. Da allora, lui si era ritrovato a desiderare i luoghi privi di mura, tanto meno quelli circondati dal mare.
    Perciò Azkaban era sempre un Taboo, a parte quando era affiancato dalla parola "tortura".
    Jalyne mosse la bacchetta e una sedia apparve affianco al tavolo dove era sdraiata la giovane.
    Per alcuni istanti, il silenzio calato nella stanza si interruppe solo ad intervalli regolari.
    Plick... Plick...
    Il dolce suono del sangue che si riversava a terra in piccole gocce, creando una pozza abbastanza ampia da far accapponare la pelle. Le due guardie - ormai mute - continuavano a restare appese a testa in giù, quasi fossero statue dalla pelle diafana. I loro occhi, spalancati dal terrore, erano privi di alcuna espressione.
    In fin dei conti, doveva ringraziarli. Se non fosse stato per la loro inettitudine sul lavoro, non li avrebbe potuti usare come minaccia sulla giovane che adesso fissava incessantemente negli occhi.
    Fece pochi passi, stando ben attenta a non insozzare i suoi anfibi nel sangue sporco che ormai occupava parte del pavimento. Si avvicinò ancora di più a lei e le strinse il viso tra le dita, come aveva già fatto quel giorno.
    << Credo che tu conosca i nostri amici, di là. Sono due delle guardie che ti dovevano seguire durante la tua prigionia. Sono gli stessi che oggi non hanno lavorato come si deve. Hanno preferito mangiare e bere. >>
    una pausa dopo quelle parole, venne seguita da una breve passeggiata nella cella. Jalyne si avvicinò al tavolo e prese un pezzo di carne a mani nude, addentandolo un istante dopo. Come facesse a mangiare in una situazione simile era tutto un mistero. Il terribile fetore di sangue unito all'odore di muffa avrebbero fatto venire i conati a qualsiasi persona umana. Riprese a parlare solo quando la carne che aveva in mano svanì, ingoiata con poco garbo.
    << Ora sai cosa accadrà a te se non mi dirà tutto ciò che sai. Non dovrai nascondermi nulla. Non dovrai mentirmi mai più, perchè dopo queste informazioni, sono sicura che il signor Lestrange vorrà venire a trovarti di persona. Lui è molto più bravo di me a leggere nella teste dei prigionieri. Se scopre che hai mentito o che non hai detto qualcosa... Beh! Mi divertirò io. >>
    Stava mentendo? Affatto! Quella ragazza sapeva qualcosa su due Auror, ricercati secondi a nessuno e più importanti della vita di molti.
    Si ripulì la mano sui vestiti, come se fosse la cosa più normale del mondo e si avvicinò di nuovo alla giovane.
    A una spanna dal suo viso, un ghigno sadico e pazzo si dipinse sul suo viso.
    << Con la differenza che mi divertirò per uccidere. Non ti risparmierò nessun dolore, nè mostrerò alcuna esitazione del tagliuzzare tutto il tuo corpo, pezzo per pezzo, tenendoti cosciente. >>
    scandì le parole, una ad una, con una lentezza degna di uno psicopatico durante il suo periodo di massima euforia. Si spostò di nuovo dalla sua cavia per andarsi a sedere sulla sedia, a gambe e braccia incrociate.
    << Allora... Sto aspettando. Parla di tutto quello che sai. Fino a quando parlerai e mi dirai qualcosa di utile, non ti verrà inferto altro dolore. >>



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  14. Nobody Janson
     
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    * Nobody *
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    Non sarebbe uscita viva da quelle prigioni, cominciava a rendersene conto. Quel che era peggio, non sarebbe mai finita...non nelle mani di quella pazza. Non sarebbe mai stata soddisfatta di quello che lei avrebbe rivelato - e ciò che poteva ancora rivelare era poco, davvero troppo poco per non lasciarla delusa e quindi in vena di punirla...e lo avrebbe fatto, non mentiva su nulla - e la sicurezza con cui le prometteva che anche i Lestrange avrebbero voluto interrogarla iniziò a terrorizzarla in un modo che le azzerò ogni reazione, nei primi secondi dopo la notizia.
    Il semplice sapere che era stato uno dei Lestrange a fermarsi e a scrutarla in quel silenzio assoluto e glaciale, probabilmente decidendo proprio in quei momenti di farla trasferire in quel braccio del carcere dal quale nessuno era più uscito, dava l'idea di come non fosse possibile capire cosa stesse pensando un uomo del genere.
    Oswin non riusciva a staccare gli occhi da quelli ormai sbarrati nel vuoto delle due guardie carcerarie e il discorso che la strega fece afferrandole il viso nella mano e costringendola a guardare meglio i loro cadaveri la raggelò da capo a piedi.
    << So appena i loro nomi o poco più, non...ho partecipato solo alle ricerche di chi seguiva le loro tracce. So solo che erano diventati una fissazione per gli Zabini. Voleva essere Blaise Zabini a portare ai Lestrange Robards e Thornton. >>
    Scosse la testa
    << Vi prego...non sto mentendo...>> mentre la donna si allontanava verso il tavolo parallelo a quello su cui era incatenata lei.
    Non aveva più energie per fare movimenti e cercare di liberarsi da quei bracciali, sempre più pesanti attorno ai suoi polsi. La superficie grezza del legno pungeva la pelle già cosparsa di ecchimosi doloranti. << Hanno iniziato a inseguirli due mesi fa, ma non volevano informare la Psicopolizia...volevano poter portare davanti a loro i due auror, erano sicuri che sarebbero riusciti a catturarli...>> Deglutì, la sua stessa saliva pungente nella gola a causa del panico che si alzava e sembrava annebbiarle la mente. << Battevamo due tracce, io e un altro degli uomini di Blaise. Ma i due sparivano sempre...nella zona dei Mercati generali, nella Londra babbana...>>



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    Edited by Nobody Janson - 14/10/2013, 21:14
     
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  15. ~Miss Jalyne
     
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    3Helena



    * Jalyne Halia McRuner. *
    Il lungo viaggio che ti attende,
    sarà un'esplosione veritiera di un bel rosso intenso.





    Bene, bene. Quindi quell'idiota di Zabini era fermamente convinto di potersi ingraziare i Lestrange seguendo piste insulse? Erano vicoli ciechi quelli a cui arrivava quella famiglia e tutti avevano un esecutore ad aspettarli. Ah! Lavorare in gran segreto senza avvisare la Psicopolizia. Anche se dovessero trovare tutti i Reietti, Lestrange ucciderebbe Blaise senza batter ciglio, solo perchè aveva tenuto nascoste delle informazioni importanti.
    Quella sciocca famiglia non aveva nè i mezzi nè il potere per riuscire a catturare gli indiziati numero 1 sulla lista dei traditori del loro stesso sangue.
    Sempre se quelle informazioni erano vere, ovviamente.
    Prima cosa da fare? Andare da Lestrange con un nuovo compito. Le informazioni dovevano essere verificate.
    con la coda dell'occhio vide Havis annuire appena, visibilmente compiaciuto da quelle nuove scoperte. Sembrava quasi che lui credesse alle parole della giovane. Certo, Zabini era capace di fare una cosa simile e se lei era davvero Oswin, allora aveva vissuto con la famiglia per tanto tempo.
    Le voci giravano e tutto il mondo magico - almeno i sobborghi chiacchieroni - erano a conoscenza della gemella Campbell che aveva scelto la via giusta da percorrere.
    Eppure....
    Oswin aveva rilevato la Testa di Porco e Jalyne era certa che stesse ancora lavorando. Era sicura che non si potesse sdoppiare e subire torture mentre serviva alcolici in una topaia.
    No... Molte cose non quadravano in quella storia e lei era decisa a venirne fuori, in un modo o nell'altro.
    Strinse la bacchetta nella mano e sospirò stancamente. Era stufa delle varie bugie che le persone raccontavano per salvarsi la pelle. Era annoiata dalle solite storielle balbettate da prigionieri destinati a morire.
    << Bene. Se dici il vero, potresti risparmiarti altro dolore inutile. Se invece mi hai mentito, mia cara, la prossima volta che ci rincontreremo - perchè ci vedremo molto presto - io farò in modo che tu non possa mentire mai più. >>
    udiva distintamente i passi pesanti delle guardie che attraversavano il corridoio di quell'ala. Era inconfondibile il rumore delle catene che raschiavano il terreno, producendo un fastidioso suono stridulo.
    Stavano arrivando con Teddy. I dieci minuti di tempo concesso dovevano essere passati e lei non si era nemmeno accorta di averne perso almeno cinque, intenta com'era a riflettere su quelle poche informazioni che le erano state date.
    Con un movimento di polso, la bacchetta brillò appena e le catene che tenevano la prigioniera legata al tavolo, si staccarono dal legno.
    Il corpo della donna si sollevò e andò a sbattersi con poca delicatezza contro il muro sudicio della cella.
    Le catene che tenevano ferme le caviglie, si legarono ai grandi anelli impiantati tra le pietre del pavimento.
    L'aveva immobilizzata nella posizione in cui l'aveva trovata non appena era arrivata quella mattina.
    I passi si facevano sempre più vicini, tanto che Jalyne potè udire i gemiti soffocati di suo fratello. Gli aveva detto di stare zitto, ma evidentemente l'ultimo incontro non era bastato a fargli comprendere come andavano le cose.
    Altro colpo di bacchetta e i due tavoli svanirono nel nulla, seguiti dalla sedia, non appena si alzò.
    La pozza di sangue fresco rimase lì dov'era, come anche i corpi esangui dei due uomini sgozzati.
    << Signorina Jalyne, dove dobbiamo metterlo? >>
    una voce tremante le accarezzò la schiena e si costrinse a voltarsi. Le nuove guardie addette ai due prigionieri tremavano da capo a piedi ed evitavano accuratamente di guardare qualsiasi cosa morta o semi morta che racchiudeva quell'abitacolo poco invitante.
    Jalyne sorrise e si avvicinò a loro, con un lungo balzo fanciullesco.
    La scena raccapricciante - così l'avrebbe definita una persona normale - che si dipinse davanti ai suoi occhi era musica per le sue orecchie e opere d'arte per la sua vista.
    Un uomo, dall'età ormai indefinibile, era chino su se stesso e non emetteva più alcun suono.
    La testa era priva di alcun capello e sulla fronte erano incise delle rune sconosciute - sembravano marciate a fuoco sulla pelle sporca. Due solchi più chiari attraversavano le sue guance, segno che aveva pianto e non se ne vergognava più da tempo.
    Le grandi labbra che un tempo qualcuno doveva aver amato erano crespe e secche, spaccate a causa della disidratazione, ed erano cucite tra loro con dello spago grossolano. Stava a petto nudo e qualcuno aveva provato così tanta pena per lui da avergli fatto indossare un paio di boxer. Forse era stata Jalyne stessa a concedergli quel lusso, ma non ne ricordava nè il motivo nè l'occasione.
    Il suo corpo era ricoperto di piaghe: alcune infette, rosse quanto brace ardente, mentre altre si stavano sanando e non provocavano alcun male.
    La cosa più inquietante nel complesso erano le braccia e le gambe del ragazzo. Esse penzolavano nel vuoto, come prive di alcuna vita. I polsi e le caviglie mostravano delle fratture nei punti in cui le ossa delle articolazioni si congiungevano, permettendo il movimento. Le ginocchia riportavano ancora i segni viola e un lieve gonfiore, tipico anch'esso delle ossa rotte. In infermeria dovevano essere riusciti a curare qualche giuntura.
    << Teddy. Ti presento la tua nuova compagna di cella. Lei è Clara Campbell. Salutala dai, non fare il maleducato! >>
    la donna prese la testa del giovane e l'alzò di scatto, rivolgendola verso l'altra prigioniera. Gli occhi azzurri, inespressivi, si allargarono consci di quello che stava per accadere. Non potendo parlare, non poteva salutare come si deve la poverina che era capitata tra le mani di Jalyne. Questo accresceva la rabbia di sua sorella che esplodeva sempre con nuovo dolore per lui.
    Infatti, la vide arricciare le labbra e poi guardare le guardie ancora vive. Con un cenno, le cacciò fuori dalla stanza e, con un colpo di bacchetta sollevò il corpo di suo fratello prima che si schiantasse rovinosamente a terra.
    Attese che quegli impiccioni si allontanassero prima di scagliarlo con forza affianco a Oswin.
    << Sei una vergogna, Teddy! Mamma e Papà non sarebbero affatto fieri di te, se ti vedessero adesso. Sei in presenza di una signora, perciò devi mostrare il rispetto che merita come traditrice del suo stesso sangue! Crucio! >>
    sembrava che la bacchetta fosse puntata contro Oswin invece no. L'incantesimo colpì Teddy, ma quello non sembrò provare dolore. Ad un'attenta analisi, le sue pupille dilatate e le vene rosse che ne coloravano il bulbo potevano far capire che il dolore c'era stato, solo che non poteva emettere alcun suono se voleva che tutto finisse in fretta.
    << Ooooh... Vedo che ricordi le regole fratello. Vi troverete bene insieme voi due. Siete entrambi dei bugiardi patologici e dovete essere curati. >>
    rise di gusto nel dire quelle parole, tanto quanto rise quando i due corpi delle guardie uscirono fuori dalla cella, levitando a mezz'aria.
    << Tornerò a trovarvi, voi fate amicizia nel frattempo. >>
    con quelle parole, uscì da quella stanza e si richiuse la porta alle spalle, facendo scattare la serratura.
    Dopo aver avvisato di aver finito l'interrogatorio, ricordò alle guardie che la Campbell doveva essere visitata e curata e che dovevano darle del cibo almeno una volta al giorno per rimetterla un po' in sesto.
    Soddisfatta, si portò dietro i corpi di quegli scansafatiche, diretta verso la sala riunioni del personale, dove doveva esserci anche Lestrange.
    Avevano alcune cose di cui parlare. Forse troppe o inutili ma era il caso che le sapesse.



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26 replies since 1/10/2013, 14:14   391 views
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